Il libro. “Pensieri di carta”, musica sensuale nel frastuono del caos

di Anna Laudati

L’opera di Mario Savonardo si presenta come una provocazione in un mondo in cui la poesia ha perso la sua identità di mezzo votato alla denuncia civile e culturale. (Vinicio Marchetti)

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Oggi parleremo di un'opera che, sicuramente, non lascia il lettore indifferente: “Pensieri di carta” (Liberi editore, 2009) di Mario Savonardo. La profondità di questo libro si evince nel momento stesso in cui, sfogliandone l'inizio, s’incappa nelle prefazioni di Vittorio Ginzburg e Antonio Ingroia. Per il primo, i suoi versi ricordano una ragnatela invischiante da cui non è riuscito a sottrarsi. Un'opera incantevole che riporta, con tutto il suo valore, i rari e profondi pensieri dell'autore.

Il magistrato, invece, rimanendo fedele alla sua personalità indagatrice, votata alla ricerca del miglioramento sociale, si domanda quale poesia possa essere utile all'Italia di oggi. Esiste una lirica capace di aprire la mente di colui che la recita nel segreto della sua mente?

Una risposta non potremo averla ma una cosa è certa: se questo non è possibile, Mario Savonardo, con i suoi versi, mette il lettore a dura-durissima prova. Pensieri di carta è una costante e accesa accusa alla serenità di colui che ha l'ardire di stringerlo tra le mani. “Come si può guardare il mare e non vederlo? Come si può ascoltare la musica e non sentirla?”.

Sono solo alcuni dei filosofeggianti versi di cui è pregna l'opera di Savonardo. “Dimmi se sei stato tra coloro che hanno urlato al mondo di aver fatto il proprio dovere lasciando che di rosso sanguinasse la neve”. Sono solo alcune delle roboanti urla iniettate nella mente.

Mario Savonardo si mostra alla letteratura come uno scrittore-editore coraggioso, bramoso allo stremo di aria, per se stesso e per i suoi lettori. E il suo libro ha voluto strisciare nei pensieri altrui mostrandogli i propri. Come una musica sinuosa lascia scivolare le sue note nel fracasso di un tuono.