Perle di servizio civile: con 60 amici ultraottantenni!

di Anna Laudati
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"Il nome del mio progetto era ‘Un anziano per amico’, un nome che mi sembrava un po’ ad effetto e al quale non credevo molto, fino a quando non mi sono ritrovata con l’avere 60 amici ultraottantenni”. Intervista ad Anna Braconi, 28 anni, Toscana ed ex volontaria del Servizio civile (di Gianfranco Mingione

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“Il mio compito principale all’interno della casa di riposo era di tipo relazionale: parlare, ascoltare e consolare, ovvero le basi per un’amicizia perfetta”. Anna si è rimessa messa in gioco a 25 anni con il servizio civile. Oggi sa ciò che non capiva prima:  cosa fare da grande.

Anna. Perché hai scelto di svolgere il servizio civile e quale era la tua idea di servizio civile prima di intraprenderlo? Il mio servizio civile è iniziato sia per un concreto bisogno di ritrovare me stessa, sia per caso. Sin dal 2002 ho pensato di partecipare al Servizio civile ma temevo di sprecare del tempo prezioso, tempo che dovevo dedicare al raggiungimento della laurea in Farmacia e al mio prossimo futuro di sposa e mamma. E così era rimasto un sogno nel cassetto che speravo di realizzare entro i 28 anni, ma senza grandi convinzioni. Poi il tempo è passato e mi sono ritrovata a vivere un’esistenza che non sentivo mia. Sono cambiata: volevo sentirmi libera, innamorarmi di nuovo e provare nuove emozioni, e anche l’università mi aveva messa in una situazione di stallo e tutto ciò non mi rendeva felice. Proprio in quel periodo di insoddisfazione ed incertezza mi arriva una email assolutamente inaspettata: l’apertura del bando per il servizio civile in Caritas. E così, dopo aver toccato il fondo in termini di fiducia verso ciò che avevo intrapreso fino ad allora, mi risultò più semplice fare questa scelta per mettermi di nuovo in gioco a 25 anni all’insegna dello spot che recitava “una scelta che ti cambia la vita”. Era proprio quello di cui avevo bisogno: mettermi in gioco fino in fondo, senza riserve e cambiare qualcosa nella mia vita. 

Di cosa ti sei occupata? Nel 2006-2007 ho svolto il servizio Civile presso la Caritas diocesana di Arezzo. Al momento di scegliere a quale progetto partecipare, tra i 4 esistenti - minori, anziani, immigrati e disabili – scelsi di stare con gli anziani e le persone disabili. Stare con i bambini sarebbe stato bello, ma fin troppo facile e scontato ed io avevo bisogno di qualcosa di più forte, che mi scuotesse davvero. Il mio compito principale all’interno della casa di riposo era di tipo relazionale: parlare, ascoltare e consolare, ovvero le basi per un’amicizia perfetta. 

I ricordi più belli e quelli meno belli? Nei primi tempi ho dovuto affrontare dei sacrifici ai quali non ero più abituata, come  alzarmi alle 7 di mattina o assistere le persone anziane non autosufficienti. L’unica  cosa dura e difficile, con la quale ho dovuto fare i conti e imparare ad accettarla, è stata sicuramente la morte. Mi sono resa conto che quando una persona afferma “invece di quel giovane poteva morire un vecchio della casa di riposo” non sa davvero quello che dice. Ho capito che accettare la morte è difficile in ogni caso, soprattutto quando ti affezioni ad una persona, la apprezzi e le vuoi bene, la morte è sempre un critico interrogativo. Ho pianto a singhiozzo per la morte di ultranovantenni senza riuscire a darmi pace. Il nome del mio progetto era “ Un anziano per amico”, un nome che mi sembrava un po’ ad effetto e al quale non credevo molto, fino a quando non mi sono ritrovata con l’avere 60 amici ultraottantenni. In questo contesto ho trovato tantissimi anziani bisognosi d’affetto, così come tantissimo era l’affetto che  donavano a loro volta alle persone che come me gli stavano, e gli sono accanto. Oggi, i sacrifici e le dure esperienze che hanno forgiato durante il Servizio civile il mio carattere e la mia persona, per me sono divenute delle gioie uniche.     

Ad oggi, quale è la tua idea di servizio civile? Viviamo in un mondo che sovente fa apparire importanti le cose superflue e insignificanti quelle che realmente valgono. Alla fine di questa esperienza posso affermare che il miracolo è avvenuto. Grazie anche al Servizio civile ho compreso che non servono tante sciocchezze nella vita, che bisogna tornare all’essenziale: quest’esperienza mi ha aiutato a compiere le scelte giuste all’università, dove riuscirò a specializzarmi come infermiera, e mi ha aperto gli occhi per farmi ritrovare la strada dei veri sentimenti. È un’esperienza che consiglio a qualsiasi giovane; dovrebbe essere una tappa obbligatoria nella vita di tutti, un anno vissuto per noi stessi, per riflettere sul futuro. Quando ho iniziato il servizio, se mi avessero detto di farlo gratis non lo avrei mai fatto e i 430 euro mi hanno invogliato, ma ora che so quanto è stato importante per me lo farei sicuramente anche gratis ed il merito è stato sia della Caritas, che per noi ha speso molto tempo affiancando alle ore di servizio pratico anche le ore di formazione, sia del gruppo, dello stare insieme a 15 compagni con problemi simili ai miei, con cui è stato bellissimo confrontarsi.

Arrivata alla soglia dei 26 anni posso affermare che il Servizio civile è stata l’esperienza più bella di tutta la mia vita.{jcomments on}