Genova Gay Pride 2009: laicità, uguaglianza e diritti per il futuro

di Anna Laudati
Un evento attraverso il quale far sentire la propria voce e far capire che la diversità è una ricchezza appartenente al patrimonio mondiale dell’umanità (di Gianfranco Mingione)

pride20genova.jpgLa Genova di De Andrè, dei marinai, dei suoi stretti e antichi vicoli ha accolto il 27 giugno scorso  l’edizione 2009 del Gay Pride tra colori ed espressioni pacifiche legate alla storia dei diritti e dell’inclusione sociale del movimento LGBT (lesbico, gay, bisessuale, transgender). Una forma d’incontro che ha compiuto quest’anno i suoi quarant’anni ed è riuscita  a portare in strade migliaia di persone che si sono unite in un coro di voci festose che non smettono di riflettere e dimenticare. Con Fabio Saccà, 27 anni, giovane professionista e responsabile nazionale, dal 2005, della Rete Giovani di Arcigay, ripercorriamo le tappe salienti del Pride, l’importanza dell’informazione e i traguardi sociali da raggiungere nel prossimo futuro:  “Dobbiamo costringere l'Italia ad essere il paese che sogniamo”. (foto travelgay.it)

Come le arti e le scienze attraverso la comunicazione e i suoi vari strumenti possono cambiare in positivo l'opinione pubblica sul tema dell'omossesualità? Le arti e le scienze si sono da sempre occupati di omosessualità (pensiamo all'erotismo dei modelli di Caravaggio, alle poesie d'amore di Shakespeare o all'iconografia androgina di Giovanna d'Arco...); e già dal 1990 per l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'omosessualità non rappresenta più una malattia. Una evoluzione semmai deve essere fatta dai mezzi di informazione. Non basta mettere una lesbica o una trans in un reality per raccontare chi siamo. Di gay si sente parlare solo quando ne ammazzano uno, o quando un cardinale o un politico ne parlano male. Naturalmente senza un contradditorio o un rappresentante delle associazioni che sia chiamato ad intervenire. Ci avete mai fatto caso?Qual è la vera importanza, il reale significato di un evento come il Pride? Il Pride nasce quarant'anni fa, nella notte del 28 Giugno 1969 a New York quando un gruppo di travestiti e di lesbiche si rifiutarono di farsi trascinare senza motivo in prigione dai poliziotti, di farsi insultare e picchiare solo per il fatto di essere "uno scherzo della natura". Quella notte volarono scarpe col tacco, bottiglie, monetine, e i poliziotti dovettero barricarsi dentro un bar per non farsi linciare dalla folla. Quella notte fu l'inizio della rivincita, l'inizio del movimento LGBT (lesbico, gay, bisessuale, transgender). Il Pride ricorda quella notte, ricorda il nostro desiderio di non avere più paura e di mostrarsi al mondo per quello che siamo, persone come tutte le altre. Il Pride è un momento di rivendicazione perché la città che lo ospita ne esce trasformata radicalmente nella cultura (penso agli importanti casi di Padova, Bari e Genova quest'anno). Ed è anche una grande festa, colorata, allegra e baraccona. Come direbbe una mia cara amica, il Pride è come una grande festa degli alpini, ma con meno piume...Quali sono i traguardi da raggiungere in tema di pari opportunità e inclusione sociale degli omosessuali nel nostro Paese? (E quanto e come i giovani omosessuali possono fare per migliorare le cose?) Credo che l'inclusione possa partire dal basso. Io vorrei che molti giovani eterosessuali  si chiedano fino a che punto provano rispetto per i propri amici e le proprie amiche (che potrebbero essere omosessuali); vorrei che tutti i giovani di ogni orientamento sessuale rifiutino -tanto per cominciare- il linguaggio offensivo verso i gay tanto quanto lo si fa con chi offende i migranti o le donne o gli ebrei o altre religioni. Questo sarebbe già una rivoluzione, per il presente e per il futuro. Da un punto di vista istituzionale invece ci sono numerosi riconoscimenti che mancano in Italia ai cittadini LGBT. Abbiamo una legge contro la discriminazione sul lavoro, ma non viene applicata; manca una normativa sui reati d'odio e le violenze commesse contro le persone LGBT; non c'è un riconoscimento dei doveri e dei diritti per le coppie dello stesso sesso; non c'è tutela per i tantissimi figli e figlie che oggi crescono circondati dall'amore delle famiglie omogenitoriali; serve il diritto per i/le trans a vedere riconosciuta la propria identità di genere senza doversi sottoporre alla tortura della chirurgia. Non basta sognare l'Olanda e la Spagna (che comunque hanno anche altri problemi). E non basta dire che c'è chi sta peggio come i nostri coetanei gay in Iran (impiccati e lapidati a centinaia). Dobbiamo costringere l'Italia ad essere il paese che sogniamo.