Garantite ai giovani il diritto alla felicità

di Katia Tulipano

(di Katia Tulipano)

katia_tulipanoIl fatto che da quando ho iniziato ad interessarmi di politica, un po’ troppo presto per essere solo una ragazzina delle elementari, sono sempre stati al centro dei dibattiti politici, economici, culturali, sociali volti a garantirgli un “futuro”, vuol dire che i giovani, rebus sic stantibus, rimarranno sempre e solo una “questione”.

Proprio in queste ore si sta concludendo a Roma la European Youth Conference. Tra i temi centrali di cui si è discusso: l’Accesso ai diritti da parte dei giovani. Ancora oggi, dopo anni di Riforme, impegni, Raccomandazioni, Pareri, Leggi, i 250 partecipanti all’evento centrale delle politiche giovanili del Semestre europeo di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione hanno dovuto interrogarsi, avanzare proposte e trovare soluzioni per garantire a sé stessi e ai propri “simili” la possibilità di avere una casa e accedere al credito. E’ sconcertante e drammatico. Eppure siamo in uno Stato che erge la propria architettura valoriale su un documento che prevede espressamente tra i compiti della Repubblica quello di “rimuovere gli ostacoli […] che […] impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ah, è vero, i giovani non sono lavoratori: in Italia ormai i giovani di 15-24 anni disoccupati sul totale di quelli occupati sono il 44,2%. Allora ci pensa l’Europa, con un piano che deve risanare questa situazione di degrado ed arretratezza culturale in cui è inabissata da decenni l’Italia ed offrire “Una Garanzia per i giovani”. Il messaggio era chiaro. Gli obiettivi definiti. Il risultato “garantito”, ed anche in tempi stretti. Il problema è che doveva raggiungerlo l’Italia, ancor peggio, le Regioni Italiane. Quindi? Si è partiti tardi, con il piede sbagliato ed ancora non si riesce a recuperare il passo. Ed i giovani, ancora una volta, sono rimasti senza garanzie.

Non sono perché le cose vengano dall’alto. I giovani devono rimboccarsi le maniche, studiare, lavorare, impegnarsi per il proprio territorio, sorridere – col ghigno – davanti a chi li chiama ‘choosy’, ‘bamboccioni’ o sfigati, in poche parole devono andarsele a cercarsele le opportunità, non aspettare che gli vengano offerte. I giovani devono essere protagonisti del proprio presente per costruire, giorno dopo giorno, il proprio futuro. “A voi spetta la responsabilità di ciò che un giorno diventerà attualità insieme con voi, ed ora è ancora futuro” scriveva Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica ai giovani in occasione dell’anno internazionale della gioventù.
Certo è difficile. Nonostante la buona volontà la politica non aiuta.  Ma quella dei “grandi” è solo paura. Sanno che la passione, l’entusiasmo, a volte l’incoscienza e la digitalizzazione dei giovani è pericolosa per il mantenimento delle proprie “rendite”. Lo hanno dimostrato i ragazzi che stanno ridando un volto a Genova quanto potenziale e forza, di braccia e di spirito hanno i giovani. “Aiutiamoli ad aiutarci” è l’appello dal tono quasi rassicurante che ha lanciato Severgnini nei giorni scorsi dalle colonne del Corriere. Cominciate a non considerarci più “giovani” è l’invito che porgo io alla classe dirigente. Scoprirete che dietro a quel venticinquenne sbarbatello e un po’ timoroso ed alla sua “prima esperienza” – diventata quasi una maledizione -  c’è un brillante ingegnere che vuole dare il proprio innovativo contributo ad un progetto aziendale, rendendo soddisfatta e fiera la propria famiglia, contribuendo all’economia del Paese, maturando la possibilità di acquistare una casa, sposare il suo amore, avere un figlio ed essere felice. A voi “adulti” rimetto la stessa esortazione che Papa Giovanni Paolo II faceva ai giovani: “Non abbiate paura”.  Scommettete su di noi, garantiteci l’accesso al diritto alla felicità. E’ l’unico modo per ridarci la speranza.