Perle di Servizio Civile: Chi avrebbe mai immaginato che fosse così!"

di Anna Laudati

Ragazzi e ragazze che si raccontano attraverso l’esperienza vissuta nel Servizio Civile (di Gianfranco Mingione)

marco_e_chiara.jpgMi chiamo Marco e ho 25 anni,  ho pensato al Servizio Civile come un’attività da svolgere part-time, un’ attività che mi consentisse di studiare e al contempo mettere da parte qualche euro. Chi avrebbe mai immaginato che invece sarebbe stata un’esperienza così piena dal punto di vista professionale così come dal punto di vista umano? Mi chiamo Chiara e ho 24 anni, i motivi per cui ho scelto di svolgere il servizio civile sono diversi: soldi, esperienza lavorativa, un minimo d’indipendenza. Quando mi hanno selezionata non mi sentivo né pronta, né troppo convinta. Poi una volta iniziato il progetto mi sono resa conto che non era un lavoro ma molto, molto di più. 

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Parte con questo articolo un nuova rubrica dove a raccontarsi in prima persona sono “I ventenni italiani”, attori protagonisti del Servizio Civile Nazionale. Tra università, lavoro, storie sentimentali, problemi legati all’incertezza del futuro, nella difficoltà di condividere gli spazi in famiglia, o tra i colleghi  nelle case per studenti, magari per gioco, o per assicurarsi un’entrata mensile, questi ragazzi scelgono di partecipare ad un progetto di servizio civile e poi si accorgono che proprio quell’esperienza che deve durare per un lungo anno, diventa troppo breve e tanto formativa. Un’esperienza che dovrebbe durare per tutta la vita.

 

Marco e Chiara e sono due ragazzi di Latina che sono quasi al termine del loro anno di servizio civile presso l’Unione Italiana Ciechi di Latina.

MARCO. Certe cose se non le vivi non puoi raccontarle poiché, vi assicuro, che non è possibile neanche immaginarle se non le vivi in prima persona.

“Mi chiamo Marco, ho 25 anni e come la maggior parte dei miei colleghi ho pensato al Servizio Civile come un’attività da svolgere part-time, un’ attività che mi consentisse di studiare e al contempo mettere da parte qualche euro per gli “sfizi” che un giovane vuole permettersi. Chi avrebbe mai immaginato che invece sarebbe stata un’esperienza così piena dal punto di vista professionale così come dal punto di vista umano? Un anno immerso in una realtà, quella dei ciechi e degli ipovedenti, di cui ignoravo completamente l’esistenza o che immaginavo come “amorfa e lontana dal mio universo” come quella delle comunità e delle associazioni di disabili in genere. Trovarmi invece catapultato in un ambiente dinamico e sorridente ha trasformato quello che era nato come un modo per guadagnare qualche soldo in una possibilità di crescita personale e professionale non indifferente.

Sentirmi utile, rendermi conto di essere una sorta di punto di riferimento assieme agli altri colleghi, sentirmi non come un semplice dipendente, ma come parte integrante di un mondo che va avanti e funziona anche grazie a me, ha significato molto. Quest’esperienza ha fatto uscire allo scoperto capacità e abilità che prima non pensavo neanche minimamente di possedere ma che ora, giunto quasi alla fine del mio servizio civile, porterò con me, come una sorta di bagaglio morale e professionale da utilizzare nella vita futura.

Quasi mi dispiace che un anno sia passato così in fretta, ma dopotutto è doveroso lasciare che altri ragazzi possano avere la possibilità di rapportarsi con il Servizio Civile e con tutte le realtà che esso sottintende, così da riempire sempre di più lo zaino della vita”. 

CHIARA. Quando parli con la gente, con gli amici o con i semplici conoscenti, ti rendi conto che il Servizio Civile spesso non è conosciuto e comunque non è nemmeno considerato come un vero e proprio lavoro. Poi ci provi e solo allora capisci.

“Mi chiamo Chiara e ho 24 anni, i motivi per cui ho scelto di svolgere il servizio civile sono diversi: soldi, esperienza lavorativa, un minimo d’indipendenza. Quasi ho scommesso su me stessa nel momento in cui presentai la domanda. Poi mi chiamarono e in realtà neanche mi sentivo pronta né troppo convinta. Poi una volta iniziato il progetto mi sono resa conto che non era un lavoro ma  molto di più. Un bellissimo percorso che ti mi sta portando alla fine di questo anno di servizio civile durante il quale ho conosciuto persone nuove con le quali ho condiviso quest’ esperienza, nel corso della quale ho imparato tante cose sia dal punto di vista lavorativo che gestionale. Un anno che mi ha arricchita e che mi ha permesso di arricchire gli altri, tutte quelle persone che mi sono state accanto e quelle che hanno giovato del mio operato nel corso di questi mesi, che siano stati disabili o meno. In questi mesi ho capito che la vita è fatta di esperienze che valgono la pena di essere vissute. Accantonare questa possibilità,  disdegnare il Servizio Civile considerandolo come  una cosa da niente, vuol dire per un giovane  privarsi proprio di una di quelle esperienze.

Si  viaggia, si lavora, si ama e si ci lascia, tutti noi abbiamo qualcosa di cui parlare e ridere durante una cena con gli amici o un caffé al bar. Sicuramente da oggi io, ho qualcosa in più da raccontare e da ricordare”.{jcomments on}