EMO: moda banale, neo-cultura, sottocultura o rinascita giovanile?

di Anna Laudati
Alcuni “emo” ci spiegano in cosa consiste questa corrente giovanile, ma non dichiarano la loro identità. Scopriamo insieme perché!? (di Giuseppina Ascione)

emo12pf7.jpgSono sempre più numerosi, si radunano nelle piazze, sulle scale di una chiesa, intorno ad una fontana o ad una panchina. Sembrano essere chiusi in un universo distinto e così, nel silenzio e in punta di piedi, sono entrati a far parte dello scenario comune delle nostre città. Sono ragazzi e ragazze abbigliati in maniera piuttosto retrò, ricordano le band punk-rock degli anni 70-80 e quello che colpisce più di tutto sono sicuramente le capigliature con queste frangie che coprono quasi per intero gli occhi, quasi sempre truccati di nero. Magliette e accessori piene di strisce e quadretti, pantaloni strettissimi, e le immancabili All-Star. Sono gli EMO. Gruppi di adolescenti tutti magrisimi, che seguono innanzi tutto uno stile musicale, una moda e sempre più spesso un stile di vita.

Non si capisce bene cosa è effettivamente l’ Emo, eppure sempre più media sono attratti da quella che inizia ad essere definita una “sottocultura” al punto che persino il Time a recentemente dedicato a tale argomento ben due pagine di articoli e inchieste. Emo sta per Emotional, infatti prerogativa essenziale di questa “neo-cultura” metropolitana sta nel “provare forti emozioni, sempre più spesso rivolte al negativo”.

 

Silenziosi, introversi, quasi tetri, gli Emo – racconta un giovane anonimo Emo - “sono dei giovani che si compiacciono del proprio dolore, del proprio stare male, si chiudono in se stessi evitando il più possibile contatti con l’esterno è, forse, quelle lunghe ciocche di capelli che gli coprono il volto stanno come uno scudo che li protegge dalla realtà. Una realtà che reputano vuota, frivola, non degna della propria presenza, ed è per questo che le canzoni e i messaggi tipici degli Emo incitano al suicidio, alla provocazione del male fisico. Tantissimi i casi di giovani che arrivano a tagliarsi le vene fino a stare male o finanche a morire”. 

“Devi stare male, fino a farti piacere il tuo dolore, godere e compiacerti di tale dolore – dice uno di loro – si diventa Emo perché lo si decide, si sceglie di isolarsi con il proprio dolore fino a raggiungere il paradosso di stare bene nel proprio male”. 

Ma pare che gli “emo-boy” non sono ben acettati dai coetanei, o almeno non da tutti.  Se tra molti giovani, infatti, la sottocultura Emo pare sia ritenuta una “cosa da sfigati”, o da “viziati che hanno tutto e che si creano dal nulla problemi enormi per farsi commiserare”, secondo uno studio dell'Università del Michigan, gli “emo-boy” sarebbero invece ragazzi considerati gentili e fedeli, affidabili e comprensivi, che farebbero innamorare follemente le ragazze. Altro che “sfigati” insomma, casomai neo-maschi antitetici al modello “macho tenebroso ed egocentrico”, capaci di scrivere poesie e di inviarle per posta (non via internet) e di anticipare i desideri della propria partner. Nuova specie di neo-romantico finto trascurato, con look a base di t-shirt vintage, jeans invecchiati e capelli spettinati.  

Fino ad oggi sono stati scritti decine di articoli, intrapresi numerosi studi su questi “strani individui” che stanno popolando le città a livello internazionale, ma siamo poi sicuri che questo modo di rifuggire dalla realtà sia così sbagliato, ovviamente quando non estremizzato, è che i giusti siamo noi che continuiamo a chiedere e a chiederci spiegazioni in merito a questa misteriosa e affascinante “para –realtà”?

(foto anonima pubblicata sul web)