Che raro sia il cancro ma non la cura. Adroterapia: Un raggio che brucia i tumori

di Anna Laudati

Un nuovo approccio per la cura dei tumori rari mette insieme fisici, radiobiologi e medici. La scienza e la medicina per trovare cure sempre nuove ed efficaci devono viaggiare sullo stesso binario verso un’ unica meta: il benessere del paziente. (Caterina Ferrara

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- Raro - Sinonimo di: prezioso, eccezionale, unico, ricercato, pregiato. Sotto questa voce, alla lettera “R” del dizionario, sono presenti circa 30 termini, tutti evidentemente riconducibili ad un’idea positiva.

Ma se la nostra ricerca si riferisce ad una malattia, ecco che l’aggettivo “rara” di colpo cambia senso e assume un significato completamente opposto che sta per: anormale, atipico, introvabile.

Una patologia di questo genere colpisce 5 persone ogni 10000 abitanti, ma i numeri, si sa, mandano sempre un po’ in confusione e il caso merita maggiore attenzione. Una conclusione affrettata, infatti, sembra condurci all’immediata deduzione che la comparsa nella popolazione è bassa, ma basta dare un’occhiata al numero di persone colpite in totale da malattie rare, per scoprire che non sono di certo poche.

E cosa accade, poi, quando la malattia corrisponde nel caso specifico a un tumore? Uno zero bello tondo si aggiunge ai nostri calcoli, perché i tumori rari si presentano ogni 5 abitanti su 100000. Anche stavolta essere precipitosi costituisce un rischio: ogni singolo tipo di neoplasia è da considerarsi raro, ma, presi tutti insieme, i casi di tumori rari sono in numero elevato.

Come se non bastasse, oltre che rare, le patologie in questione sono anche “orfane” e il motivo è intuibile: le industrie farmaceutiche non mostrano il minimo interesse verso lo studio e lo sviluppo di farmaci utili per il loro trattamento, dal momento che si tratterebbe di investire su di un farmaco destinato ad un numero estremamente esiguo di pazienti.

E’chiaro, quindi, che per un paziente oncologico essere affetti da un tumore raro corrisponde ad uno stato di disagio che si complica ulteriormente e gli ostacoli cominciano fin dal momento della diagnosi.

La fase è delicata e al paziente per prima cosa verrebbe in mente di rivolgersi ad uno specialista che magari ha già curato un parente, un amico o che semplicemente gode di fama nel settore. Purtroppo però, essere esperti non è cosa facile quando il numero di casi è ridotto, la quantità di dati relativi ai singoli tumori rari è scarsa, e manca la possibilità di effettuare studi clinici su un numero elevato di pazienti.

C’è da dire, poi, che anche un tumore comune può diventare raro, ciò si verifica in due situazioni: quando nel paziente viene individuata una differenza nella massa cancerosa che si denota solo in pochi casi; quando un tipo di tumore abbastanza frequente colpisce il malato in una parte del corpo inattesa.

A questo punto, diventa importante sottolineare che un tumore raro non è e non deve essere un tumore incurabile o presentare minori possibilità di guarigione rispetto a quelle di un tumore più comune e qui entrano in gioco le nuove tecniche di indagine e di cura per rendere possibile la remissione dalla malattia.

Condrosarcoma, cordoma, melanoma uveale, malformazioni artero-venose sono nomi tutt’altro che tranquillizzanti, ma rappresentano esempi di tumore raro che si avviano oggi ad una possibilità concreta di risoluzione grazie ad una nuova cura che trova spazio e risorse nel nostro paese: si chiama “Adroterapia” (dall’inglese Hadrontherapy) e ha trovato casa qui da noi in Italia, a Pavia, presso il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica).

La novità di questo approccio medico consiste nello schieramento in campo di un curioso team di scienziati che vede impegnati in prima linea i fisici, affiancati a loro volta da radiobiologi e medici.

Si tratta in pratica di una nuova forma di radioterapia che impiega diversi tipi di particelle, adroni, protoni, ioni carbonio, che grazie alle loro proprietà fisiche e radio-biologiche offrono risultati più promettente rispetto ai fotoni normalmente utilizzati nella radioterapia convenzionale già nota ai pazienti.

Gli adroni e, in particolare, gli ioni carbonio, sono in grado di causare delle rotture doppie nel DNA delle cellule cancerogene, attaccando in siti multipli, a differenza dei raggi X e dei protoni che riescono a dare luogo solo a rotture singole nella struttura a doppia elica del nostro codice genetico.

Con questa procedura è possibile colpire i tumori in modo estremamente selettivo seguendone il contorno con precisione millimetrica, risparmiando i tessuti sani circostanti e garantendo un’irradiazione profonda.

Per questi motivi, l’adroterapia è particolarmente indicata per i tumori dell’occhio, del cervello, delle ghiandole salivari, della spina dorsale, della prostata, dell’utero, e in generale di tutti quei tumori localizzati in prossimità di organi critici.

La realizzazione del centro CNAO è partita nel 1995 grazie alla Fondazione TERA, ed è in seguito proseguita grazie alla Fondazione CNAO creata con la legge finanziaria del 2001 e finanziata dal Ministero della Salute. Alla progettazione hanno anche contribuito l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), e in particolare i Laboratori Nazionali di Frascati, e il CERN di Ginevra. Mettendo insieme discipline diverse, strette in un’intensa collaborazione, l’adroterapia ha condotto, dunque, ad una svolta in campo medico ed ha permesso ancora una volta di riconoscere che la scienza e, in special modo, la medicina non può restare confinata nelle sue classificazioni settoriali, ma deve essere, piuttosto, cultura condivisa finalizzata ad un unico scopo: il benessere del paziente.