Se anche l'Università è senza 'na 'lira' e sciopera .... vuol dire che siamo alla frutta

di Angelo Di Pietro

Il corpo docente sciopera per i tagli imposti dalla Gelmini. La protesta silenziosa trascurata dai media. Gli eterni problemi della cultura e della ricerca italiana. Un problema serio, ma sottovalutato e ignorato dalle istituzioni. (Angelo Di Pietro)

gelmini-1

Estate 2010. Vergogna per l'Italia ai mondiali di calcio, piove in tutta Italia, fa freddo e le Università scioperano. Periodo pessimo, davvero. Soprattutto per gli studenti degli atenei nostrani che si sono ritrovati esami sospesi e sessioni in bilico per lo sciopero dei prof. Una protesta annunciata, in risposta ai tagli della manovra finanziaria e della riforma Gelmini, che prevede la sospensione delle attività dal 5 al 9 in tutte le università italiane. Se non ne sapevate nulla, il motivo è che giornali e tv scioperano a loro volta contro lo sciopero. Uno strano gioco del detto e non detto, per cui le principali testate hanno dedicato un trafiletto minimo al problema. Notizia che non tira, si obietta. Forse è bene mostrare solo ciò che funziona, dato il tempo di crisi, si giustifica. Fatto sta, che anche se non se ne parla, il problema persiste.

La ricerca non ha soldi, i prof rischiano il posto, le facoltà minori chiudono bottega. La protesta prende piede dopo un periodo di vociare sommesso e riunioni semiclandestine nei bar delle università. E’ mancato, però, un vero coordinamento tra le facoltà della penisola, così le varie manifestazioni hanno avuto tempi e modalità differenti. Mentre alcuni decidono per il basso profilo (la Federico II a Napoli non si espone), in Italia c’è chi osa e occupa, come ai bei tempi sessantottini: a Roma, oggi gli studenti della Sapienza hanno prima manifestato sulle scalinate della facoltà e poi occupato il rettorato, istituendo un’assemblea permanente all’interno dell’ateneo.

Un problema serio, ma sottovalutato/ignorato dalle istituzioni, e che ancora non ha visto intorno a sé un’azione di protesta coincisa e corale, mentre sporadiche e laconiche reazioni si diffondono a macchia di leopardo un po’ ovunque. L’Università del Sannio blocca esami e sedute di laurea fino a settembre, la SUN napoletana ferma qualunque attività e sospende le immatricolazioni, mentre all’Università di Salerno non si fanno più esami e nessuno si laurea dal 28 giugno scorso. Risposte ad una situazione di per sé insostenibile: corsi di laurea con oltre diecimila iscritti (e in 10mila si sta strettini); maxischermi su cui seguire la lezione; laboratori che non smettono di chiudere.

In Italia non si parla di tutto questo. Strano. Anche perché all’estero le notizie sono arrivate. Il magazine Nature pubblica online qualche giorno fa “Strikes could break Italy’s univerities” [se conoscete un po’ di inglese, potete leggerlo su www.nature.com/news/2010/100630/full/466016b.html. E qui ci starebbe un altro articolo sulla legge bavaglio, libertà di stampa, sudditanza dei mezzi. Ma prendiamo un problema alla volta.

L’Italia di oggi continua a togliere futuro ai suoi cittadini e risponde agli sprechi con i tagli. “Oh, guarda! Uno spreco”, e ZACK taglia! La soluzione ottimale, ovvero tentare di organizzare le risorse in maniera più efficiente, non è prevista, forse non è nemmeno applicabile a causa della crisi. E così, inevitabilmente, Lotta-agli-sprechi diventa una parola d’ordine inflazionata, e perde valore quando l’Università pubblica viene tagliata mentre le scuole private prendono finanziamenti, oppure quando lo Stato paga una multa milionaria perché Rete4 era abusiva, oppure quando Fabrizio Del Noce [direttore RaiFiction, ergo dipendente statale, ndr] percepisce 400mila euro di stipendio annui.

Un’ultima cosa: l’università italiana costa allo Stato l’1,3% del PIL, lo stipendio medio di un ricercatore è di circa 1200 euro mensili. Scrivetela voi la conclusione di questo articolo.