“E' la fine del numero chiuso. Ora tramite ricorso a Napolitano dentro gli studenti esclusi ”, intervista a Michele Orezzi (Udu)

di Francesco Cannone

A seguito delle ultime vicende giudiziarie sul numero programmato nelle università italiane, ServizioCivileMagazine intervista Michele Orezzi, laureando in farmacia, membro del CNSU e coordinatore nazionale dell'associazione “Unione degli universitari”. (Francesco Cannone)

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Pochi giorni fa il Tar del Lazio ha ammesso all'Università - con riserva, “sino alla definizione del giudizio da parte della Corte costituzionale” - tutti i ricorrenti dell'Udu che non avevano raggiunto il punteggio minimo previsto dai test d'ingresso. Test per accedere a quali corsi di laurea? In che modo il Tar ha motivato questa decisione?
Principalmente di Medicina e Chirurgia, in secondo luogo di Infermieristica, Architettura, Veterinaria, da Milano a Roma, passando per Parma e Firenze. Il Tar ha argomentato qualificando come “illogica” la previsione di un punteggio minimo applicabile che non consente lo scorrimento della graduatoria in presenza di posti vacanti e ha asserito che bisogna fare come se ci fosse una graduatoria unica nazionale e non – com'è ora – tante graduatorie macro-regionali. Quindi, se dimostri che, in un qualsiasi altro ateneo italiano, uno studente è stato ammesso con un punteggio più basso del tuo allo stesso corso di laurea, tu hai diritto ad essere immatricolato nell’università dove hai sostenuto il test.

orezzi_3Sul vostro sito siete in festa, i toni sono trionfali: “I mesi di dicembre 2012 e di gennaio 2013 saranno ricordati come i mesi in cui i Tar di tutta Italia hanno abbattuto il numero chiuso: una vera apocalisse per il sistema di selezione universitaria”. Cosa hanno stabilito di tanto rivoluzionario gli altri TAR?
Siamo riusciti a far entrare in diversi atenei centinaia di studenti aggirando il numero programmato in modi differenti a seconda dei
casi. Al Tar di Campobasso hanno sospeso tutto il concorso; i Tar Abruzzo, Marche e Sardegna hanno fatto rientrare da Romania, Spagna e Belgio i nostri ricorrenti, tutti costretti ad emigrare all'estero; il Tar Firenze ha ammesso quasi 200 ricorrenti all'Ateneo di Pisa; qualche giorno fa e' saltato il numero chiuso a Scienze della formazione a Cosenza e L'Aquila. Adesso il Tar Lazio conferma che se i posti ci sono vanno occupati anche se i concorrenti non hanno raggiunto la soglia al test di accesso. Nei fatti il numero chiuso è sospeso. E' stato riconosciuto che il sistema dovrà cambiare. Il legislatore dovrà fare una nuova legge. Manca solo la sentenza della Corte Costituzionale, siamo fiduciosi che ci darà ragione. In ogni caso, abbiamo  sgretolato un pezzo significativo del muro del numero chiuso, abbiamo creato una falla insanabile (abbiamo sviluppato anticorpi di giurisprudenza per gli anni prossimi), attraverso la quale ora si può passare per entrare nelle università.
Peccato. Bastava che quest'ultima sentenza arrivasse una quindicina di giorni prima e ora potremmo buttare dentro quasi tutti gli studenti esclusi. Ne faremo entrare comunque qualche centinaio tramite un ricorso straordinario al Presidente Napolitano, grazie al quale c'è la possibilità di coinvolgere anche quelli che in primo grado non lo erano, ma i tempi sono stretti. Il termine ultimo per ricorrere in molti casi è scaduto e in molti altri non c'è il tempo occorrente per effettuare effettivamente il ricorso. Ci stanno bombardando di email e telefonate. Noi stiamo facendo il possibile. Chi abbia riportato un punteggio uguale o superiore a 35,25 (per l'anno accademico corrente) che concerne graduatorie pubblicate dopo il 18 settembre 2012 può scrivere direttamente al nostro studio legale: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Hai citato la Corte Costituzionale. Dopo 14 anni, a seguito delle vostre battaglie legali, il 18 giugno scorso il Consiglio di Stato ne ha nuovamente chiesto l'intervento sul sistema dell’accesso programmato, regolato dalla legge 264/1999, argomentando che “la scelta degli ammessi risulta dominata in buona misura dal caso” ed è  caratterizzatala da “palese illogicità, irrazionalità, travisamento, disparità di trattamento, difetto di proporzionalità”. Come commenti?
Sono perfettamente d'accordo. Il sistema è iniquo e casuale.

orezzi_twitter“E' la  fine del numero chiuso”. Sono le tue parole dopo l'ultima sentenza del Tar Lazio. Confermi?
Sì. E' la fine del numero chiuso, almeno per come è stato fino ad oggi.

In realtà, giuridicamente non è la fine del numero programmato se la Corte Costituzionale non muta prima orientamento rispetto alla sentenza 383/1998, con la quale aveva già chiarito la legittimità del numerus clausus. Conosci questa sentenza?
Così, detta a numeri, no.

Con solide argomentazioni fu affermata la compatibilità del numerus clausus con gli articoli 2, 3, 33, 34, 97 e 117 della nostra Costituzione. Fu asserito che l'art. 34.3, prevedendo il diritto di accesso dei “capaci e meritevoli” ai “gradi più alti degli studi”, non solo legittima, ma comporta limitazioni del diritto di accesso fondate sulla preparazione degli aspiranti; che i criteri di accesso all'università non possono legittimamente risalire ad altre fonti diverse da quella legislativa, perché vanno inseriti nell'ambito delle decisioni pubbliche d'insieme che caratterizzano l'indirizzo politico generale dello Stato; che sono le norme comunitarie a fissare per gli Stati membri precisi obblighi di risultato incidenti sull'organizzazione degli studi universitari; che, per alcuni corsi universitari aventi particolari caratteristiche, il numero chiuso è una misura possibile ed adeguata a garantire maggiore qualità d'insegnamento e apprendimento. Difficilmente la Corte negherà tutto questo nella sua nuova pronuncia.
Che il numero chiuso può esserci non vuol dire che debba esserci. Noi siamo per un'università di qualità, ma con accesso libero.

Perché?
Perché l'università deve insegnarti, prepararti. L'università non può selezionarti aprioristicamente, ma deve giudicarti per quello che apprendi in itinere. Non vogliamo un'università che ti lasci sulla porta con nelle mani i sogni di una vita infranti prima ancora di potersi giocare la propria possibilità. Non siamo per una laurea per tutti che svaluterebbe il valore della stessa laurea, ma per un'università  per tutti. Il futuro studente dev'essere libero di scegliere l'università e libero di sbagliare, lo Stato nn può intaccare questo suo diritto.

Rispetto a quei corsi di laurea che portano a infrangersi contro un mercato del lavoro saturo come vi ponete? Penso a giurisprudenza.
E' una questione culturale: siamo abituati a pensare alla laurea come un passaporto per il mondo del lavoro, ma la laurea è anzitutto un accrescimento culturale personale. Uno studente laureato in giurisprudenza non è detto che debba fare per forza l'avvocato o il magistrato; con quella laurea ha più chance anche al di fuori di quel mondo.

Test di medicina. Concretamente, che soluzione prospettate? Modello francese?
In Francia tutti possono iscriversi, ma il test è semplicemente rimandato alla fine del primo anno di università. Sono contrario a questo modello perché l'accesso all'università non è comunque completamente libero, anche se è migliore di quello italiano e può rappresentare una buona soluzione di transizione. 

E quale sarebbe una possibile soluzione definitiva?
Semplicemente rendere più duro il percorso per arrivare alla laurea.

La vostra visione si scontra con gli articoli 33 e 34 della Costituzione italiana e con l'articolo 36 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che recita: “l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito”.
No, non sono d'accordo, dipende da cosa intendiamo per merito. Per me significa liberazione del talento, possibile solo laddove il diritto allo studio è effettivamente garantito. Questo dev'essere l'obiettivo dello Stato: garantire il diritto allo studio e non comprimerlo.