A tu per tu con Andrea Sarubbi: "E' importante aprire il servizio civile anche ai nuovi italiani"

di Gianfranco Mingione

Giornalista, già conduttore della trasmissione di informazione sociale e religiosa “A sua immagine”, oggi Andrea Sarubbi è deputato del Partito Democratico. Un politico giovane per età ed esperienza, che si è subito distinto, portando all’attenzione dei giovani, soprattutto dei nuovi giovani italiani, una proposta di legge sulla cittadinanza agli immigrati, oltre a mostrare un forte impegno sui temi del servizio civile. In quest’intervista parliamo proprio di tutto questo, di servizio civile, del suo presente e del suo futuro. Parliamo del futuro di tutti i giovani italiani, senza distinguo. (Gianfranco Mingione)

Andrea_Sarubbi

La sua esperienza e conoscenza del servizio civile viene da molto lontano, non è vero?
Sì. Avevo 22 anni, e dopo aver finito gli esami all’Università cominciai il servizio civile al Centro Astalli di Roma: vi svolgevo già volontariato da 5 anni, quindi fu una gioia enorme quando accettarono la mia richiesta. Per un anno potevo servire il prossimo, a tempo pieno: la tesi di laurea era ormai pronta, non avevo nessun altro impegno, quindi vissi quell’esperienza come un’immersione totale nella carità. Ancora oggi – che pure sono sposato, padre di due figli, ed ho il grande privilegio di servire lo Stato nel Parlamento – ricordo quell’anno come uno dei più belli della mia vita. L’uomo politico che sono oggi – ma anche il giornalista che sono stato prima – si è formato respirando quell’aria, stando a contatto con le storie dei rifugiati e dei richiedenti asilo, vivendo in mezzo a volontari di ogni età la passione civile per il nostro Paese e il sogno di un mondo più giusto.

Nonostante il servizio civile sia tra gli esempi di cittadinanza attiva tra e per i giovani di maggior successo, in questi ultimi due anni si è assistito ai crescenti tagli dei finanziamenti per i progetti. Perché in Italia è difficile sostenere progetti formativi di rilievo istituzionale e culturale così nobili sia a livello nazionale, sia a livello internazionale?
In realtà, i tagli procedono ormai da tre finanziarie: da quando, cioè, è cambiata la maggioranza di governo. L’ultima finanziaria di Prodi stanziava, nel fondo nazionale per il servizio civile, poco meno di 300 milioni di euro. Poi, già dall’anno successivo, l’arrivo di Tremonti portò subito un taglio del 43%: da 299 milioni si passò a 171, sostanzialmente invariati (170) nel 2010. Ora, con l’ultima legge di stabilità economica, si taglia di un altro 35%: al fondo previsto dalla legge 230/98 rimangono 112 milioni. Ogni anno che passa, insomma, saltano centinaia di progetti: i posti disponibili nel 2009 erano soltanto 24 mila – il numero più basso dal 2003 – e quelli dell’anno prossimo batteranno in negativo il triste record. Tutto ciò non avviene per una fatalità ineluttabile, ma per alcune precise scelte di politica economica: un taglio complessivo di oltre il 60% nei tre anni di Centrodestra non può certamente essere spiegato soltanto dalla crisi economica. I tagli alla Difesa, tanto per fare un esempio, sono stati nettamente inferiori, e si è trovato anche il modo di far partire la mini-naja… Insomma, è evidente che la formazione alla cittadinanza consapevole – che a mio parere è il risultato più importante del servizio civile – non rientra fra le priorità del momento.

La Commissione Bilancio approverà l'emendamento 3779/XII/1.10, promosso dai lei ed altri deputati del PD, per aumentare di 60 milioni di euro il Fondo nazionale del servizio civile per il prossimo anno?
La risposta, purtroppo, è semplice: non passerà, nonostante il parere favorevole della Commissione Affari Sociali. Quando ne abbiamo discusso, nelle scorse settimane, i deputati della maggioranza hanno votato a favore del nostro emendamento, sapendo bene che si sarebbe arenato contro lo scoglio della Commissione Bilancio o addirittura contro la questione di fiducia. Formalmente, la legge di stabilità è ancora in discussione. Ma le possibilità che l’emendamento passi, visto che il servizio civile è per il governo un ramo secco da tagliare, sono davvero nulle.

La riforma del servizio civile, sulla quale la conferenza delle regioni ha espresso parere negativo, migliorerà il servizio civile e quando si arriverà ad un suo via libera definitivo?
Non credo che questa riforma migliorerebbe il servizio civile: ho anzi l’impressione che, con il sistema ipotizzato dal Centrodestra, si finirebbe per penalizzare molto le associazioni meno “potenti”, se posso permettermi l’espressione, tipo Arci e Caritas. Ma in realtà non so neppure se vedrà mai la luce, data la situazione critica nella quale si trova l’attuale maggioranza: il provvedimento finora è andato sempre avanti a singhiozzo e non mi pare che rientri fra i cinque punti di rilancio dell’azione di governo. Mi sembra, insomma, che abbiano altri pensieri per la testa. Peccato, perché qualcosa si potrebbe riformare davvero: ad esempio, come chiede una proposta di legge presentata da Livia Turco, sarebbe importante aprire il servizio civile anche ai nuovi italiani, sulla base di quanto da anni sta facendo il Comune di Torino.

Quale la valutazione della 'mini naja' ?
È un provvedimento che mi disorienta, sotto una serie di aspetti. Innanzitutto, politicamente: non riesco a capire come si possa da un lato predicare austerità, tagliando il servizio civile per esigenze di bilancio, e dall’altro riuscire a trovare 20 milioni di euro in tre anni per istituire uno stage formativo presso le caserme. Poi, se proprio un ragazzo vuole sperimentare per un periodo limitato che cosa significhi servire lo Stato da militare, esiste già la possibilità della ferma breve di un anno: questa trovata delle tre settimane mi sa molto di reality, con la differenza che i reality li paga la pubblicità e la mini-naja la pagano le tasse degli italiani. Ma il mio disorientamento maggiore è dal punto di vista culturale: mentre si tagliano di un ulteriore 45% le risorse per la cooperazione internazionale, ovvero per le nostre missioni civili all’estero, si rafforza invece l’approccio militaristico. Da obiettore di coscienza, lo confesso, mi vengono i brividi: anziché pensare ai soldati del futuro, io partirei dai cittadini di oggi. Dalla formazione, cioè, di quelle coscienze civili e democratiche che potrebbero essere veramente utili al nostro Paese.

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