La meglio gioventù non sta più nel sud Italia. 700.000 i migranti

di Anna Laudati

La famosa valigia di cartone è stata sostituita dal trolley ma le speranze messe lì dentro, insieme agli arancini, sono sempre le stesse nonostante sia trascorso molto tempo. “Stavamo meglio quando stavamo peggio”?  (di Veronica Centamore

jobjpeg.jpgNegli ultimi anni è ripreso in modo esponenziale il fenomeno dell'emigrazione dal Meridione d'Italia. A rivelarlo è l'ultimo rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno. Impennata delle partenze dei migliori laureati del Sud. Nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; nel 2007 la percentuale è salita a quasi 38%. Rispetto però ai primi anni 2000 sono cresciuti quelli che al Centro-Nord vanno per laurearsi molto spesso a causa di una mancanza delle strutture universitarie che non attivano determinati corsi di laurea e sono invece diminuiti i laureati negli atenei meridionali in partenza dopo la laurea in cerca di lavoro.

Tra il 1997 e il 2008, circa 700.000 persone hanno abbandonato il mezzogiorno. Nel 2008 il Mezzogiorno ha perso oltre 122.000 residenti a favore delle regioni del Centro-Nord a fronte di un rientro di circa 60.000 persone. Oltre l'87% delle partenze ha origine da tre regioni: Campania, Puglia, Sicilia ( fa impressione pensare che fra quei 700.000 ci sono anch'io). L'80% dei "terroni" ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di alto livello. Mentre al Sud aumenta la disoccupazione 95.000 persone in più rispetto al 2008. Tuttavia nel 2008 i disoccupati sono aumentati più al centro-nord (+15,3%) che al sud (+9,8). Ma il tasso di occupazione nel Meridione è sceso al 46,1%. Questa è la prima generazione i cui figli guadagnano meno dei genitori pur avendo titoli di studio superiori. Si stava meglio quando si stava peggio? Sembrerebbe di si. Figli che hanno studiato, hanno ricevuto una buona istruizione, che non conoscono un giorno di lavoro in campagna ma che a trent'anni piuttosto d'avere tre figli (come i loro genitori), fanno ancora i "bambaccioni" nella casa paterna ma non perchè non vogliono lasciare il "nido vuoto" ma semplicemente perchè non possono farlo. I più temerari vanno a vivere da soli si …. ma i soldi dell'affitto li manda papà, millantando una pseudo-indipendenza che in realtà è più affettiva che economica.

E tutto questo non perchè non hanno studiato e quindi non hanno il famoso "pezzo di carta" ma perchè c'è sempre un altro che accetta dei compromessi pur di tenersi un posticino al sole. Al diavolo la dignità, quello che conta è fare qualcosa. E così ci si ritrova: lontano da casa, a convivere con gente che molto spesso ti rimane estranea, gente che non ti capisce anzi a cui non interessa capirti perchè "non ha tempo" e specialmente a vivere ancora di rendita. Ma ne vale la pena? Vale la pena andar via? Ma soprattutto che speranze ha di migliorare un posto dove non rimane la gente "migliore"?  Vittoria, professoressa di un liceo di Brindisi dichiara: “Qual è la novità? Io vivo ogni anno l’abbandono di questa terra da parte dei miei studenti. Oltre alle difficoltà del sistema economico, credo ci sia anche un problema culturale. Manca un modo di pensare il Sud: i ragazzi non considerano nemmeno la possibilità di rimanere a formarsi qui. So che anche alle mie figlie crescendo spetterà la stessa sorte”.  Ma quelle stesse figlie, dopo qualche anno, sentiranno il richiamo della terra natìa e non sarà tornare indietro ma ritornare a casa più forti e con più conoscenze di prima per poter rendere la loro terra, una terra migliore. Utopia? No, speranze e voglia di morire dove si è nati per chiudere un ciclo aperto molti anni prima. La "questione meridionale" non è mai finita. ma la "soluzione" meridionale arriverà mai?

"Siamo come il sole a mezzogiorno baby...  Senza più nessuna ombra intorno" nell'attesa che le parole di Jovanotti diventino profetiche... Io, emigrante tra quei 700.000  intanto, un pensierino da esule nostalgico ogni tanto lo faccio e chissà che...