Il libro. “Il labirinto degli dei”, Antonio Ingroia ci racconta di mafia e antimafia

di Anna Laudati

Il procuratore aggiunto di Palermo ha presentato a Napoli il suo libro: “Se molti magistrati sentono il bisogno di scrivere è per l’estremo bisogno di essere ascoltati”. (Vinicio Marchetti)

ingroia

È un compito durissimo quello che mi si chiede: descrivere le emozioni trasmesse dalla presentazione di “Nel labirinto degli dei” scritto dal procuratore Antonio Ingroia e edito da Il Saggiatore. Questo esordio s’è svolto alla Feltrinelli di Via Chiaia nella serata di giovedì 27 gennaio.

A far da “cicerone” al procuratore aggiunto di Palermo ci ha pensato il suo collega napoletano Raffaele Cantone, assieme a Gennaro Carillo, Docente di Storia del pensiero politico; Adriana Maestro, coordinatrice dell’incontro e presidente dell’Associazione “Giancarlo Siani”; Raffaele Martino, procuratore aggiunto della Procura di Torre Annunziata e, come nei film di hollywoodiana memoria, con la partecipazione straordinaria di Luigi De Magistris, la cui presenza ha piacevolmente sorpreso tanto noi quanto lo stesso Ingroia.

C’è così tanto da dire che sembra quasi riduttivo rinchiudere tutto all’interno di un solo articolo, ma farò il possibile per non mortificare oltremodo la quantità enorme di spunti e contenuti che c’ha regalato la presentazione di Il labirinto degli dei. Il primo intervento è stato di Adriana Maestro che, sfruttando la ricorrenza con il giorno della memoria, ha paragonato alcuni passaggi dell’opera di Ingroia al capolavoro che fu di Primo Levi “Se questo è un uomo”. Non appare affatto azzardato il confronto tra le barbarie compiute dai mafiosi a quelle di stampo nazista in tempo di guerra. Non da meno, sicuramente, il contributo di Raffaele Martino, uomo che conosce alla perfezione l’atroce peso di affrontare la lotta contro i clan rimanendo a testa alta, sostenuta soltanto dall’infinita forza del proprio dovere civico.

“Il libro di Antonio non parla di eroi, è un termine che lui detesta, parla di quei momenti nella vita di un magistrato che è prima di tutto un uomo. Noi non vogliamo essere eroi, né tantomeno martiri, vogliamo solamente non essere lasciati soli”. Bellissimo e incredibilmente appassionato l’intervento di Gennaro Carillo. Le sue parole, con dovizia di citazioni letterarie illustri, da Sciascia a Tomasi di Lampedusa, hanno arricchito di un velo artistico le icone civili che si stavano celebrando. “In questo libro si affollano descrizioni straordinarie di due inarrivabili servitori dello Stato: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due uomini capaci di opporsi con la loro forza morale al potere delle mafie. Due uomini consapevoli del loro destino ma pronti ad affrontarlo con un fatalismo così poco meridionale. La tecnica, poi, è asciutta. Una prosa dalle capacità narrative molto alte a cui intercala un meraviglioso lessico tecnico giuridico”.

Divertenti e senza la paura di lasciar trasparire affetto e stima per il collega Ingroia, le parole di Raffaele Cantone: “Antonio è un po’ un talebano della magistratura (ride). Uno dei passaggi che mi ha maggiormente colpito nel suo libro è la descrizione del mancato saluto di Marcello Dell’Utri allorché si recava nell’aula di Palazzo Chigi. Antonio spiega, con una chiave di lettura amarissima, quanto per questi individui sia un affronto aprire nei loro confronti un procedimento penale, quasi la violazione di un patto di non belligeranza”.

Ospiti della serata due giovani studenti di Giurisprudenza, Dario Patti e Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo, vittima innocente della mafia. Particolarmente accorato il suo intervento: Il labirinto degli dei racconta storia di coraggio. Come quella di Rita Atria e di Don Pino Puglisi. La presenza del procuratore Ingroia a Napoli, oggi, è significativa per tutta la città”.

Ultimo a prendere la parola, proprio su invito dello stesso Ingroia, è stato Luigi De Magistris: “Oggi sono venuto con immenso piacere. Antonio Ingroia è uno di quei magistrati che ci fa ancora sperare nella giustizia. La gente deve credere in quei giudici che tengono alto il principio di eguaglianza nonostante i continui attacchi del Governo. Questo lo faceva Paolo Borsellino e questo è ciò che fa ora Antonio Ingroia”.

A chiusura di questa splendida serata, ovviamente, il suo protagonista: “Oggi è il giorno della memoria ed è giusto parlare del ricordo di tutti quegli uomini che per noi sono caduti. Il paese sta vivendo un momento delicato. Va riaffermato con forza il principio di legalità. Nella mia vita ho avuto l’onore di collaborare con grandi uomini che erano anche dei pensatori. Loro mi hanno insegnato un modo nuovo di guardare alla storia del nostro paese. E nel libro ho voluto parlare di queste storie. Ho voluto parlare di Paolo Borsellino, di Rita Atria. E proprio questa esigenza narrativa l’elemento che mi ha portato a scrivere. E se così tanti magistrati stanno avvertendo questo bisogno non è per manie di protagonismo, come molti ci accusano, ma solo per l’estremo bisogno di essere ascoltati”.

E come il giovane Antonio Ingroia ascoltava con profonda ammirazione le parole dei suoi maestri, da Rocco Chinnici fino ad arrivare a Falcone e Borsellino, oggi noi giovani possiamo ascoltare le sue. Anche l’antimafia ha la forza per avere i suoi corsi e ricorsi storici.