Protezione Civile a L'Aquila. Sergio ci racconta la sua esperienza come volontario

di Francesco Fulcoli

Sergio fa parte dell’associazione ANPAS di Gesualdo, un piccolo paesino della provincia di Avellino, di cui è responsabile del settore Protezione Civile. E’ lui a raccontarci quello che è stata a L'Aquila, la sua esperienza  ma anche di tanti volontari che come lui hanno dato l’anima in quei momenti di sconforto per tutta la popolazione abruzzese. (Francesco Fulcoli

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Quella mattina del 6 aprile 2009 mi ero appena svegliato, alle 06.20, ed essendo mia abitudine accendere presto la TV per avere l’anteprima di quello che succede nel mondo ho saputo di quanto fosse successo a L’Aquila … del “TERREMOTO”. I miei ricordi mi portaronono immediatamente, a ritroso negli anni, a quella maledetta serata del 23 novembre 1980, a quel terremoto che ho personalmente vissuto nella spregiudicatezza dei miei 19 anni e del quale la nostra martoriata terra porta ancora segni visibili a distanza di 30 anni.

E già! Sergio di terremoti ne ha vissuti due. Quello dell’Irpinia in cui è stato sia vittima che volontario circa 30 anni fa ed ora questo a L’Aquila. Lui che forse più di tutti sapeva cosa passava nei cuori di quelle persone che in un non nulla si erano trovati nel niente assoluto.

Prima delle 08.00 ero già c/o la sede dell’Associazione Pubblica Assistenza di “Gesualdo”, di cui faccio parte, e da “Responsabile del settore Protezione Civile”, facendo parte della “Colonna Mobile Regionale di Protezione Civile, insieme ad altri volontari abbiamo attivato le procedure di emergenza contattando il “Comitato Regionale A.N.P.AS.” e rendendoci disponibili a partire immediatamente per poter dare soccorso alle popolazioni colpite. Sapevo che ci fosse bisogno d’aiuto e non volevo restare a guardare. Ho pensato anche che avevo un lavoro, una famiglia, impegni presi da mantenere: come avrei potuto lasciare tutto e andare? 

La risposta a questa domanda non lascia ombre sull’amore, la passione e la dedizione con cui Sergio affronta la sua vita da volontario, dandoci conferma che il volontariato è la più grande ricchezza del nostro paese, generoso e disponibile com'è. È una rete di solidarietà che costituisce ossigeno.

Sono un volontario A.N.P.AS., un volontario di Protezione Civile: se per una settimana lascio la responsabilità del lavoro ai miei colleghi, se della casa e della famiglia si occuperà mia moglie, non sarà la fine del mondo! Giù a L’Aquila invece farò sicuramente qualcosa di molto più utile in questo momento: donerò parte del mio tempo, della mia vita, a chi ne ha bisogno!

Prima di partire Sergio e i suoi volontari hanno organizzato raccolte di fondi e di generi di prima necessità che hanno man mano inviato nelle zone colpite dal sisma; fino al giorno della partenza.

Sono finalmente partito la notte del 25 aprile, alle 02.00, insieme a Marco, Tonia, Stefania, Gerarda … ed altri volontari di Solofra, Montemiletto, Caposele… Siamo arrivati al Campo Base A.N.P.AS. di Acquasanta per effettuare la registrazione per poi raggiungere Piazza d’Armi, il campo più grande allestito nella città de L’Aquila. Potevo solo immaginare cosa mi aspettava poiché avevo parlato con altri volontari partiti prima di me ma ero contento di essere lì, volevo starci e basta!

Con malinconia ricorda anche il 1980 quando oltre ad essere un giovane 19enne terremotato divenne anche volontario per aiutare chi poteva in quel tragico novembre.

Da”terremotato”, nell’80 ho toccato con mano cosa significa avere bisogno di tutto ed essere aiutato da persone sconosciute che si mettevano a tua disposizione; mi sono anche improvvisato “volontario” aiutando i militari nel montaggio delle tende, passando le notti ad aprire i grossi pacchi di aiuti umanitari, a dividere e catalogare per poi procedere alla distribuzione alle famiglie, ma a L’Aquila ho visto una realtà ben diversa da quella che mi ero prefigurato. 

Noi che abbiamo vissuto il terremoto Aquilano da lontano non avremmo mai potuto renderci conto di cosa fosse accaduto veramente e di come si viveva nelle tendopoli. Vedevamo i TG, leggevamo i giornali, ci passavamo le notizie tramite internet ma bisognava andare … e vedere con i propri occhi per capire come stavano veramente le cose.

E si arriva alla famosa piazza d’Armi, dove tanti destini si sono incrociati e dove l’amore per la vita, condiviso nel dolore di quel momento ha dato forza e dignità ad una popolazione martoriata da una catastrofe così inaspettata, dove tanti volontari come il Nostro hanno dato l’anima sapendo che era la cosa giusta da fare a prescindere, lavorando anche solo per regalare un sorriso, un abbraccio, una carezza sul cuore graffiato da tanta paura e angoscia.

Al Campo di Piazza d’Armi c’erano file infinite di tende, come una piccola cittadina, 1600 “sfollati” con centinaia di persone di diverse etnie (peruviani, romeni, marocchini, tunisini, ukraini …) e poi L’Aquila…
Non c’era casa, chiesa o palazzo che non sia crollata o non abbia subito gravi danni; una città fantasma: serrande abbassate, luci spente … una città vuota. Al campo no, lì era un’altra cosa: lì c’erano 1600 persone da assistere, di cui 200 “malati allettati” ed altre 200 persone tra Responsabili, volontari ANPAS, CROCE ROSSA, UNITALSI, SCOUT, ALPINI, OPERATORI RAI … e poi carabinieri, poliziotti, vigilantes .. lì che c’era vita.

Sergio inizia a raccontarci la sua giornata e ricorda con piacere quanto faceva e nonostante la tragica situazione i volontari comunque trovavano anche il momento per un sorriso, una confidenza e un abbraccio per dare forza all’amico stanco

Io, insieme ad altri 8 volontari, fummo assegnati alla cucina da Campo ANPAS che aveva il compito di preparare colazione, pranzo e cena ai 200 ed oltre “malati allettati” , ad altre 50 persone almeno sofferenti di allergie varie e ad altri 70/80 volontari che arrivavano a tutte le ore per mettere qualcosa nello stomaco! 
Gli orari erano massacranti: apertura cucina alle 06.00 per preparare la colazione, la cui distribuzione finiva alle 09.00 circa e poi via, di seguito, lavaggio delle decine di termos utilizzati, e poi cominciare la preparazione del pranzo, la distribuzione, il lavaggio del pentolame, la preparazione della cena, la distribuzione, il lavaggio del pentolame, e poi tutti insieme dopo le 23.00 con gli altri volontari, a mangiare un boccone insieme sotto gazebo traballanti, flagellati da vento e pioggia per tutta la settimana, per finire poi raccontandosi di tutto fino alle 03.00 … 04.00 del mattino! Di notte in tenda c’erano 2 – 3 gradi con una umidità pazzesca (e se non provi di persona non te ne rendi conto). Parli di tutto con le persone, cerchi di rincuorarle, ma dopo un po’ finiscono per raccontarti del “loro” terremoto … ed allora resti senza parole colpito da una forza d’animo ed una dignità senza pari. Certo una settimana di tendopoli non è proprio una vacanza, gli Aquilani hanno popolato le tendopoli per quasi otto mesi e per me (che di settimane ne ho fatte 2) è stata un’esperienza che mi ha sì profondamente segnato ma mi ha anche permesso di conoscere volontari di ogni parte d’Italia e tanti Aquilani con cui ho instaurato un rapporto di profonda amicizia e con i quali mi tengo in contatto!

Sergio finisce il suo racconto ponendosi e ponendoci una domanda. Il terremoto de L’Aquila non ha fatto crollare solo le cose materiali ma ha distrutto un tessuto sociale che potrà essere ricucito solo con anni ed anni di impegno e di lavoro serio da parte di tutti! Se non ci fossero stati i volontari come sarebbe stato gestito questo catastrofico evento?

Come sarebbe stato? Credo e facile immaginare. Il volontariato è amore e quello può dartelo solo chi non vuole niente in cambio. Nessuno Stato e nessun Ente può farti sentire il calore di un sorriso donato con il cuore. Speriamo solo che tutti, anche se nel loro piccolo, seguano questo esempio di vita, di solidarietà sociale, di affetto. Speriamo che tutti imparino a tendere la mano al momento giusto, a non fare conti e a guardare la notte con la speranza di un alba più calda, sincera, diversa e solidale.