“Oltre la siepe”, Katia Stancato ci racconta il volto operoso della sua Calabria

di Ermenegilda Langella

"Oltre la Siepe. Racconti della Calabria in Opera" è il titolo del libro di Katia Stancato il cui nome e volto sono, da anni ormai, associati alla Regione Calabria. (Ermenegilda Langella)

copertina_oltre_la_siepe Presidente di Confcooperative Calabria prima e portavoce del Forum del Terzo Settore oggi, la'utrice si è sempre adoperata per esportare il volto "buono" della sua terra, depurato da facili e banali stereotipi che vogliono la Calabria troppo semplicemente associata alla ndrangheta, all'omertà, all'inoperosità con buona pace di chi, desideroso di fare e di essere, sembrerebbe avere come unica possibilità l'emigrazione.

L'autrice ci accompagna, attraverso le sue pagine, in un viaggio che evidenzia l'esistenza di una Calabria diversa, fatta di donne e uomini che attraverso il loro lavoro e il loro impegno nel sociale fanno grande la Calabria o, quantomeno, le tolgono di dosso ombre e tinte fosche. La Calabria descritta da Katia Stancato, pur non senza difficoltà e contrasti, è spesso la terra non di chi ci nasce, ma di chi decide di viverci nonostante tutto, quasi una missione, una scelta di vita e non una conseguenza logica dettata dai natali.

Servizio Civile Magazine ha intervistato l'autrice.

foto_katia_stancatoSembrerebbe che la “cooperazione” intesa come “condivisione” sia tra i valori portanti che i protagonisti del suo libro hanno in comune, condivisione tesa alla collaborazione egualitaria e paritaria di tutti i soggetti che prendono parte ai singoli progetti. Questi progetti però non sempre hanno una natura esclusivamente “sociale”, ma anche meramente economica, come crede sia possibile far coincidere i valori che animano il sociale con le brutali regole del mercato?
Lo scontro tra logica del capitale e logica della solidarietà è solo apparente: il dono è l'atto gratuito di una persona solidale mentre lo scambio è il gesto interessato di chi riceve in cambio un servizio o un bene. Ma d'altra parte, una economia che non si basasse anche sul dono, sulla solidarietà, sul senso della comunità, sarebbe un meccanismo tragicamente insensibile e crudele. Per uscire da questo periodo di crisi abbiamo la necessità di ritrovare una visione dell’economia e della società, che riporti con forza le persone nell'insieme dei fini e l'economia in quello dei mezzi. Strumenti come la cooperazione, le imprese sociali o le imprese con un elevata responsabilità sociale - che significa attenzione all’ambiente, alla salute dei lavoratori, valorizzazione dei territori  - vanno in questa direzione

Ogni esperienza descritta nel suo libro sembrerebbe legata a filo doppio con l’esperienza ed il percorso di fede di ogni protagonista. Quasi che in Calabria esistano buoni o cattivi cattolici, ma non esperienza di vita degne di nota al di fuori di tali percorsi.
In Calabria, nel Sud e nel resto d’Italia semplicemente ci sono persone giuste che fanno dell’impegno coerente per la legalità, l’attenzione agli altri, e l’amore per la propria comunità il fulcro della loro vita personale e professionale. Poi ci sono i mafiosi che con le loro attività tentano ogni giorno di soffocare la libertà e la speranza dei nostri territori e delle persone che li vivono. Questa è l’unica distinzione che riconosco.

La coesione sociale, come modello di sviluppo, è tra i messaggi positivi che vengono lanciati nel suo libro. Come pensa si possa alimentarla soprattutto in territori in cui è la diffidenza verso l’altro a farla da padrona?
Tutti sperimentiamo nel vivere quotidiano, soprattutto al Sud, che siamo capaci di manifestare coesione, fratellanza e cooperazione nel nucleo ristretto familiare. Al di fuori di esso regna infatti l'individualismo e l'egoismo sociale. A maggior ragione in questo momento di crisi, quel che sembra dominare la scena pubblica è la paura, il pessimismo, l'isolamento. Davvero la crisi sta mettendo a rischio gli equilibri consolidati della nostra vita sociale e noi abbiamo bisogno di ritrovare un pensiero forte, capace di guidarci e di portarci fuori dal guado. Ecco, la visione di cui abbiamo bisogno è riassunta nella parole solidarietà e cooperazione.

Nel suo libro sostiene che la disoccupazione alle stelle e l’eterna precarietà in cui si vive in Calabria sono frutto di un piano ben preciso attuato ad opera della ‘ndrangheta e non certo il risultato di cultura e inettitudine della classe politica. In questo modo non crede che si rischia di “mitizzare” la ‘ndrangheta come “cosa altra” da quello che in realtà è e cioè un insieme di uomini e donne ben inseriti nel tessuto sociale, economico e politico della regione e dell’intero Paese?
La condizione drammatica del lavoro, soprattutto giovanile e femminile, è senz’altro il risultato dell’inefficacia dell’attività di un’intera classe dirigente del sud che, come è ovvio, è soprattutto quella politica ma non solo quella. La mafia, la n’drangheta, la camorra sono organizzazioni radicate e inserite in tutti gli ambiti della società più di quanto si possa immaginare. Esse esercitano il controllo del territorio tanto più se le persone rimangono in uno stato di dipendenza, di bisogno, di povertà, di incultura. In alcune aree della mia regione la ‘ndrangheta, attraverso i suoi gregari, controlla servizi essenziali per i cittadini, dalla sanità al collocamento al lavoro. Controlla e condiziona le imprese ai quali impone manodopera aggregata. Controlla finanziarie e giri di usura per l’erogazione di credito che le banche non sono disponibili a concedere a famiglie ed imprese. La ‘ndrangheta controlla la vita delle persone e attraverso questa strategia continua ad esercitare il suo potere. Non ha interesse a favorire lo sviluppo, né economico né culturale. A prima vista quel che vogliono è la libertà di agire indisturbati, per raggiungere posizioni di potere e accumulare grandi ricchezze. Ma questa è solo la punta di un iceberg. Quel che vogliono davvero è qualcosa di più e di più inquietante: l'obiettivo di questa sfida, la ricompensa, è la nostra umanità, il nostro progresso civile, la nostra essenza di persone.

Come lei sottolinea nel suo libro, non si forniscono ai giovani delle reali alternative affinchè non considerino appetibili certi inviti al guadagno facile. Non crede che per far si che un giovane rifiuti la logica del guadagno facile, e le sue naturali implicazioni (criminalità organizzata), si debba partire dalla costruzione di una mentalità volta alla legalità e alla dignità del lavoro?
E’ vero che spesso i giovani sono attratti dai guadagni facili e non solo. In questo contesto, allora, dobbiamo chiederci: cosa è il lavoro? La nostra politica non è stata in grado né di trovare soluzioni materiali, concrete, ma nemmeno di costruire un desiderio d'avvenire collettivo. Ecco allora qual è il nostro compito, lo dico anche come rappresentante del Terzo Settore: creare economia e portare, allo stesso tempo, una visione. Le associazioni, le non-profit, le cooperative non solo creano posti di lavoro ma diffondono un'idea di società, un'idea di Paese. Il messaggio del libro è in sostanza questo: non esiste sola la Calabria della malasanità e della ‘ndrangheta. Esiste una Calabria che può stupire l’Italia attraverso il racconto di esperienze molto concrete di imprese, associazioni e persone che si danno una mano, che collaborano e cooperano, che lavorano e insieme sperano, e così facendo ricreano le fitte maglie del tessuto sociale.

Come portavoce del Forum del Terzo Settore quale pensa sarà il futuro del welfare in Italia, ma soprattutto con l’attuale situazione economico-politica del paese pensa sarà possibile difendere e sostenere adeguatamente il settore?
Credo che la crisi, la politica dei tagli lineari, perpetrata nell’ultimo decennio ai danni dei Fondi per le politiche sociali, e la carenza di programmazione e di investimento da parte delle regioni del Sud sul settore hanno generato gravi danni al nostro sistema di welfare. E allora cosa possiamo fare, soprattutto come Terzo settore? Come società civile organizzata?
In generale scegliere con maggiore responsabilità la politica che governa le istituzioni, incominciando da quelle locali. Scegliamo una classe dirigente che sappia confrontarsi sul tema del welfare come opportunità e sviluppo e non come costo.
Su questi temi, i contenuti del libro tracciano una direzione da perseguire, in questo senso mi piace dire che “Oltre la siepe” ha un valore politico: la Calabria che descrivo è una risorsa non solo per noi che ci viviamo ma per tutti. È il segnale che ogni crisi si può superare, è l'esempio che oggi tutto il paese aspetta.