Sospeso Volontari Universiade: cosa c’è in un nome?

di Enrico Maria Borrelli
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Una riflessione sul ruolo del volontario, tra definizioni e rimborsi spese. L’editoriale di Enrico Maria Borrelli, presidente Amesci

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In tempi di crisi economica, si fanno largo, nella crescente confusione generale, le domande più insensate. Come quella, sempre più frequente, che riguarda il volontariato: quanto prende un volontario?

Verrebbe da sorridere per l’ovvietà della risposta, se non fosse che anche i media, piuttosto che arginare il non senso dilagante, finiscono per darle spazio nei titoli e nelle riflessioni dei loro articoli. Ascrivendo ai volontari il rango di sfruttati e mortificando 5,5 milioni di italiani. Il volontario, per definizione, non è pagato per ciò che fa. Non lo è il chierichetto in Chiesa la domenica, non lo sono i volontari che decidono di pulire le spiagge e i boschi nei fine settimana, neanche quelli che la sera girano le città per dare sostegno e cibo ai senza tetto. E neanche i raccattapalle di Wimbledon. Certo, il mondo del volontariato e, più in generale, del Terzo Settore è ricco di organizzazioni che stabilmente lo promuovono, lo organizzano, lo rendono possibile. In queste organizzazioni lavorano anche tante persone, fortuna di un’economia in controtendenza, che a differenza dei volontari sono regolarmente inquadrati come lavoratori.

Lavoro e volontariato li ritroviamo entrambi nella nostra Costituzione, ma rispondono ad articoli e a funzioni diverse nella società. La qualità della nostra vita dipende da un benessere complessivo, non solo economico. La preoccupazione di tutelare il diritto al lavoro, quale principale forma di dignità della persona e di integrazione nella sua comunità, non può e non deve assorbire tutti gli altri aspetti della vita sociale che determinano il benessere delle persone.

La Napoli 2019 Summer Universiade ha creato una grande opportunità di partecipazione in Regione Campania, come dimostrano le 12.000 candidature spontanee per diventare volontari di questo straordinario evento internazionale. Un’esperienza che hanno chiesto di fare migliaia di persone provenienti da 79 paesi stranieri, oltre che da tutta Italia. Passione per lo sport, voglia di confrontarsi, curiosità. Questi sono i fattori che hanno spinto i volontari a candidarsi. “E’ un’esperienza unica: stare dietro le quinte, guardare le gare da un metro di distanza. Sembra di entrare in gioco, è un’emozione impagabile”, raccontano Angela e Antonio, giovani volontari di #Napoli2019, riassumendo in poche parole le ragioni ed il senso del loro impegno. Per consentire ai volontari come Angela e Antonio di vivere al meglio questa esperienza, l’organizzazione dell'Universiade di Napoli, a differenza di altri eventi analoghi, ha previsto per loro abbonamenti gratuiti per la mobilità urbana ed extraurbana, buoni pasto giornalieri, corsi di formazione e training gratuiti per aiutarli ad acquisire consapevolezza e competenze. Si aggiungono a questi benefits anche un rimborso spese giornaliero di 25€, per ogni piccola esigenza, un rimborso di 15€ una tantum per le eventuali spese telefoniche e dati (internet), oltre ad un pacchetto di ben 4 corsi di formazione del valore di 1.500€. Un’attenzione ai volontari che raramente si è vista in altre occasioni. Un’attenzione evidentemente e tristemente fraintesa, al punto da ritenerli pagati 3€ l’ora lordi.

Al netto degli equivoci e del nonsenso dilagante.