Nucleare in Italia: Legambiente simula l’evacuazione e si anima il dibattito sulle centrali

di Angelo Di Pietro

La protesta di Legambiente in Toscana, l’ultimo atto di un dibattito lungo trent’anni. Spaccato di storia del nucleare in Italia. Troppe considerazioni per una situazione troppo complessa trattata in un articolo troppo corto. Forse davvero il nucleare è il futuro. (Angelo Di Pietro)

nuclearefrancia

Se una mattina d’agosto vedete in spiaggia un tizio con una tuta antiradiazione e la maschera antigas, una cosa è certa: non s’abbronza! Quel tizio è un attivista di Legambiente. E gli attivisti di Legambiente della tintarella se ne fregano. Questa mattina sulla spiaggia di Capalbio, hanno scelto un modo piuttosto scenografico per manifestare contro il possibile ritorno del nucleare in Italia, sdraiandosi tra i bagnanti e simulando un’evacuazione, in completo total white.

Il blitz nasce con l’intento di rendere evidente come l’economia turistica della regione sarebbe messa in pericolo dall’apertura della vicina centrale di Montalto di Castro. E le ragioni ce le spiega Stefano Ciafani, esperto scientifico di Legambiente: “Una centrale a Montalto ipotecherebbe per i prossimi decenni il futuro sostenibile della maremma toscana e laziale e metterebbe in ginocchio l’economia turistica, agricola e quello della green economy locale cresciute in questa parte d’Italia”, e continua Ciafani preoccupandosi anche per la salute dell’uomo, dell’ambiente, della qualità della vita.

Stoppiamo un attimo. Aprile 2008, Silvio Berlusconi a “Otto e mezzo” dichiara: “L’energia nucleare è la forma più pulita e più sicura di produzione dell’energia, ed è il futuro” (stralcio di intervista su www.youtube.com/watch?v=l8iFXd0bzz4&feature=related). C’è qualcosa che non è chiaro. Perché Legambiente si danna l’anima contro la forma più pulita e sicura di energia? Cerchiamo info su internet (benedetto sia Google) e scoviamo un po’ di notizie.

1987. Con un referendum il popolo italiano dice no al nucleare. Le quattro centrali costruite in precedenza sulla penisola, non dovranno essere utilizzate. 2009. Berlusconi annuncia la costruzione del primo reattore entro il 2013 e firma con Sarkozy l’accordo Italia-Francia, rilanciando la questione nell’ottica di uno svincolo dai Paesi fornitori di gas, Libia, Russia e Algeria su tutti. Estate 2010. Ritorna il dibattito sulle centrali, con la nascita del “Forum Nucleare Italiano”, patrocinato tra gli altri da Confindustria e Enel, mentre gli attivisti di Legambiente mettono in atto una prima spettacolare protesta il 29 luglio, nel lido di Venezia.

L’obiettivo della manifestazione era la consegna di un messaggio al presidente di regione, Luca Zaia, che si era espresso favorevolmente al nucleare: “A livello nazionale ho sostenuto la decisione del governo che ritiene necessaria la realizzazione di centrali nucleari per coprire il fabbisogno energetico nazionale”, ma prosegue tirando fuori la regione da una possibile realizzazione futura: “Non esiste nessuna candidatura del Veneto per accogliere il nucleare nei nostri territori”.

Negli ultimi ventitré anni, quindi, abbiamo bandito il nucleare dalla nostra casa, ma abbiamo continuato ad occuparcene, costruendo centrali all’estero (tra le altre, il Superphenix 1, maxi-centrale di Creys Malville, è per un terzo dell’Enel) e comprando dall’estero l’energia così prodotta.

Ma se adesso volessero costruire, potrebbero farlo? Il problema principale sarebbe trovare dove smaltire le scorie. Se è vero che il nucleare ha il pregio di non emettere anidride carbonica (contro i 3 mln di tonnellate l’anno di una centrale a carbone pulito, secondo pewclimate.org), produce però scorie tossiche difficili da smaltire. Le scorie sono il prodotto della fissione dell’uranio, il cui decadimento (ovvero, la scissione degli atomi con la conseguente generazione di calore) può durare secoli.

Una prima soluzione è quella di creare un’apposita area di stoccaggio, in una zona non sismica, lontano dagli abitati e dalle falde acquifere. Una seconda soluzione è quella di abbandonare i rifiuti radioattivi nei campi o costruirci strade, scuole, abitati (come fanno i francesi, http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_nucleare_in_Francia).

Una terza soluzione è quella di pagare la ‘ndrangheta per affondare navi cariche di fusti radioattivi nei mari calabresi (http://it.wikipedia.org/wiki/Nave_dei_veleni_di_Cetraro).

Un secondo problema da risolvere sarebbero i luoghi dove costruire le centrali. Secondo Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica, per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia avremmo bisogno di almeno 15 centrali nucleari, quasi una per regione (intervista su Repubblica http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/ambiente/energie-pulite/rubbia-solare/rubbia-solare.html).

E poi ancora la sicurezza degli impianti, la scarsità dell’uranio, i costi di gestione, le mancanze di fonti rinnovabili. Troppe considerazioni per una situazione troppo complessa trattata in un articolo troppo corto. Forse davvero il nucleare è il futuro. Ma siamo sicuri che sia il miglior futuro possibile?