Un occhio all'Educazione. Il nuovo rapporto dell'OECD

di Anna Laudati
L’Italia nuovamente additata dall’OECD. Poca attrattiva e qualità in calo degli insegnamenti offerti (di Ivana Vacca) 

higher_education_fs83a_21.jpgCirca 3 milioni i giovani che nel mondo decidono di andare a studiare lontano dai loro paesi di origine, ma quanti di loro sono attratti dal bel paese? Culla di antiche civiltà, meta principale del grand tour per tutti gli studiosi del XIX secolo, centro attivissimo di studi universitari, terra d’arte e musica, l’Italia oggi viene scelta solo dall’1,9% degli studenti stranieri. Questi i dati del rapporto “Education at a Glance 2009”, realizzato dall’Organisation for Economic Co-operation and Development, che colloca gli USA al primo posto, scelti dal 19,7% degli studenti, seguono Regno Unito (11,6%), Germania (8,6%), Francia (8,2%), Australia (7%), Canada (4,4%), Giappone (4,2%), Spagna e Russia con il 2%.

Dopo l’Italia solo Sud Africa con l'1,8% e Austria, Cina, Svezia, Belgio e Svizzera, tutte con l'1,4%. Il primato nazionale riguarda invece un altro dato, il 55% degli iscritti alle università italiane abbandonano gli studi, nonostante vi sia stato, con la riforma 3+2, un aumento di iscrizioni dal 20% al 35%. Circa il 20% degli individui tra i 25 e 1 34 anni ha una laurea, un considerevole aumento rispetto al 10% della generazione dei loro genitori, ma pur sempre una bassa percentuale rispetto agli altri Paesi aderenti all’OECD. Quale la causa della poca appetibilità dei corsi made in Italy? Tra le principali cause la limitata diffusione dei corsi in lingua inglese, che dequalifica all’estero anche il titolo acquisito dai nostri studenti. L’Italia infatti insieme a Messico, Cile, Brasile, Grecia, Spagna e Belgio offre pochi corsi di laurea in lingua inglese, rendendo più difficoltoso l'inserimento dei suoi studenti nel mercato del lavoro, ormai pienamente globalizzato. In compenso le tasse delle istruzioni universitarie italiane restano stabili, mentre Stati Uniti e Inghilterra tendono ad aumentarle per i corsi agli stranieri. Nella vecchia Europa è l’Inghilterra che conta gli atenei migliori e garantisce migliori probabilità di trovare lavoro all’uscita, con una disoccupazione post-laurea solo del 6,4%. Ma Francia e Germania offrono un miglior rapporto qualità-prezzo.

 L’Italia non risulta appetibile nemmeno per il cosiddetto “diritto allo studio”. Abbiamo infatti la percentuale più bassa di studenti con borse di studio (il 20%) e la percentuale più bassa di residenze universitarie (solo il 2% sul totale degli studenti). L’indagine OCSE registra un costante aumento di educazione terziaria considerando proficui gli investimenti sull’educazione, soprattutto in un periodo di crisi economica in cui migliori competenze possono servire ad affrontare meglio il mercato del lavoro, ma in Italia la spesa è per lo più a carico del singolo e delle famiglie e i finanziamenti statali troppo bassi.  “Fare di più con meno” è lo slogan della conferenza Institutional Management in Higher Education (IMHE) annunciata per il 13-15 settembre 2010 presso la prestigiosa cornice del Centro Congressi dell'OCSE a Parigi. Si tratta di un evento internazionale in cui responsabili politici, leader istituzionali ed esperti del mondo accademico cercheranno di individuare nel campo dell'istruzione superiore ed universitaria le modalità migliori per ottenere risultati di alta qualità in un momento di aumento della domanda e di risorse limitate. La conferenza 2010 infatti sarà incentrata sull'impatto della crisi - finanziaria, economica e sociale - e su come i governi, le istituzioni e gli individui possono aprire la strada al recupero sostenibile.