Il volontariato extra lusso

di Anna Laudati

Chi  ha detto che andare a fare volontariato nel sociale significa adattarsi a sistemazioni scomode, rinunciare a molti dei comfort a cui siamo abituati e soprattutto dire addio alle vacanze? (di Andrea Sottero)

foto_lusso.volontariato.jpgLa nuova frontiera del lusso è essere alternativi anche in questo. E se alternativi significa aiutare il prossimo concretamente, al di là dei classici versamenti in denaro, ben venga il fenomeno, anche se l’impressione è che si tratti di una moda passeggera, sfruttata a dovere dagli operatori di mercato. Non a caso, diverse grandi catene alberghiere di lusso hanno subito colto l’occasione per unire l’utile al dilettevole: la loro proposta è un pacchetto di minivacanze in cui gli ospiti alternano le coccole del personale alberghiero, i lauti banchetti dei ristoranti e il relax delle spa a vere e proprie sessioni di volontariato in collaborazione con le associazioni locali.

Serviti e riveriti a colazione e con cuffia e mestolo alla mensa dei poveri per pranzo, insomma. In realtà, i programmi disponibili sono di vario tipo, così come pure la durata dell’esperienza anche se –forse proprio perché rivolti ad una clientela “lusso”, piena di impegni e mal disposta a lunghi periodi di riposo (dal lavoro, si intende!) durante l’anno- si tende a privilegiare i soggiorni di durata inferiore alle 4 notti con la possibilità di dedicare al volontariato un giorno intero o anche solo mezza giornata. Una sorta di escursione dunque, sul modello di quelle organizzate a fini turistici dai Resort di mezzo mondo. Coloro che apprezzano l’iniziativa ne elogiano il valore etico e sociale e sottolineano come in qualche modo questi progetti avvicinano i turisti alla realtà locale più vera e aiutano a mantenere intatta l’identità caratteristica di ciascuna regione. C’è chi invece lo trova un modo semplice e comodo da parte dei più ricchi per espiare i sensi di colpa che derivano dai loro sperperi o ancora una provocazione. Forse non è nient’altro, invece, che un’esperienza diversa, la possibilità di sperimentare qualcosa di nuovo nel continuo tentativo di sfuggire alla noia che sembra contraddistinguere sempre di più le persone agiate nel mondo occidentale.

Di certo c’è che questo tipo di proposte “turistiche” hanno un grande successo, almeno a sentire i rappresentati della catena Ritz-Carlton, tra i primi a organizzare vacanze di questo tipo per il mondo attraverso il progetto “Give Back Gateways”: da Aprile 2008, infatti, più di 2000 persone hanno scelto di aderire alle loro vacanze alternative. Tutto sommato, al di là delle critiche al sistema più o meno scontate, l’importante è che a livello locale le sessioni di volontariato siano gestite in modo efficiente e ottimale dalle associazioni no profit coinvolte. A quel punto, che si tratti di un vero interesse verso il sociale o di un semplice capriccio da viziati ha davvero poca importanza. Il beneficio risulta comunque più significativo della motivazione di fondo. Che la moda continui! In fondo se lo augurano anche gli hotel, che possono fare affari anche in periodi dell’anno in cui per esperienza c’è un calo della domanda e che riescono ad applicare  un sovrapprezzo di almeno 40$ rispetto al costo del normale soggiorno presso le loro strutture ad ogni cliente che sceglie questi speciali pacchetti turistici.  Per coprire i costi organizzativi e di trasporto, sostengono, ma  forse anche per racimolare qualche dollaro di utile in più.