Belli, bravi, italiani. Enrico Maria Borrelli. Il ribelle di Napoli

di Anna Laudati

Roberto Gugliotta, direttore di IMG PRESS, scrittore oltre che giornalista, ha realizzato un'interessante intervista, che inseriamo a pieno merito nella rubrica "Belli, bravi, italiani", all'editore di ServizioCivileMagazine definendolo "Il ribelle di Napoli". Scopriamo insieme perchè! (di Anna Laudati)

copia_di_dscn5531.jpgC’è un bel pezzo di Sud nella storia che vogliamo raccontare. La figura è quella di Enrico Maria Borrelli, presidente di Amesci, un’associazione che realizza in tutta Italia attività formative, progettuali e di networking che aiutino i giovani a sviluppare conoscenze, promuovendo una generazione di cittadini che sappiano coniugare, nel loro agire, professionalità e responsabilità sociale. La storia di Enrico, nato a Napoli ma corallino di adozione - come si usano definire gli abitanti di Torre del Greco, città famosa nel mondo per la lavorazione del corallo – aggiunge un altro tassello a un Meridione che oggi più di ieri non si accontenta di essere spettatore passivo della propria vita, ma se ne fa carico in prima persona. Ed è dunque un tassello importante, perché sfogliando le note dolenti si incontrano molte delle patologie più diffuse nelle città scartate dallo Stato ma soprattutto una ricetta che può far guarire l’ammalato. Ovviamente se i buoni propositi si sposano con l’etica e la legalità. Affinchè la criminalità non abbia la meglio sulla libertà delle nostre scelte.

Enrico Maria Borrelli che cosa rappresenta in Campania una associazione come AMESCI?
In un territorio difficile come quello campano, Amesci rappresenta anzitutto un’occasione per migliaia di giovani. Il nostro lavoro è incentrato sul loro protagonismo, sulla partecipazione, sull’educazione e sulla formazione, attività che sviluppiamo sotto forma di progetti e di laboratori. Un impegno, quello di coinvolgere i giovani, che in questo particolare momento politico, sociale ed economico, caratterizzato da una crisi del presente e da incertezze sul futuro, assume le sembianze di una sfida ciclopica. Per questo motivo, le esperienze e gli esempi di realtà associative nate al sud dall’impegno di giovani e che hanno saputo affermarsi in ambito nazionale ed internazionale rappresentano un riferimento importante per il territorio e una speranza per i giovani stessi.

La riqualificazione del territorio, la tutela dei deboli, la lotta alla criminalità, tutti temi scottanti, ma quanto davvero sentiti dalle Istituzioni?
Le istituzioni non sono un corpo estraneo rispetto a noi cittadini, dunque esprimono le stesse virtù e gli stessi vizi della società che rappresentano. Con questo non voglio licenziare la domanda con un luogo comune, voglio invece dire che le difficoltà con le quali conviviamo da cittadini sono le medesime per chi si è assunta la responsabilità di rappresentarci. Il punto a mio avviso non è tanto se questi temi siano sentiti o meno, ma quanta consapevolezza e quanta preparazione ci sia nelle istituzioni per affrontare con proposte e mezzi adeguati il disagio sociale in cui versa il nostro territorio. Quello che sicuramente difetta è la capacità di proiettare l’agire politico in un programma di lungo periodo, sostituendo alle buone intenzioni la lungimiranza delle scelte, piccole e grandi. Troppo spesso si sente dire che la politica dovrebbe risolvere “i problemi della gente”, con ciò creando un alibi per tutte le storture che la politica genera e determinando, con la mortificazione del merito, una condizione di sfiducia e l’apatia dei giovani. Le istituzioni hanno il dovere di favorire lo sviluppo del territorio nel rispetto dell’ambiente e della legalità e per fare questo è fondamentale costruire una coscienza civica attraverso l’educazione, la formazione ed il coinvolgimento delle giovani generazioni. Creare opportunità per i giovani non è un optional delle politiche locali, ma una necessità oramai inderogabile.

Che fine ha fatto la teoria del governo amico degli ultimi?
Come teoria, è sempre salva. Leggi e politiche sociali contengono normalmente elementi di tutela e di garanzia per i più deboli e l’Italia in questo non manca né di cultura né di sensibilità. Resta il legittimo dubbio su cosa si intenda attualmente con il termine “ultimi”. A giudicare dalle attuali politiche sull’immigrazione, ad esempio, ci sono ultimi più amici e ultimi meno amici.

Perché è così difficile fare impresa nel Meridione?
I motivi sono numerosi, alcuni ascrivibili alla responsabilità delle istituzioni, altri alla cultura di un popolo che continua ad avere sentimenti di preoccupante antisocialità. La malavita organizzata, le difficoltà di accesso al credito, il costo del denaro, le carenza di infrastrutture e servizi, la lentezza della macchina burocratica e una eccessiva improvvisazione creativa degli imprenditori sono tutti elementi che concorrono. Ma non è tutto. L’idea che da noi le cose si possano e si debbano fare “per cortesia” crea la difficoltà di un qualsiasi professionista a farsi pagare una consulenza. E l’idea che l’imprenditore sia uno strumento della politica per “risolvere problemi” è un ulteriore aggravio. Detto questo, non è impossibile fare impresa nel meridione, e i tanti imprenditori onesti e di successo che operano nelle nostre regioni ne sono la prova concreta.

C'è un vuoto che ci minaccia e che sta progressivamente divorando la nostra comunicazione, i nostri sentimenti, i valori più elementari di convivenza. Che accade a una società in cui si verificano offese profonde alla legalità e alla sensibilità dei cittadini?
Accade quello che stiamo vivendo oggi: i cittadini si industriano per garantirsi la sopravvivenza, intendono l’auto-affermazione come contrasto al sistema, si proiettano su dimensioni di socialità ristretta riconoscendo e applicando alla sola cerchia dei propri affetti e delle proprie relazioni il sistema di valori che dovrebbe presidiare la convivenza civile. Le istituzioni hanno una grande responsabilità in questo campo, poiché trascurano l’importanza dell’esempio. Se priviamo i giovani di riferimenti valoriali, cosa crediamo che possa accadere? Si dice che la magistratura sia corrotta e politicizzata, che la stampa sia inaffidabile, che la politica badi ad interessi personali e non collettivi. Come può un giovane affidarsi e fidarsi di un sistema così vituperato? Viene da pensare che il solipsismo non sia una patologia di quest’epoca, ma una reazione naturale di difesa e sopravvivenza. La civile convivenza passa per il rispetto delle regole e le istituzioni, in questo senso, devono testimoniare con l’esempio.

Abbiamo la sensazione (fondata?) che i fanatismi e l'intolleranza stiano pericolosamente aumentando, che l'insicurezza e le nevrosi dilaghino, che i giovani vivano in uno stato di noia e d'indifferenza, privi di lavoro, d'impegno e di cultura. Che risposte darete a chi dice che sono abbandonati al proprio destino?
Ognuno di noi è parte determinante del proprio destino, e questo vale anche e soprattutto per i giovani. In loro non riscontro una mancanza di valori, né un carente desiderio di impegno, né una mancanza diffusa di cultura. Certo, non si può generalizzare. Il punto è non indirizzarsi verso tutti i giovani, come fossero un’entità indistinta, ma occuparsi in particolare di quelli che hanno maggiore bisogno di aiuto per formarsi ed inserirsi in società. Come si aiutano questi giovani, meno talentuosi e meno capaci di costruire un progetto di vita? Cosa gli offre oggi la società? Quali sono le politiche in loro favore? In un paese vecchio come l’Italia, la difficoltà della politica è quella di adeguarsi alle mutate esigenze delle giovani generazioni. Cambia il modo di impegnarsi, cambia il modo di istruirsi e cambia il modo di incontrarsi. Se oggi i giovani prediligono i social network per conoscersi non è perché sono ripiegati e non percepiscono più il valore della relazione. Tutt’altro. Sono molto votati alle relazioni interpersonali, alla conoscenza, allo scambio, e tuttavia lo sono in modo diverso. Per questo motivo Amesci ha lanciato un progetto di aggregazione (Cittadini 2.0) attraverso la creazione di un proprio social network, accettando la sfida di portare i contenuti e i valori dell’impegno associativo sul web. I giovani si fidano dei giovani, per questo la sfida di Cittadini 2.0 verte sul loro protagonismo, sul mutuo scambio di saperi e sulla possibilità di costruire la loro comunità sulla base di regole trasparenti, riconosciute e affidabili. Tutto quello che si può e si deve fare per i giovani è offrirgli opportunità di crescita: saperle afferrare e determinare il proprio destino starà sempre a loro.

La giustizia e il giustizialismo, il potere dei Pm e il rapporto con la politica, i diritti dei cittadini e il cattivo funzionamento della macchina che deve individuare e punire i reati.
Temi interessanti, oggetto di dibattito nel Paese. Personalmente credo che il giustizialismo sia una devianza esiziale per i valori di uno stato di diritto, una barbarie che contrasta con i valori di promozione civile e sociale che Amesci da sempre promuove. Detto questo, soprattutto nel nostro Sud ci sono anche altri problemi. Il diffuso malcostume nei nostri territori rende difficile il lavoro delle forze dell’ordine, ma il risultato che ne consegue rischia di essere un’aggravante della situazione. I cittadini finiscono per subire, oltre all’arroganza della malavita, anche la superficialità e l’ottusità di alcuni rappresentanti delle istituzioni.

Note dolenti spesso sono le associazioni antiracket. Nate come baluardo contro il crimine, oggi vengono viste da alcuni come un centro di potere vero e proprio. Il che a nostro modo di vedere la vicenda fa un grosso danno alla credibilità delle Istituzioni. E' l'antiracket che decide a chi far dare il contributo e a chi non assegnarlo, finendo così per creare un gioco perverso. Braccio di ferro che non serve alla causa delle stesse imprese finite nel mirino della mafia, per non parlare che in alcuni casi si è finito per aiutare finti imprenditori coraggiosi.
Le associazioni antiracket dovrebbero svolgere, e in molti casi svolgono, un ruolo di sensibilizzazione e tutela delle vittime. Quando qualche associazione pecca di eccesso di protagonismo, finisce per essere collocata inevitabilmente nell’immaginario collettivo tra i soggetti istituzionali, con la conseguenza che ereditano la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni. Quanto al finanziamento di finti imprenditori, a proposito di quanto detto prima sul giustizialismo non farei della dietrologia, mi limito a dire che gli errori sono umani e che, in ogni caso, le illegalità accertate vanno condannate.

Si può sfidare la politica sui valori?
La politica va sfidata innanzi tutto a cercare una base di valori condivisi, a partire dai quali tutti, i giovani in testa, possano ingaggiare la sfida dello sviluppo, del cambiamento, del miglioramento.

La pena, poniamoci per un momento il problema della pena. Quelle in vigore non ci sembrano molto efficaci. A che cosa serve tenere un colpevole in galera per molti anni? Certo, impedisce in tal modo che possa nuovamente delinquere finché sta dentro, ma poi? Il carcere serve forse a rieducarlo? Il carcere è semmai il luogo dove la sua tendenza a delinquere sarà accentuata, questa è un'esperienza indiscutibile... vero è che l'indulto è servito a poco o nulla...
Nel nostro Paese, purtroppo, la distanza tra quanto sancito dal diritto e la realtà quotidiana del sistema penale e penitenziario è enorme. A esempio la pena del carcere, che dovrebbe essere utilizzata quale extrema ratio, è spesso la principale se non la sola sanzione prevista. E il problema del sovraffollamento delle carceri ha raggiunto livelli terribili, cui l’indulto ha cercato di dare una risposta, senza peraltro ottenere benefici tangibili. Pur senza essere un tecnico del settore, credo che occorrerebbe una riforma complessiva del sistema carcerario, puntando sull’incremento dell’utilizzo delle misure alternative esistenti; sulla separazione del problema tossicodipendenza dal problema carceri, visto che attualmente ci sono più tossicodipendenti in carcere che nelle comunità terapeutiche; sulla riforma delle politiche in tema di immigrazione; sull’introduzione della “messa in prova” per i detenuti non pericolosi e sulla formazione al reinserimento sociale.

Una promessa che andrebbe mantenuta ai cittadini?
Tutte le promesse che si fanno ai cittadini vanno mantenute, altrimenti si continuerà a legittimare la sfiducia nelle istituzioni. Piuttosto, meglio non farle.

Che cosa non andrebbe mai metabolizzato?
Lo sconforto e il senso di impotenza. I popoli che hanno voluto, hanno cambiato le loro sorti anche senza le guerre e le rivoluzioni.

AMESCI è l'ultima isola felice per sperare in un futuro migliore?
Amesci è una piccola isola nell’arcipelago della speranza e il futuro è nelle mani dei giovani che dovranno saper raccogliere i frutti dagli alberi che stiamo piantando per loro.