Mario Monicelli, l'ultimo eroe 'giovane' della commedia all'italiana. Che fortuna averlo conosciuto...

di Veronica Centamore

"Maestro scusi... ma perchè oggi il cinema italiano è in crisi, come mai questi "Giovani" autori non riescono ad emergere, qual'è secondo lei il vero problema?" lui al "Giovane" regista che lo sta intevistando:"Beh! Se invece di andare a riesumare i vecchi come me... passaste il tempo a scrivere... magari prima o poi qualcosa di interessante verrebbe pure fuori". Veronica: "Ho avuto la fortuna di incontrarlo e lo racconto cosi...". (Veronica Centamore)

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Correva l'anno 2007, il luogo era Cinecittà ed esattamente... la location del film Gangs of New York, noi, eravamo una troupe che tentava di girare un film sulla crisi del cinema italiano e lui...  era quello che tutti chiamavano Maestro, lungo i viali di Cinecittà, circondandolo d'affetto e d'ammirazione. Cappello in testa, occhiali e sciarpa bianca che svolazzava al vento. Gentile, sorridente e ironico, così ci è apparso quel giorno. Anche quando gli regalai una foto fatta da me alla Mostra del Cinema di Venezia che lo ritraeva sulla passerella in compagnia di una donna. Lui: "E chi è questa signora?" Io: "Beh! Maestro non saprei... allora non gliela do, vorrei evitare discussioni in famiglia" lui: "Cara, ma ti pare che io, all'età mia... a 92 anni... possa avere di questi problemi!! Beh.. beh.. in effetti...".

Ecco, questo è il ricordo di un uomo che, al di là di tutti gli elogi e di tutti i meritati apprezzamenti, vogliamo conservare. Un ironico ma di quell'ironia attenta, sottile e tristemente reale. E proprio per questo, forse, per la consapevolezza della sua sovraggiunta condizione, che la sua forte dignità non ha reso. Non poteva lasciarsi morire lentamente, non sarebbe stato per lui e quel cancro alla prostata non gli avrebbe lasciato molto scampo. "Era stanco di vivere" ha dichiarato un sanitario del reparto dell'ospedale San Giovanni di Roma, dalla cui finestra si è gettato ma a noi piace più pensare che... "era stanco di vedersi mancare" piuttosto che di vivere. Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica: "Mario Monicelli se ne è andato con un'ultima manifestazione forte della sua personalità, un estremo scatto di volontà che bisogna rispettare".

Stessa sorte toccò al padre, scrittore e giornalista morto suicida nel 1946 ma da lui, Mario non ha ereditato soltanto la triste fine (come molti quotidiani hanno sbrigativamente fatto) ma anche la critica drammatica, la passione per le commedie di solida struttura, attente ai problemi sociali del momento e magari anche gli occhi cinici, ironici, mai compiacenti, sempre liberi da retorica e pregiudizi. Spirito amaro e rivoluzionario, arguto e cinico lo definivano, forse anche per la presa di coscienza della reale situazione politica italiana, infatti, da vero combattente aveva preso parte al Viola Day e al primo B day, aveva incitato i giovani, la classe operaia, a tener duro: "Dobbiamo costruire una Repubblica in cui ci sia giustizia, uguaglianza, e diritto al lavoro, che sono cose diverse dalla libertà".

Aveva partecipato anche alla protesta dell'anno precedente per i tagli al Fus. Un propulsore della cultura a 360 gradi, insomma un lottatore per la sua non resa. Abitava in un piccolo loft, un bilocale dai colori sgargianti che poteva essere quello di uno studente fuori sede. Ateo convinto, e proprio per rispettare la sua laicità non sono stati eseguiti funerali religiosi. La cerimonia informale, durante la quale è stato suonato l'inno 'Bella Ciao', si è svolta nel quartiere monti di Roma, che il Maestro tanto amava e dove abitava da circa vent'anni.

Autore di oltre 60 opere entrate a pieno titolo nella storia del cinema mondiale. Con i suoi 95 anni ha davvero attraversato tutta la storia del Cinema. Padre della commedia all'italiana insieme a Risi, Comencini, Steno. Da "ragazzi della via Paal" (1934) a "Le rose del deserto" (2006) e in mezzo celebri successi come Guardie e ladri (commedia di costume), I soliti ignoti, La Grande guerra, L'armata Brancaleone e Brancaleone alle Crociate, (dittico burlesco), La ragazza con la pistola (che reinventa Monica Vitti regalandole una chiave comica), Amici miei (dove la scena del treno in partenza e degli schiaffi di chi resta in banchina ai passeggeri affacciati dal finestrino, diventa un cult del cinema, Un borghese piccolo piccolo (tragedia di una violenza piccolo-borghese), Speriamo che sia femmina, Parenti serpenti, ecc.. tanti i più Grandi che hanno lavorato con lui (Da Sordi a Gassman a Totò, ecc..)

"Mario Monicelli è cattivissimo. Per fortuna, una gemma rara in questa epoca di insopportabile buonismo. Ma non è mai pessimista, non si arrende mai. Anzi. Ogni volta che c'è un'idea bizzarra e difficile ma che sarebbe bene tentare di realizzare io per prima cosa vado a proporla a Mario Monicelli. Perché sono certa che non si tirerà indietro, che sarà disposto a provarci, a mettersi a rischio. Perché Mario è giovane. (Luciana Castellina). "Perché, e l'ho capito frequentandolo e conoscendolo meglio, dopo quelle sue burbere e taglienti affermazioni di principio, non mai volgari comunque né volutamente ciniche basta uno scherzo che gli vada a genio (e non è facile...) e gli viene fuori un sorriso di una ingenuità infantile disarmata e disarmante; e io penso che proprio questo tipo di sorriso riveli, come i suoi film migliori, la sua natura più vera, quella di un uomo e di un artista onestissimo, nemico della retorica fino a difendersi dai sentimenti chiudendosi come un istrice per terrore del sentimentalismo spietatamente ostile ai compiacimenti dei rapporti sessuali per terrore dell'erotismo; e insomma dotato di qualità umane cui non intende mai rinunciare e alle quali subordina tutte le sue scelte d'autore (Prefazione di Tullio Pinelli da L'arte della commedia, a cura di Lorenzo Codelli).

Queste ultime sono "parole non sospette" scritte cioè prima della sua morte quando tutti diventano buoni e vengono come riabilitati ma non lui, non è il caso suo, lui era così... un "anti-borghese piccolo piccolo" che si preoccupava soltanto di fotografare le verità che gli si presentavano davanti, epoca per epoca, senza il timore revenziale di chi deve piacere ad ogni costo. Un cuore rivelatore insomma e nulla più.