Napoli. Vox populi studentesca: in 5mila contro la Gelmini…e c’eravamo anche noi!

di Anna Laudati

A metà tra una festa e una protesta, quella degli studenti ieri a Corso Umberto. ServizioCivileMagazine ha raccolto opinioni tra i giovani., sufficienti a comprendere lo sconforto che li pervade: un misto di rassegnazione e rabbia, sfiducia e malincuore. "Mi unisco al gruppo!". (Angelo Di Pietro)

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Le proteste universitarie sono un potente motore sociale. Qualcuno non sarà d’accordo, ma il ’68 insegna. Ma quanto sono profondi questi nuovi movimenti? C’è davvero qualcosa che non va o, come dice il ministro Gelmini, è la sinistra che indottrina le giovani menti? “Se non vedo non credo”. E con la stessa diffidenza evangelica che siamo andati a vedere come stanno le cose nel mondo dell’università, tra gli studenti che continuano a lamentarsi nell’ennesima protesta di piazza. Per dissipare ogni dubbio, quindi, di buon mattino siamo arrivati a piazza Garibaldi, Napoli, punto di raccolta dei 5mila studenti che l’8 ottobre hanno dato via al corteo napoletano contro la riforma. Subito siamo stati accolti da un possente “Bondi, Alfano, Gelmini. Basta burattini!”. Perché, in fin dei conti, si è protestato, ma con stile. Inni, canti, sfilate di studenti caciaroni accanto una schiera di docenti.

Il corteo parte intorno le dieci. Ci facciamo strada tra la folla, alla ricerca di qualche volto amico e peschiamo Roberto, 23 anni, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche alla Federico II. Ha fatto parte dell’Onda l’anno scorso, diverse manifestazioni nel curriculum e qualche anno di impegno politico, un veterano della protesta, insomma. Si lamenta della mancanza di fondi, della svogliataggine con cui i problemi vengono affrontati: “Chiudono i laboratori di farmacia. Come puoi fare farmacia se chiudono i laboratori?”. Ci parla anche della sua esperienza nell’Onda e delle presunte “infiltrazioni politiche” che hanno deviato il movimento dagli intenti originari, “per questo si è concluso con un nulla di fatto”.

Salutiamo Roberto e ci allontaniamo. Dieci passi più avanti ci imbattiamo in un furgoncino bianco che spara musica e cori ad alto volume, “Io l’8 lotto”, “Cogito ergo protesto”. Imprecando per i timpani perforati, ci imbattiamo in Alfonso, 20 anni, ingegnere dell’Università degli Studi del Sannio. Gli chiediamo perché da Benevento si è fatto settanta kilometri per passeggiare a corso Umberto. “Solo il 20% dei nostri docenti sono ordinari. Il rimanente 80% rischia il posto. E noi rischiamo di non avere più la facoltà di ingegneria”, questa è la sua risposta, motivo più che valido.

E abbiamo parlato anche con Pasquale, Economia e Commercio; Mara, Giurisprudenza; Francesca, Farmacia. Quanto dovrebbe essere lungo un articolo? 3mila caratteri? Pochi.

D'altronde, poche chiacchiere scambiate con loro sono sufficienti a comprendere lo sconforto che li pervade, un misto di rassegnazione e rabbia, sfiducia e malincuore. Dopo oltre un anno dalle prime proteste, il clima intorno all’istruzione, alle riforme, alla Gelmini è ancora rovente. Al Tg hanno parlato di oltre 90 piazze mobilitate, una marea umana di 300mila studenti, addirittura qualche scontro a Firenze e giù di lì, con la promessa di riunirsi di nuovo il 30 ottobre in piazza.

Viene il mal di testa a raccogliere tutte le loro testimonianze, a sentir parlare di edifici fatiscenti, di tasse spropositate, di sessioni ridotte. Non sarà certo paragonabile al ’68, ma tutti  questi ragazzi, la confusione, gli inni, la musica, qualcosa dovranno pur cambiare. (foto yahoo.com)