Servizio Civile. “Il bando Mibact avvicina i giovani alla cultura non sottrae lavoro”

di Feliciana Farnese

Michele Vitiello, Consigliere Nazionale alla Cultura di Amesci contro la richiesta delle associazioni di categoria di ritiro del bando: “Non hanno letto con attenzione il bando o non conoscono a fondo il servizio civile.” (Feliciana Farnese)

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In occasione del Giubileo straordinario della Misericordia il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha bandito la selezione di 29 volontari del Servizio Civile Nazionale per il progetto “Archeologia in Cammino” da svolgersi a Roma. Immediata la reazione delle associazioni di categoria che hanno richiesto il ritiro del bando.

 

I 29 giovani, una volta selezionati, saranno messi al servizio dei siti archeologici e degli spazi museali di maggior richiamo del I e del X Municipio di Roma. Dal Colosseo alle Terme di Caracalla, da Ostia Antica al Foro Romano, da Palazzo Massimo a Villa Quintili. L’impegno richiesto per ogni ragazzo è della durata di un solo anno, non rinnovabile, e la retribuzione mensile è di 433 Euro al mese.

Ad agitare la polemica sono alcune organizzazioni dei tecnici della cultura e la pagina Facebook “mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”. Un j’accuse che ha come tesi principale la sensazione che si vogliano sostituire le professionalità dell’arte con i volontari.

La polemica arriva anche al cuore del servizio civile, come notano alcune delle più attive associazioni di settore, riducendo e fraintendendo un’esperienza che ha rappresentato occasione di crescita personale, educazione alla cittadinanza e formazione per oltre 360 mila giovani.

“Non hanno letto con attenzione il bando o non conoscono a fondo il servizio civile.” dichiara Michele Vitiello, Consigliere Nazionale alla Cultura di Amesci.

“Parlano di requisiti stringenti e professionali, ma gli unici richiesti sono l’età compresa tra i 18 ed i 28 anni, l’essere cittadini europei, o regolarmente soggiornanti, ed il non aver riportato particolari tipologie di condanne. Non sono professionisti del settore, ma risorse pronte a sostenere il lavoro degli esperti e se la selezione premierà i loro curriculum e le loro esperienze è perché si cerca di offrire a questi giovani, ancor più se proiettati verso un futuro in questo settore, anche un’occasione per acquisire nuove conoscenze e competenze utili” chiarisce Vitiello. “Capisco le ragioni della denuncia, il malessere di un settore che come Amesci seguiamo con attenzione e che riteniamo strategico per la crescita del paese, ma non trovo risponda al vero quanto affermato. Sono sicuro che né gli archeologi né gli storici dell’arte né gli altri professionisti del settore siano interessati a svolgere attività scarsamente qualificanti per loro, meno ancora se non contemplano un arricchimento formativo utile a chi come loro può già vantare esperienza e professionalità”.

Proprio ad inizio 2016, nel nostro Paese una persona su cinque non svolge alcuna attività culturale. I musei e le mostre sono disertate dal 68,3% degli italiani. I siti archeologici non sono frequentati dal 74,7% degli italiani, al Sud dall’81,4% (Istat). 

“L’operazione del Ministro Franceschini mira invece ad avvicinare i giovani alla cultura e all’arte, rendendoli protagonisti di un’accoglienza che il mondo si attende dall’Italia durante il Giubileo” prosegue Vitiello.

“Si tratta di investire sui ragazzi, che per un anno staranno a contatto con la bellezza, respireranno la nostra storia e sosterranno le professionalità con il loro supporto. Parteciperanno alla tutela del patrimonio della Nazione, così come previsto dalla legge istitutiva del Servizio Civile Nazionale e dal principio costituzionale dell’articolo 9. Si sentiranno con orgoglio parte integrante della comunità in cui vivono”. 

Vigilare, fare accoglienza, collaborare alla raccolta di informazioni, foto e documenti. Queste le mansioni alle quali saranno chiamati i ragazzi. “L’esperienza di servizio civile” conclude “non è un lavoro, è un’opportunità di formazione temporanea e di educazione. Se anche le nuove generazioni rinunceranno, per paura, alla sfida di educare chi sarà giovane dopo di loro non riusciremo a costruire quelle condizioni migliori che tutti vorremmo dal prossimo futuro”.