Università e aziende, Confindustria: “Mancano giovani formati, così si rischia l’emergenza”

di Redazione
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Secondo i vertici della Confederazione degli Industriali questa mancanza rappresenta il vero ostacolo che deve affrontare l’Italia

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"La vera emergenza di oggi è quella della formazione, soprattutto giovanile, che il Governo deve mettere al centro dell'agenda politica, altrimenti il rischio è che si trasformi in un'emergenza industriale". È netto il messaggio di Giovanni Brugnoli, vicepresidente per il Capitale umano di Confindustria parlando  ad Assolombarda a Milano, alla presentazione del Rapporto 2018 dell'Osservatorio Università-imprese della Fondazione Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane).

Al centro dell'evento i risultati dello studio che evidenziano l'importanza delle esperienze di collaborazione didattica tra Università e aziende a fronte del crescente "disallineamento" tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, aumentato dall'impatto dell'Industria 4.0 sui modelli produttivi.

"Da qui a tre anni un'azienda su tre non troverà il lavoratore che cerca - avvisa Brugnoli- già oggi in oltre il 30% dei casi tante imprese non trovano i laureati giusti, specie quelli in discipline scientifiche, le cosiddette 'Stem', e al contempo tanti laureati non trovano lavoro". Nel prossimo triennio "ci saranno oltre 300.000 posti di lavoro che rischiano di restare vacanti: questa è la vera emergenza sociale, non l'immigrazione".

Da qui la richiesta all'esecutivo: mettere come "priorità in agenda il tema dell'istruzione, delle competenze e dell'orientamento". E concretamente portare la percentuale di Pil dedicata alla formazione "dall'attuale 3,4% ad almeno il 4%, portando l'investimento da 70 a 80 miliardi di euro". Una necessità "urgente, perché' il percorso è lungo e l'emergenza delle nostre imprese è di oggi", e intanto, conclude Brugnoli, rischia di ampliarsi il 'gap' competitivo con concorrenti internazionali come "Germania, Cina, Stati Uniti, India, che dedicano all'istruzione tra il 4,5% e il 5% del Pil".

Per Pietro Guindani, vicepresidente di Assolombarda, "il capitale umano e il capitale della conoscenza sono gli unici due vantaggi competitivi" che possono aumentare la forza dell'Italia rispetto ai Paesi concorrenti. "Il partenariato didattico è quindi un investimento strategico per Università e imprese perché' attiva una circolarità di sapere che fa bene a tutti gli attori in gioco". Uno scambio, conclude Guindani, che trova esperienze consolidate in Lombardia, ma che "necessitano di essere continuamente alimentate".

A essere fondamentale è anche un grande piano per l'orientamento, nel quale le famiglie sono perno: far conoscere loro che tipologia di industria è presente nel territorio dove vivono e quali tipologie di professioni vengono richieste, evita investimenti poco efficaci nel percorso di studi dei figli, alzando invece il loro livello di futura occupabilità.

Un lavoro nel quale il sistema confindustriale lombardo è impegnato da tempo, ma manca un "progetto Paese", riprende Brugnoli, secondo il quale, "bisogna fare percepire alle famiglie che siamo la seconda manifattura d'Europa, esportiamo 550 miliardi di euro, di cui 450 vengono dalla manifattura, abbiamo aziende tecnologicamente avanzate in tutti i settori merceologici e dobbiamo essere orgogliosi non solo del 'Made in Italy' ma anche dell''Educated in Italy', perché' la formazione italiana ha standard elevati". Che vanno però incanalati verso il mercato del lavoro anche grazie a quel "mix strategico tra imprese e Università che dev'essere la chiave di successo dei giovani del futuro".

Le Università, sottolinea, Alberto De Toni, presidente di Fondazione Crui, "non sono solo enti di formazione ma partner delle imprese: lo sanno bene negli Stati Uniti, dove ai tavoli presidenziali ci sono anche i rettori degli Atenei".

Ruolo fondamentale è anche quello del media, che devono comunicare quello che è complesso in modo semplice: aiutare i giovani nell'orientamento è complesso. Spesso gli studenti conoscono l'impresa solo alla fine del loro percorso. Bisogna dare loro strumenti, concordano tutti i relatori, incluso Vincenzo Mannino (rappresentante del capo dipartimento per la formazione superiore del ministero dell'Istruzione), che cita, fra l'altro, i piani europei per la ricerca e l'innovazione, come Horizon 2020, che si intreccia ai piani di formazione dei giovani italiani, stanziando fondi per progetti ed esperienze formative.

(Fonte: Agenzia Dire / Fonte Foto: Confindustria)