Legge elettorale: parola ai giovani!

di Andrea Pellegrino

Il dibattito su quale legge elettorale meglio si addica alle esigenze italiane prende sempre più piede tra i politici. Occorre però che la scelta superi interessi particolari di questo o quel movimento politico, (oltre che dei politici di professione) per passare nelle mani dei cittadini. Il Centro Europeo “Giovanni Giolitti” per lo studio dello Stato ha raccolto questa sfida bandendo un concorso a premi rivolto agli studenti di tutt’Italia. (Andrea Pellegrino)

parlamento Il concorso è rivolto agli studenti delle ultime due classi degli Istituti Superiori pubblici e privati italiani e gli chiede di esporre, a loro avviso, quale sia la legge elettorale che meglio convenga oggi all’Italia motivando la loro idea. La loro proposta dovrà essere articolata in: una premessa, con riferimento alla previa riforma della Carta Costituzionale (Parte  II, Titolo I, Il Parlamento); formulazione, nella forma più sintetica e chiara, della proposta di legge elettorale (con indicazione del numero  e  denominazione delle Camere, loro compiti, numero dei loro membri e modalità della loro elezione).

Gli elaborati (individuali, di gruppo, di classe) potranno essere inviati, entro e non oltre il 22 dicembre 2012, secondo una delle seguenti modalità:  se cartacei, per posta ordinaria alla direzione del Centro Giolitti, via XXV aprile n. 25, 12025  Dronero, CN; per via telematica all’indirizzo di posta elettronica del Centro - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

All’autore (o agli autori) dell’elaborato giudicato migliore sarà assegnato un rimborso spese di 1.000 euro. I dieci elaborati migliori verranno pubblicati a cura del Centro. Mentre ai primi duecento partecipanti (individuati dalla data della spedizione postale o in via telematica) saranno spedite in omaggio opere di storia quale riconoscimento di stima. Per la sua importante valenza, il concorso ha già ottenuto il sostegno dei Presidenti di Camera e Senato che hanno rispettivamente assegnato una medaglia al Centro Studi ed una medaglia al vincitore del concorso.

Incontriamo il Direttore del Centro Europeo Giolitti a cui chiediamo qualche dettaglio in più sul concorso e, più in generale, sul ruolo che i giovani hanno – o dovrebbero avere – nella vita politica italiana.

Professor Mola, come nasce l'idea di un concorso rivolto agli studenti degli ultimi due anni delle superiori su di un tema tanto complesso come quello della legge elettorale?
“La legge elettorale è il ponte tra cittadini e loro rappresentanti. E’ lo strumento per la selezione/scelta del corpo legislativo nazionale all’altezza dei compiti storici, tanto che sono i  parlamentari a eleggere il capo dello Stato. Decisi di bandire il concorso scolastico all’inizio del 2012, quando il dibattito sulla riforma della legge vigente salì di tono. Diffusi il bando a metà luglio quando essa sembrava imminente, anche in risposta ai quasi quotidiani appelli del presidente Giorgio Napolitano. Da quel momento fu quasi una scommessa, perché apparentemente il varo di una legge nuova renderebbe inutile il concorso. Ma non è affatto così.  Il bando, infatti, va molto oltre i termini del possibile accordo in vista delle elezioni dell’aprile 2013.  I partecipanti sono infatti chiamati, se lo vogliono, a tracciare la cornice costituzionale del Parlamento: una o due Camere? Quanti membri? Quali funzioni? Tutti temi elusi dall’accordo che si prospetta, ripiegato sul passato remoto. La decisione di bandire il concorso ha due altre motivazioni: in primo luogo non si può proporre (come è stato fatto) di conferire il diritto di voto ai sedicenni senta accertarsi che abbiano un’idea sia pure vaga del peso del loro voto. In secondo luogo siamo in presenza di una proposta avvilenti, come il reincarico “in bianco” del presidente del Consiglio attuale (e quindi dei ministri di sua fiducia) “a prescindere” dalla consultazione degli elettori: una pretesa insensata, perché indurrebbe i cittadini a disertare le urne. Sarebbe la morte della democrazia.”

Sono oramai passati cent'anni da quando, proprio ad opera di Giovanni Giolitti, entrò in vigore la legge elettorale che allargava sostanzialmente a tutti i cittadini maschi il diritto di elettorato attivo (che, in Italia, venne esteso anche alle donne solo nell'immediato secondo dopoguerra). Eppure oggi è forte il distacco e la disaffezione che si registra tra cittadini e mondo della politica, di cui il sempre più alta percentuale di astensionismo alle elezioni è un sintomo evidente. Crede che si stia assistendo ad una involuzione del processo partecipativo dei cittadini alla vita politica ed istituzionale del nostro paese? Quali crede ne siano le cause?
“Mi pare doverosa una premessa: attualmente vi sono leggi elettorali diverse per formare i consigli comunali, provinciali, regionali e il Parlamento nazionale (non dimentichiamo la farsa dei  parlamentari degli italiani all’estero). Le schede sono diventate sempre più complesse. L’elettore, anche esperto e interessato alla vita politica, spesso si trova a disagio nella cabina elettorale. Queste complicazioni sono state ideate dai partiti per confiscare la rappresentanza. I cittadini sono chiamati non a scegliere ma a ratificare. Perciò voltano le spalle ai “riti”, come hanno fatto e sempre più fanno a “cerimonie” che si risolvono in appariscenza, esteriorità e volgarità.”

Nonostante il trend non positivo di cui abbiamo parlato, sono molti i giovani che, quotidianamente e nel generale disinteresse, decidono mettersi in gioco per la propria comunità sviluppando processi politici ed istituzionali: di questo attivismo ne sono esempi lampanti i Forum dei Giovani e le Consulte giovanili che sempre più in Italia rappresentano il primo strumento partecipativo dei giovani. Come crede avrebbe visto, uno statista d'altri tempi come Giolitti, questi esperimenti?
“Nel 1926, a ottantaquattro anni, Giolitti rinnovò  il contratto d’affitto dell’abitazione  in Roma (via Cavour). Sembra banale ma è fondamentale: non aveva una casa di proprietà. Deputato dal 1882  e cinque volte presidente del Consiglio  viveva di una modesta pensione di alto funzionario dello Stato e dei beni della madre, Enrichetta Plochiù, e della moglie, Rosa Sobrero. Ai nipoti, in specie a Curio Chiaraviglio, diceva che l’Italia andava male ma in passato ne aveva vedute di peggiori e si sarebbe risollevata. Credeva nel Rinascimento e nel Risorgimento. E credeva nei giovani, che di generazione in generazione (che poi vuol dire di anno in anno perché ogni anno reca una nuova “leva”) inventano la propria strada, con lo studio e l’impegno, la passione e l’altruismo. Sua figlia, Enrichetta, moglie di un deputato radicale, Mario Chiaraviglio, era fautrice del voto politico femminile. Giolitti seppe invecchiare senza mai dimenticare di essere stato giovane e quindi non cessò mai di rimanere in sintonia con i giovani, come deve saper fare il vero “pedagogo”. Per lui la politica era, appunto, pedagogia, filosofia politica.”

Si è da pochissimo conclusa da XIV edizione della Scuola di Alta Formazione promossa dal Centro. Vuole tracciare qui un breve bilancio dell'iniziativa ed indicare ai nostri lettori le prossime iniziative che avete in programma?
“Il Centro ha tre motivi di conforto: aver concorso a creare nel tempo un cenacolo di giovani studiosi in collegamento dalle regioni più disparate, la pubblicazione di opere documentarie e la proposta all’attenzione pubblica  di temi elusi o lasciati ai margini. Lo scorso anno ci occupammo, quasi in solitudine, della guerra italo-turca del 1911-12; quest’anno della riforma elettorale del 1912-13 con l’occhio all’attualità. Dall’anno venturo  poniamo al centro la Grande Guerra, che per l’Italia costituì la grande sfida, con conseguenze di portata enorme. Ci riannoderemo così al dibattito sulla genesi del fascismo che è stato al centro della seduta inaugurale di quest’anno: la crisi politica dal 1919 al delitto Matteotti e torna nel volume ora in stampa: Mussolini a pieni voti? Inediti sulla crisi del 1922, da Facta al Duce (Edizioni del Capricorno). Vi pubblico, tra altro, i verbali dei due governi Facta e dei primi due mesi del governo Mussolini. Ognuno potrà dire la sua, ma, almeno e doverosamente, documenti alla mano… Questo è il compito che mi sono assegnato al mio primo libro (pubblicato nel 1965, con prefazione di Ferruccio Parri) e che svolgo anche come direttore del Centro Giolitti.”