Cinema. “Shame”: una storia di dipendenze e di impulsi incontrollabili

di Simone Scarpati

Con il suo stile registico inconfondibile Steve McQueen firma questa pellicola controversa fatta di drammi esistenziali, di vite vuote. Una pellicola angosciante che racconta di un tragico rapporto tra fratello e sorella. (Simone Scarpati)

shame

Brandon è una persona di successo di New York: vive in una bella casa, ha un lavoro importante, è un uomo brillante ed è affascinante. Almeno questo è quello che appare all’esterno. Nasconde in realtà una incontrollabile dipendenza dal sesso. Un disturbo compulsivo che gli impedisce di intraprendere relazioni sentimentali sane. La sua storia diventa ancora più drammatica con l’arrivo della sorella minore Sissy, estremamente bella e sexy, ma incapace ancora di decidere per sé in maniera adeguata.

Il film è un crescendo angosciante, quasi claustrofobico che tenta di rendere al meglio la condizione di schiavitù in cui si ritrova il protagonista. Interessante quindi il parallelismo e il contrasto tra il modo di apparire di Brandon e i suoi drammi interiori, i fantasmi con cui fa i conti e tra questi il rapporto con la sorella che diventa inevitabilmente ambiguo.

Dopo “Hunger” (2008), il regista Steve McQueen (eccezionale il caso di omonimia) torna con le sue scelte registiche estreme ed inaspettate mettendo firmando una pellicola molto discussa a causa delle tematiche trattate e delle scene di sesso che vengono proposte. Inevitabile che in Italia il film sia vietato ai minori di 14 anni.

Nel ruolo di Brandon ritroveremo il “bastardo senza gloria” Michael Fassbender il cui ruolo nel film di Tarantino gli è valso la candidatura ai Golden Globe.

Il film è distribuito nelle sale cinematografiche italiane dal13 gennaio.