La pace è la protagonista della "Mostra di Venezia 2009"

di Anna Laudati

Il Leone d’Oro della 66ma Mostra d’Arte Cinematografica Internazionale è stato assegnato a “Lebanon”, un film contro la guerra e con protagonisti quattro giovani costretti a combattere  (di Alessandra Alfonsi)

immagine_del_film1.jpgSabato  12 settembre presso il Palazzo del Cinema di Venezia si è conclusa la 66ma edizione della Mostra d’Arte Cinematografica Internazionale, in programma dal 2 al 12 settembre, che ha consegnato il Leone d’Oro a “Lebanon”, opera prima del regista libanese Samuel Maoz. Il regista ha dedicato il premio "a quelle migliaia di persone che sono tornate dalla guerra: apparentemente sani e salvi, persone che camminano, si sposano, fanno figli, ma con il ricordo infisso nelle loro anime. Migliaia di persone che hanno imparato a vivere e a sorridere con il dolore.

La morte alimenta la guerra. Quando smetteremo di uccidere – ha affermato Maoz - smetteremo di fare le guerre. Mi sembra ingenuo, ma mi piace credere che il film possa aprire le menti delle persone". “Lebanon”, girato e pensato all’interno di un carro armato, racconta alcuni episodi della prima guerra del Libano del 1982. Protagonisti sono un carro armato e un plotone di paracadutisti, che vengono mandati a controllare una piccola città nemica, da poco bombardata dall’aviazione israeliana. Per loro però la missione si trasformerà in una vera e propria trappola mortale: costretti a rimanere nella città, saranno circondati dalle truppe siriane in totale assenza di comunicazione con il comando centrale. Non è la prima volta che al Festival di Venezia l’ambito Leone viene assegnato ad un film che mostra, attraverso il linguaggio cinematografico, la barbarie della guerra per trasmettere messaggi d’amore e di pace: la laguna veneziana, pur essendo ad ogni edizione sempre al centro di polemiche e dibattiti molto accesi, ha privilegiato spesso quelle opere che sanno raccontare il lato più drammatico della società. Nel lontano 1959 il regista italiano Mario Monicelli vinse il Leone D’oro per il capolavoro “La Grande Guerra”, una commedia amara che rappresentava un inno al pacifismo e alla fratellanza.

Del resto lo stesso film “Lebanon” ha molti elementi in comune con il film di Monicelli, a partire dall’individuazione degli eroi del film. Come nel film italiano il milanese Busacca e il romano Jacovacci, che per tutto il racconto filmico cercano di scappare dalle trincee, sono i veri eroi, in “Lebanon” gli eroi sono una squadra di carristi formata da quattro ragazzi di vent’anni – Shmulik, l’artigliere, Assi, il comandante, Herzl, l’addetto al caricamento dei fucili, e Yigal, l’autista – costretti dall’esercito nazionale ad uccidere, senza mostrarsi coraggiosi e senza essere interessati a combattere e a sacrificarsi. Il film ha vinto anche un premio collaterale il Premio Padre Nazareno Taddeo sj perché, come chiarisce la motivazione della giuria presieduta dal critico cinematografico Paolo Mereghetti, il film esprime autentici valori umani con il miglior linguaggio cinematografico. Questa 66ma Mostra di Venezia ha celebrato attraverso la proiezione delle pellicole la memoria e il ricordo degli eventi storici per ribadire la difesa dei diritti: il Leone d’Argento per la migliore regia, infatti, è stato consegnato all'iraniana Shirin Neshat per il film Women Without Men. La regista ha definito la sua opera come un progetto d’amore che trasmette un messaggio di libertà e di democrazia rivolto al governo dell’Iran per la salvaguardia dei diritti umani di base.