127 ore: Danny Boyle racconta la storia dell’alpinista Aron Ralston

di Simone Scarpati

Un film claustrofobico per il regista di “The Millionaire” che finalmente trova la sua vera dimensione nel cinema visto come sport estremo. (Simone Scarpati)

127_ore

Aron Ralston è un alpinista americano che da sempre ama praticare il trekking e il biking. All’età di 26 anni decide di intraprendere l’escursione che segnerà per sempre la sua vita nel Blue John Canyon dello Utah. Dopo aver trascorso l’intera giornata in estrema tranquillità, immerso nella natura e tra le bellezze di quell’incredibile paesaggio, Aron incappa nel suo destino rimanendo bloccato da un grosso masso in una crepa del canyon e con il braccio intrappolato alla parete. Prima di riuscire a liberarsi (nella maniera più cruenta che si possa immaginare) passeranno ben cinque giorni; l’assenza di cibo e acqua susciterà nel protagonista allucinazioni e riporterà alla sua mente i tanti ricordi del suo passato.

“127 ore” è un film che sorprende. Innanzitutto, sorprende il fatto che il regista sia stato in grado di concepire un vero e proprio film d’azione attraverso il solo primo piano del protagonista (interpretato da un eccellente James Franco) bloccato per tutto il film in quella crepa. I flashback che raccontano la vita passata di Aron Ralston sono gli unici momenti in cui lo spettatore non vede quel masso che blocca il braccio dell’alpinista.

Sorprende poi il modo in cui Boyle sia riuscito a raccontare una storia di sport estremo e di sofferenza estrema attraverso un uso “estremo” della macchina da presa. Un racconto portato al pubblico attraverso un linguaggio cinematografico che tanto sta a cuore al regista, fatto di alternanza tra ralenti e accelerazioni, di soggettive impossibili e primi piani che tolgono il respiro, di contrapposizioni tra scene (quelle iniziali) che ritraggono luoghi incantevoli ed affollati ed altre che dipingono la solitudine e lo strazio del protagonista.

Ma ciò che più colpisce e fa riflettere lo spettatore è il percorso interiore che in quei cinque giorni Aron Ralston riesce ad intraprendere, raggiungendo una maturazione tale da fargli capire che quella era la sfida che aspettava da tutta la vita, che quel masso stava aspettando proprio lui da 26 anni. Il protagonista capirà che uscirà da quella crepa è ciò che conta davvero, a tutti i costi. Riuscirà a farlo, immolando il proprio braccio reciso con un coltellino.

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