Ricostruiamo l’Italia. Un nuovo impegno per il contrasto della povertà educativa

di Redazione
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scuola povertà educativa

Nelle scorse settimane sono stati pubblicati due bandi promossi dall’impresa sociale Con i Bambini, soggetto attuatore del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il primo (Cambio Rotta) sostiene interventi socio-educativi rivolti a minori segnalati dall’Autorità giudiziaria minorile e già in carico agli Uffici di servizio sociale per i minorenni (USSM); il secondo (A braccia aperte) promuove interventi di presa in carico, formazione e inclusione socio-lavorativa dei minori e dei giovani divenuti orfani a seguito di crimini domestici e femminicidio.

I progetti finanziati in questi anni con le risorse del Fondo per il contrasto della povertà educativa hanno risposto efficacemente a esigenze diffuse: dati Eurostat, OCSE, Unesco, Eurofound, Save the Children e di altre organizzazioni internazionali rilevano il numero elevato di giovani che non superano un livello minimo di competenza linguistica o matematica, di giovani che non possiedono un titolo di studio superiore alla terza media, che abbondonano gli studi precocemente.

I progetti finanziati in questi anni dal Fondo sono stati significativi luoghi di crescita delle persone, di acquisizione di abilità e competenze, hanno introdotto approcci e modalità d’intervento innovativi, modi di rapportarsi a minori e adolescenti che incontrano i maggiori ostacoli nella loro possibilità di apprendere. Allo stesso tempo, hanno veicolato un’altra visione delle relazioni tra le persone, della società che vogliamo, valorizzato la pluralità delle risorse delle comunità in cui operano.

I risultati dei progetti di contrasto della povertà educativa confermano quanto evidenziato da numerose ricerche empiriche: la povertà educativa dei minori è significativamente associata alla povertà economica delle famiglie (Save the Children Italia 2016; Sica 2020), la scarsità di risorse economiche ha un impatto stabile sull’impegno scolastico, sugli esiti dell’istruzione, sulle aspirazioni individuali (Lohmann and Ferger 2014); la povertà è spesso multidimensionale e la povertà educativa, in molti casi, è la sua più significativa dimensione, una dimensione non materiale di questa condizione (Allmendinger 1989). Le famiglie in condizione di povertà economica presentano chiaramente due svantaggi: hanno un maggiore profilo di rischio di cadere in questa condizione e gli effetti negativi che gli svantaggi producono (abbandono precoce del percorso scolastico e formativo, scarse competenze per comprendere e avere una vita autonoma, incapacità di avere relazioni soddisfacenti, di poter fruire di offerte culturali) sono molto più severi e duraturi.

Allo stesso tempo, valori alti della povertà economica non sempre corrispondono valori alti della povertà educativa. L’associazione tra queste due variabili non è così forte: un incremento dell’incidenza della povertà economica non determina un incremento in una misura prevedibile della povertà educativa. La povertà educativa oppure la malattia fisica o mentale, o la dipendenza o il degrado delle relazioni familiari, non sempre sono dimensioni di deprivazione che accompagnano la condizione di povertà economica. Una famiglia in condizione di povertà ha spesso molte risorse affettive, valoriali, relazionali che consentono ai suoi membri di affrontare o compensare le numerose criticità che la deprivazione economica comporta: in molti casi, l’insufficienza di un reddito non produce effetti negativi su altre dimensioni di vita.

Le privazioni “che riducono le possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare liberamente capacità, talenti e aspirazioni, non sono comunque solo economiche” (Siza 2019). La povertà educativa è diventata un problema più generale, sempre meno circoscrivibile territorialmente, coinvolge una pluralità di gruppi sociali. Le privazioni a cui mi riferisco riguardano i modi di vivere maggiormente condivisi da giovani e adulti, le difficoltà diffuse che incontrano nel costruire un progetto di vita ragionevole, le aspettative, i rapporti tra cultura digitale e cultura scritta, la credibilità delle istituzioni e la fiducia sui modi di costruire la propria mobilità sociale. C’è un diffuso problema di percezione, altresì, della funzione cruciale che svolge l’istruzione nell’inserimento nel mercato del lavoro e nella mobilità sociale delle persone.

Il contrasto di una povertà educativa così estesa non può essere affidato quasi esclusivamente alle associazioni di terzo settore e alle scuole del quartiere, al loro impegno e capacità di trasformare una condizione di vita. I progetti finanziati con le risorse del “Fondo per il Contrasto della Povertà Educativa Minorile” e dalla Fondazione con il Sud, sono estremamente rilevanti. Ora, però, è necessario un impegno istituzionale molto più ampio che coinvolga l’immediato contesto di vita insieme alle principali istituzioni scolastiche e sociali e una parte non secondaria delle loro risorse, un programma nazionale d’intervento che coordini verso obiettivi condivisi e convergenti una pluralità di attività istituzionali e associative. Molte ricerche evidenziano la rilevanza di buoni servizi pubblici nel contrastare la povertà educativa, di politiche per l’infanzia e per l’adolescenza, di costruzione della legalità, di cambiamenti nelle norme che regolano il mercato del lavoro (Anyon 2005). Spesso gli interventi delle associazioni nei quartieri hanno degli effetti positivi solo per le famiglie che vivono condizioni di degrado e di deprivazione moderata, mentre per le associazioni è spesso difficile coinvolgere in percorsi di crescita le famiglie in condizioni più severe di deprivazione (Belsky et al. 2007).

Nell’assenza delle istituzioni, il rischio è che l’approccio bottom up dei progetti si trasformi in un approccio bottom only, un approccio che costruisce autonomamente relazioni, luoghi d’incontro, ma non riesce ad influenzare l’operatività delle istituzioni più rilevanti, a mutare le loro priorità e la loro capacità di assicurare un supporto all’iniziativa locale. Per ottenere i risultati previsti, per spezzare il legame povertà economica-povertà educativa, un programma di contrasto deve operare su una pluralità di fattori, non solo sulle abilità e sulle relazioni del singolo o “sull’immediato contesto di vita” come la famiglia, la comunità, la scuola e il gruppo dei pari (Joseph Rowntree Foundation 2007).

Nella evoluzione delle politiche per l’infanzia e per l’adolescenza, possiamo individuare due periodi nei quali si è sviluppata una mobilitazione di una pluralità di soggetti e risorse finanziarie, di movimenti e di istituzioni verso degli obiettivi convergenti: gli anni Cinquanta del secolo scorso e gli anni della approvazione della legge n. 285/1997.

Negli anni Cinquanta una povertà educativa che riguardava una parte ancora più consistente della società italiana è stata affrontata con una mobilitazione straordinaria di una pluralità di soggetti e risorse finanziarie, con l’intenzione di ricostruire la società italiana. In quegli anni, la Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della povertà (1978) rilevava i bassi tassi di scolarizzazione che riguardavano la società nel suo complesso, le misere condizioni economiche di tante famiglie (un quarto della popolazione) che non potevano permettersi di sostenere le spese necessarie al mantenimento scolastico, condizioni che richiedevano l’avvio al lavoro dei figli minori, la distanza eccessiva delle scuole dalle abitazioni e una scarsa percezione del valore dell’istruzione. Queste dimensioni della povertà educativa sono state affrontate con un impegno finanziario e umano straordinario di tutte le istituzioni orientato esplicitamente nelle sue priorità e nelle sue linee di intervento da una distinzione: l’analfabetismo è una mancanza degli strumenti di base della lettura e della scrittura; allo stesso tempo, è necessario contrastare anche l’analfabetismo funzionale, l’incapacità, cioè, di utilizzare in modo adeguato le abilità di lettura e scrittura nelle situazioni della vita quotidiana collegando il saper leggere e scrivere alla costruzione della democrazia e alla formazione di una cittadinanza attiva e consapevole.

Operando su questi due versanti, di apprendimento individuale e in un impegno collettivo e in una visione complessiva di crescita della società italiana, si potenziò il sistema scolastico, il sistema previdenziale, l’igiene e sanità delle abitazioni e dei luoghi di lavoro, si crearono programmi televisivi (Telescuola o Non è mai troppo tardi) per il recupero dell’adulto analfabeta, si istituirono i “Centri di cultura popolare” che diventarono luoghi di formazione, di partecipazione, attivismo, democrazia, responsabilità sociale.

La legge 285/97 è stata un’altra fase fondamentale di mobilitazione e di rinnovamento per la promozione di una nuova cultura per l’infanzia e l’adolescenza. Questa legge è nata come espressione di un fermento culturale e sociale particolare che vedeva agire un’alleanza importante tra amministrazioni locali e nazionali e tra queste e gli operatori impegnati nei servizi, nelle istituzioni, nelle associazioni e nel terzo settore nel suo complesso (Istituto degli Innocenti 2020, pag. 7). La legge è riuscita a collocare al centro dell’agenda politica i diritti della popolazione minorile, promuovendo azioni di sostegno alla genitorialità e rafforzando la rete locale dei servizi socio-educativi, dei servizi ricreativi, culturali e ambientali. Le sue risorse sono state finalizzate alla realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitore-figli, di contrasto della povertà dell’infanzia e della violenza contro i minori.

Ancora una volta, in questi tempi di crisi sanitaria e sociale, possiamo affrontare efficacemente la crescente povertà educativa condividendo una visione del futuro della società italiana, una strategia che attivi le risorse e le opportunità di crescita civile che sono presenti in differenti sfere di vita, una mobilitazione estesa che coinvolga la pluralità dei soggetti – gli interventi comunitari-territoriali, la scuola e l’attività delle più importanti istituzioni nazionali, le risorse on line di cui disponiamo –. In questa strategia i progetti finanziati dal “Fondo per il Contrasto della Povertà Educativa Minorile” e dalla Fondazione con il Sud possono costituire l’avvio di una trasformazione profonda, possono essere progetti che riconoscono e valorizzano le interazioni e le interdipendenze che si sviluppano tra i principali ambiti di vita:

l’apparato pubblico;

le relazioni di privato profit;

il terzo settore;

i rapporti di sostegno e di cura che si sviluppano nell’ambito della famiglia e nelle relazioni informali.

Ogni ambito di vita può creare sinergie oppure ostacolare efficacemente ogni sviluppo attuativo, incide sui risultati di un progetto anche in situazioni in cui la sua funzione sociale non è riconosciuta. In questa prospettiva, i progetti di contrasto delle povertà educative iniziano frequentemente a livello delle relazioni informali e associative, ma con la finalità di costruire relazioni con associazioni e gruppi informali che operano con finalità differenti negli stessi luoghi, di promuovere la collaborazione e il supporto fattivo delle istituzioni pubbliche e private.

(Fonte articolo: welform.it - Fonte foto: nel paese.it)