Alunni disabili e integrazione trent'anni dopo: tempo di cambiare

di Ornella Esposito

Presentato pochi giorni fa a Roma il rapporto “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte”, redatto da Fondazione Giovanni Agnelli, Caritas Italiana e Associazione Treellle. Ne parliamo con Antonio Nocchetti, presidente dell’associazione “Tuttiascuola”, da anni impegnata sul fronte dell’integrazione scolastica degli alunni disabili. (Ornella Esposito)

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Integrazione degli alunni disabili trent’anni dopo, tempo di analisi e revisione di un modello,quello italiano, tra i primi in Europa a promuovere la cultura dell’integrazione, abolendo le classi speciali ed inserendo gli studenti disabili in quelle ordinarie. Questo è quanto ha cercato di fare la Fondazione G. Agnelli, insieme alla Caritas Italiana e all’Associazione Trellle, attraverso il rapporto “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte” dal quale, tra luci ed ombre, emerge che, negli ultimi dieci anni, la frequenza scolastica dei disabili è passata dal 1,59% al 2,245, e che le risorse economiche per l’integrazione dei disabili non sono diminuite. Buone notizie, indubbiamente, ma l’Italia non è ancora un’isola felice per le persone diversamente abili, così come testimoniano gli esperti che insistono sull’urgenza di affrontare i “nodi critici” dell’integrazione messi in luce dal rapporto.

Commentiamo alcuni punti salienti del documento con il dott. Antonio Nocchetti, presidente dell’Associazione napoletana “Tuttiascuola” che da anni si batte, accanato ai familiari, per i diritti dei disabili, in particolare per la loro integrazione scolastica.

Dott. Nocchetti, dal rapporto emerge che la «via italiana» all’integrazione dei disabili, passa attraverso il rispetto delle differenze. In Italia esiste realmente una cultura del rispetto delle diversità?
"Il nostro è un Paese magnifico nel quale differenti culture hanno trovato sintesi legislative a tutela dei diritti dei disabili. Quello che accade oggi è sotto gli occhi di chiunque vuole vedere: la nascita ed il rafforzarsi di sentimenti di ostilità verso gli altri, siano essi migranti, disabili e poveri, ha permeato alcune dottrine politiche. Si assiste allora a parlamentari che invocano il ritorno alla classi differenziali o propongono di sparare alle barche dei migranti che si affacciano sulle nostre coste, tutto questo indebolisce quel sentimento comune che richiede il rispetto dei più deboli."

Il nostro paese è stato tra i primi ad eliminare le classi speciali, e a promuovere l’integrazione scolastica dei disabili la cui frequenza, si legge, è passata in dieci anni dall’1,59% al 2,24%. La sua associazione è nota per denunciare quotidianamente episodi di discriminazione. Siamo o non siamo a buon punto sul versante integrazione?
"Siamo al punto in cui nelle classi ci sono fino a quattro alunni disabili senza che a nessuno  venga in  mente che, in condizioni simili, l'integrazione diventa una parola priva di senso; siamo al punto in cui la metà degli, insufficienti, insegnanti di sostegno è priva di qualsivoglia titolo di specializzazione."

L’approccio alla disabilità sembra essere ancora troppo medico. Le certificazioni ai sensi della legge 104 sono dispensate a chiunque, anche a quei ragazzi che manifestano difficoltà di comportamento. Perché?
"Questo non è più vero da almeno 6 anni, è un argomento di propaganda frutto, appunto, di quel clima di intolleranza al quale accennavo prima. La diagnosi di invalidità è effettuata da un collegio medico, e se ci si trova di fronte a una circostanza in cui è dichiarato invalido un bambino con disturbi del comportamento, è evidente che siamo al cospetto di reati penali di cui si sono macchiati dei medici."

Sempre dal rapporto, si legge che i costi per l’integrazione sono complessivamente di circa 4 miliardi di euro. I soldi, dunque, ci sarebbero e il nostro paese pare investa risorse per i disabili. Le famiglie, al cui fianco opera la sua associazione, trovano realmente tradotte tali risorse in beni strumentali e servizi?
"Qual è il bisogno dei disabili, quanti e che tipo di disabilità esistono sono domande prioritarie per varare politiche di sostegno reali. L'Italia ignora tutte queste risposte, le risorse sono largamente insufficienti ma , ripeto, occorre, prima conoscere i bisogni per fare una  programmazione degli interventi che non sprechi le risorse."

Le insegnati sostegno. Il chiodo fisso della sua Associazione. Dal documento si legge che è stato mantenuto, anche in questo periodo di austerity, il rapporto di un’insegnante ogni due alunni disabili. La sua associazione denuncia da sempre la diminuzione delle ore dell’insegnamento di sostegno e la scarsa qualità di tali ore. C’è qualcosa che non torna?
"In Italia frequentano la scuola oltre 200.000 alunni disabili, di essi il 93% è affetto da disabilità intellettiva grave, il  numero degli insegnanti di sostegno supera di poco le 90.000 unità. I numeri sono la migliore risposta alla sua domanda. Mancano almeno 60.000 insegnanti di sostegno specializzati. Comunque gli insegnanti, curricolari e di sostegno, sono l'unico mezzo per consentire ad un alunno disabile di frequentare con una qualità accettabile la scuola."

Veniamo alle proposte. Come valuta quella della creazione di uno sportello unico per le famiglie dei disabili (Centri Risorse per l’Integrazione) con il compito di esaminare progetti, assegnare risorse finanziarie professionali e tecnologiche, nonchè di monitorare e premiare le scuole virtuose?
"Mi sembra un buon ausilio del tutto superfluo se non si parte dalle premesse a cui ho fatto riferimento nelle precedenti risposte."