Biotecnologie e Università: un fallimento tutto italiano? FIBio pensaci tu!

di Caterina Ferrara
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Il Biotecnologo, questo sconosciuto. Dopo nove anni dalla nascita della prima Facoltà di Scienze Biotecnologiche nel nostro paese, la figura del Biotecnologo resta oscura ai più e professionalmente svantaggiata. A tutelare la categoria ci pensa la FIBio. (Caterina Ferrara

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Era il 2001 quando la prima Facoltà di Scienze Biotecnologiche in Italia veniva creata presso l’Ateneo Federico II di Napoli, per formare professionisti in diversi settori di applicazione: ricerca, servizi, impresa. Le premesse erano eccitanti, una nuova figura altamente specializzata, aggiornata e preparata in campo biomedico, si affacciava all’orizzonte e subito fu boom. Circa 600 gli iscritti. Troppi se si pensa che il Corso di Laurea in Biotecnologie preesistente che afferiva alla Facoltà di Medicina e Chirurgia vantava un esiguo numero di studenti selezionati per numero chiuso.

Le difficoltà furono numerose ma la volontà e il merito del corpo studentesco fu tanta. Oggi però, dopo nove anni di sacrificio, studio e passione, la figura del Biotecnologo resta oscura ai più ed enormemente svantaggiata in campo accademico come anche nel settore pubblico e privato. Regna la confusione in merito alle sue competenze, al suo percorso di studi, alla differenza rispetto al Biologo, una confusione che fa sì che il Biotecnologo venga sottovalutato o, addirittura, scambiato per un “costruttore di macchine mediche”, o per un ingegnere biomedico.

E’ dunque ora di fare chiarezza sulla qualifica ma anche di fare passi in avanti rispetto alla legislatura che la regola e di chiarire le sconcertanti contraddizioni che la legge impone. Prima fra tutte quella relativa alla possibilità di iscriversi all’Albo dei Biologi, data l‘inesistenza di un Albo dei Biotecnologi, ma senza che sia mai stata dichiarata l’equipollenza tra le due classi di Laurea. La seconda contraddizione consiste nell’impossibilità di accedere ai concorsi nelle ASL e nel SSN pur avendo conseguito una specializzazione post-laurea e nonostante questa offra la possibilità di iscrizione.

Qui poi bisogna porre attenzione su un particolare, ovvero l’immotivato rifiuto da parte della Scuola di Genetica Medica che, a differenza di altre scuole di specializzazione, non accetta più i laureati biotecnologi. Il perché è mistero, specialmente se si considera che ad una Facoltà come quella di Scienze Biotecnologiche lo studio della genetica costituisce una delle basi del corso di Laurea. Difatti i Biotecnologi studiano genetica, anzi - l’ingegneria genetica - (forse è proprio il termine che confonde), la terapia genica, le tecniche di laboratorio, i modelli animali di patologie umane, il diritto di brevetto e di invenzione, l’economia delle imprese biotech, gli aspetti etici legati alle innovazioni biotecnologiche quali la clonazione, l’utilizzo delle cellule staminali embrionali, la fecondazione assistita, solo per citarne alcuni.

Insomma abbiamo di fronte una figura pronta a svolgere in maniera professionale il suo lavoro nel campo della ricerca e dell’industria non solo medica, ma anche farmaceutica, veterinaria e agraria. Eppure le discriminazioni restano tante, troppe, come quella di non poter ancora prendere parte ai concorsi per i ruoli tecnici della Polizia Scientifica e di non avere diritto di espletare la professione di tecnico di laboratorio, che consentirebbe ai laureati triennali di accedere ai concorsi per tale professione. 

Ma non finisce qui, perché i giovani neolaureati e non, si vedono preclusa anche la strada dell’insegnamento, che al momento nega il diritto di impartire lezioni rispetto alle discipline con codice A059; A033; A012; A013; A058; A074.

A fronteggiare la situazione e a tutelare già in buona misura gli studenti e laureati di Biotecnologie è arrivata, da un po’ di tempo ormai, la FIBio (Federazione Italiana Biotecnologi), che con enormi sforzi ha già raggiunto alcuni importanti obbiettivi. Grazie alla Federazione, infatti, è stato reso possibile: l’inserimento della figura del biotecnologo tra quelle idonee per la professione dell’informatore scientifica del farmaco; l’inserimento della laurea in biotecnologie tra quelle che danno accesso alle scuole di specializzazione di area medica; l’equipollenza, ai fini dei pubblici concorsi, tra la laurea in biotecnologie agrarie e quella in scienze e tecnologie agrarie; l’inserimento delle lauree in biotecnologie tra i titoli idonei per la partecipazione ai concorsi nei RIS dei Carabinieri.

Gli studi in Biotecnologie hanno appassionato e continuano ad appassionare gli animi dei giovani, ma l’entusiasmo è già spento in molti, che ormai, visti gli impedimenti e gli inutili tentativi di affermazione, si sono arresi ad altri percorsi lavorativi. Cosa c’è di più triste? Questo, dunque, vuole essere un appello alle istituzioni affinché accelerino il percorso che conduce al superamento di tali ostacoli, ma al contempo vuole essere una mano tesa agli studenti che si avviano alla scelta del Corso di Laurea, perché la loro possa una decisione più cosciente e consapevole.

(foto: studentiuniversitari.com)