Una donna giovane si racconta. L’Italia di Cristiana e l’Italia della pubblicità

di Gianfranco Mingione

La mattina prendi il treno, fiducioso di non subire l’ennesimo ritardo, hai tra le mani l’ennesima copia di un quotidiano, che, tanto per cambiare sembra la voce di una grande agenzia immobiliare. Sfogli le prime 7, 10 pagine e quando pensi di richiudere ecco che l’occhio si riattiva, la pupilla prende vita e colore nel leggere la lettera aperta di Cristiana Alicata, giovane e tenace professionista di un paese sull’orlo di una crisi di nervi (oltre che d’identità). (Gianfranco Mingione)

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Cristiana è giovane, ha 34 anni, per le statistiche del momento una giovane ai confini della sua categoria, ingegnere del metalmeccanico, appassionata di politica e sentimentalmente legata ad una donna. Ingredienti perfetti per condurre una vita sana, bella per molti anche se non per tutti. Cristiana scrive ad un’altra donna, importante, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, una delle poche nel nostro paese a raggiungere un tale livello di responsabilità. Tra donne ci si capisce. O almeno Cristiana lo spera e scrive di sé, di quanto sia distante il paese reale dal paese rappresentato dalla politica e dai luoghi di lavoro dove si vivono tra le piu’ grandi discriminazioni e difficoltà di ogni sorta. Cristiana ha visto colleghe piangere in bagno alla notizia di aspettare un figlio: è già, come fai a mantenere un figlio in un paese che sembra eternamente in attesa, in attesa di quella svolta che mai arriva, tanto promessa e che vede tante donne, non per scelta, restare all’angoloperché il paese in cui vivono è in ritardo nel riconoscere i vantaggi che la loro valorizzazione comporterebbe.

La modernità, come dice giustamente Cristiana, non si costruisce sulle disparità ma sulle pari opportunità e l'inclusione di ogni individuo per le sue qualità umane, capacità e competenze professionali. E allora bisogna comprendere perché e come invertire una tendenza negativa che vede spesso le donne costrette a sentirsi da meno degli uomini, a vedersi non riconoscere il proprio valore umano, professionale ed economico.

Cristiana dice ad Emma che il vero assente è la politica. Rilancia, Cristiana un’idea di flessibilità che possa coniugarsi con la sicurezza che solo lo stato sociale può offrire e sfida la Confindustria e i sindacati a rendersi protagonisti della reale modernizzazione del lavoro da attuare con proposte unitarie alla politica volte a promuovere un’idea del lavoro che non si sleghi dalla sicurezza sociale che questa flessibilità non può e non sa garantire. Cristiana parla di un paese reale, un paese da cambiare e vivere fino in fondo per poterlo condurre in luoghi migliori.

Una bella lettera, concreta piena di speranza. Nel frattempo il treno giunge nella stazione di Roma termini, una delle piu’ grandi d’Europa e cosa vedi? Un’altra Italia. Quella irreale, che vive nella fantasia di pochi pubblicitari, stereotipata e allusiva, a senso unico malato. Creativi che sembrano dei cretini che si rincorrono alla ricerca della solita immagine e tanto per cambiare ti ritrovi, ma guarda un po’, una giovane donna che sta comodamente sdraiata tra ortaggi di varia natura, tra i quali spicca per vivacità di colore e allusività stranamente, dico stranamente sessuale, una zucchina di forma fallica. Questo è solo uno dei tanti esempi che remano contro. Da una parte l'Italia di una giovane donna che lotta per cambiare, piena di passione e voglia di partecipare, di vivere. Dall’altra parte l'Italia rappresentata dalla pubblicità, spesso ingannatrice che falsifica il mondo circostante contribuendo a veicolare messaggi sbagliati e a sfornare generazioni di giovani donne e giovani uomini come vuoti a perdere da riconsegnare. Il risveglio dopo la lettura del giornale è alquanto traumatico perché ti accorgi di essere rientrato nell'Italia irreale.

Leggi la lettera di Cristiana, pubblicata sul quotidiano l'Unità il 29 settembre 2010:  http://wordwrite.wordpress.com .{jcomments on}