Il caso mediatico: Sarah Scazzi. Dominio della cronaca: un bene o un male?

di Anna Laudati

Il modo in cui i mass media hanno trattato il caso di Sarah Scazzi mette in luce ancora una volta come questo genere di notizie monopolizzi il sistema informativo. Cosa succederebbe se lo stesso interesse e fervore fosse riversato in altri canali. I canali “sociali”, quelli della legalità, della politica, dell’ambiente, dell’economia.. invece che sugli scandali e le atrocità commesse? (Chiara Matteazzi

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La drammatica morte di Sarah Scazzi, e la scoperta dell’identità del suo assassino, rappresentano una pagina buia della cronaca del nostro Paese. Ci riempiono di tristezza, aumentano -senza che ne siamo consapevoli- le nostre ansie e le nostre paure. Ma al contempo risollevano una questione altrettanto importante dal punto di vista sociale, ossia: è giusto dare tanto spazio a episodi di questo tipo?

Che la cronaca, da sempre, interessi le persone è indiscutibile. Così com’è indiscutibile che questo tipo di giornalismo sia ormai entrato a far parte della nostra quotidianità. È diventata quasi un’ossessione sapere quali atrocità sono state commesse il giorno prima, se poi queste si sono verificate nei pressi di casa nostra, non si riesce a pensare ad altro.

Qualcuno si chiederà, che c’è di male in questo? Apparentemente nulla, se non fosse che queste notizie sono veicolate dai mass media, che spesso le manipolano, le strumentalizzano e le impongono in maniera totalizzante all’ignaro spettatore/lettore.

Senza contare poi, che le persone direttamente coinvolte in questi episodi si vedono catapultate in mondo parallelo, fatto di telecamere, flash e interviste, e il risultato di questo purpurì mediatico non è sempre dei migliori. Basti pensare che la madre di Sarah ha saputo della morte di sua figlia in diretta televisa.

Il punto è che c’è una grande differenza tra l’informazione pura e semplice e la maniera maniacale e ossessiva di divulgarla. L’informazione oggi, spesso e volentieri, viene vivisezionata, fatta a brandelli, dissipata. Non esiste più l’interesse per la notizia così com’è. Esiste l’apprendimento di una notizia, le successive supposizioni, le prime ipotesi e le discussioni (in alcuni casi anche molto accese), il tutto tra persone totalmente estranee ai fatti.

Questo porta, a mio avviso, a due conseguenze: l’inconsapevole allontanamento dalla notizia e, ancora più grave, l’allontanamento dalla società, dai suoi problemi e dalle sue urgenze. Ci si allontana dalla notizia quando, una volta risolto il mistero, sono più quelli che dicono o pensano “Lo sapevo che era stato lui ad ucciderla!” rispetto a quelle persone che pensano alla tragedia di una vita spezzata a soli quindici anni.

E ci si allontana dalla società quando l’unica cosa che vogliamo sapere, leggere o ascoltare è come procedano le indagini e le ricerche, quando alziamo il volume per sapere “chi è stato” e lo abbassiamo quando si parla di federalismo, di sanità, di istruzione. Perché la politica (nel senso ampio del termine) sia così lontana dalle persone “comuni”. Le cause sicuramente sono molteplici, ma tra esse certamente la comunicazione rivesta un ruolo fondamentale. Cosa rende così “appassionante” un caso di cronaca -pensiamo alla strage di Erba, all’assassinio di Samuele a Novi Ligure, a quello di Meredith?

Sicuramente c’è una buona dose di curiosità, certo, ma credo che dietro a questo fenomeno ci sia anche il sentirsi “protagonisti” di qualcosa, a volte addirittura protagonisti attivi. Tutti infatti, sulla base di pochi e frammentati elementi, possono improvvisarsi investigatori, ricercatori, criminologi. E ci si impegna davvero per risolvere casi come questi.  

Quello che sarebbe interessante vedere, partendo da questo presupposto, è cosa potrebbe succedere se lo stesso interesse e fervore fosse riversato in altri canali. I canali “sociali”, quelli della legalità, della politica, dell’ambiente, dell’economia.. che ci toccano molto più da vicino di qualsiasi atrocità commessa.

Utopia? Forse. Ma sarebbe un’esperimento davvero molto interessante da porre in opera.

Basterebbe che le due “parti”, il singolo e i media, cambiassero rotta, almeno di un po’. Come singoli, ma soprattutto come cittadini, abbiamo il dovere di dare il giusto peso alle notizie che ci vengono fornite, a prescindere dallo spazio che i mezzi di comunicazione decidono di dare loro.

Dal punto di vista dei mass media, invece, sarebbe rivoluzionario veder utilizzati gli strumenti, le tecniche e gli spazi destinati alla cronaca (vincenti senza ombra di dubbio dato il grande seguito che riscuotono) per la trattazione di tematiche “altre”, facendo sentire gli informati dei “protagonisti” e non degli spettatori inermi.

Immaginate di andare al bar la mattina e sentir dire “Sono perplesso per questa legge che oggi si discute in Parlamento!”, al posto di “Hai sentito chi ha ammazzato quella ragazza o un bambino?”.

Non sarebbe, oltre che molto più rispettoso per i familiari della vittima, anche straordinariamente normale?