Storycube, la startup che punta a valorizzare il talento

di Katia Tulipano

Maggi, amministratore Storycube: “L’Italia deve decidere cosa fare da grande: è giunto il momento di considerare il talento come l’asset principale dello sviluppo sociale ed economico del nostro Paese".

storycubestartupbrochure 5 6382 Storycube nasce dall’incontro tra Giorgio Maggi, professionista del talent assessment e Cristina Nespoli, imprenditrice sociale di grande esperienza nel campo del servizio civile. Loro immaginano il talento come il “petrolio” del XXI sec.. E puntano ad estrarlo dalla storia di ogni persona, generando capitale umano per la società.

Giorgio, raccontaci del vostro progetto.
Storycube è la startup che abbiamo attivato a marzo per tentare di rispondere a un grande e urgente bisogno: valorizzare il talento nella società in continuo cambiamento. Le nostre soluzioni si basano sull’assunto che, per gestire e sviluppare il capitale umano in questo contesto turbolento, sia necessario adottare un modello aperto e dinamico che tenga conto della complessità in cui viviamo. Per questo motivo prendiamo come parametri di riferimento tre codici culturali che sono assi portanti della nostra storia personale: valori, attitudini e interessi. Nel fare ciò, cerchiamo poi di implementare le tecnologie digitali più adatte a raggiungere il nostro scopo.

Ma cos’è il talento?
E’ un’attitudine biologica socialmente costruita. Biologica perché riguarda quello che possiamo fare con il nostro corpo, il corredo genetico-comportamentale che la natura ci dona e ci permette di sfruttare a nostro vantaggio. L’attitudine biologica è un modo di fare, uno stile o una strategia di adattamento che si sviluppa nelle concrete, dinamiche, interdipendenti situazioni del quotidiano. La trama del talento la scriviamo nel momento in cui generiamo qualcosa di nuovo insieme agli altri, direttamente e indirettamente, e costruiamo reti di sentimenti e significati intrecciati tra loro. Non esiste un talento che non nasca dall’interconnessione di natura e cultura.

In che modo individuate il talento di una persona?
Il nostro modello individua, raccoglie ed elabora dati sui tre ambiti privilegiati prima citati: valori, attitudini, interessi. Ad ogni ambito si applica una griglia di rilevazione propria. Per i valori e gli interessi di solito usiamo lo strumento talent interview, mentre per le attitudini usiamo il test dei talenti primari (prodotto in house) o altri strumenti come il termometro con scala 0-100. Dopo aver raccolto dati dalle tre fonti, li incrociamo ed estraiamo quello che secondo noi è il talento primario preminente che guida il comportamento di una persona. Questo rappresenta il primo step del percorso di assessment. Ci serve per capire quale strategia viene adottata dall’individuo per affrontare gli eventi e quale “filtro” usa per approcciarsi al mercato del lavoro e/o all’area professionale. Il talento dà il meglio di sé in un ecosistema aperto che stimola l’apprendimento collaborativo in rete. Lo step successivo è capire come il talento usa il suo portfolio di saperi e competenze nel raggiungimento degli obiettivi e ricalibrare il sistema.

Quindi con Storycube un’impresa sarebbe in grado di riconoscere più facilmente un giovane di talento? Ogni giovane come d’altronde ogni essere umano è un talento in quanto esiste, secondo l’accezione che ne diamo noi. Non solo le imprese sarebbero in grado di riconoscerli più facilmente, potrebbero istituire programmi ad hoc per coltivare giovani talenti fin dalla scuola e dall’università, secondo una strategia d’investimento a breve-medio-lungo termine.Nel breve termine l’impresa potrebbe decidere di “opzionare” uno studente (scolastico o universitario) o un volontario del servizio civile per un ingaggio di apprendistato. Potrebbero anche decidere di assumerlo al termine del periodo. Oppure scegliere di inserirlo in un secondo momento. Questa è un’ipotesi come tante altre. L’importante è che le imprese abbiano chiara la propria peoplestrategy, ovvero come gestire il capitale umano in ottica sistemica e sostenibile in una conversazione diretta e continua con la società che cambia. L’impresa raggiunge sogni e traguardi quando la sua cultura è allineata con quella dei talenti-attori che ne fanno parte.

L’Italia, secondo te, sfrutta i suoi talenti?
L’Italia deve decidere cosa farà da grande. Da questa scelta a monte deriva, secondo me, la capacità o non di elaborare una qualsivoglia politica e strategia di gestione del capitale umano a lungo termine. Forse è giunto il momento di considerare il talento come l’asset principale dello sviluppo sociale ed economico del nostro Paese, con un modello che sia italiano e al contempo aperto al mondo e alle nuove tendenze. Aderente al nostro retroterra culturale con lo sguardo rivolto verso ciò che ci gira intorno. Finora l’Italia non l’ha ancora fatto eppure produce isole d’eccellenza veramente notevoli che, per l’appunto, rimangono sporadiche e non collegate. Non riescono a fare sistema. Il fenomeno dei cosiddetti talenti in fuga è da ricercare nell’incapacità di creare un sistema condiviso.