Riforma forense: la risposta degli studenti della Federico II

di Francesco Cannone

Mercoledì 31 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato la riforma forense, nuova disciplina dell’ordinamento della professione. Immediata la reazione degli studenti di giurisprudenza. (Francesco Cannone)

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Riforma forense (AC 3900-A, S. 601-711-1171-1198) approvata dalla Camera dei Deputati. Il testo è ora in Senato per la seconda lettura e per la conclusione del suo iter legislativo. La Commissione Giustizia del Senato ha fissato il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti al 26 novembre. I tempi della legislatura stringono. L'approvazione definitiva potrebbe arrivare – senza modifiche sostanziali, auspica la maggior parte degli Ordini forensi – per metà dicembre. Nel frattempo, si fanno sentire gli studenti di giurisprudenza, cui questa riforma non piace, nella parte in cui rende ancora più difficile il percorso del giovane giurista, in particolar modo per gli aspiranti avvocati. Per poter semplicemente sostenere l'esame di abilitazione, infatti, sarà necessario non solo svolgere un tirocinio presso uno studio professionale come praticante avvocato in forma continuativa per 18 mesi, dei quali non più di sei anche durante l’ultimo anno del corso di laurea, perché il testo impone pure (qui la novità) “frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a 18 mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché ́ dagli altri soggetti previsti dalla legge”. Quanto costeranno questi nuovi corsi? Nulla è detto a riguardo. Essi si sostituiranno a quelli – pur inutilissimi e di durata biennale – delle Scuole di Specializzazione in Professioni Legali, che, però, avevano costi contenuti e, soprattutto, consentivano di aver accesso anche al concorso di uditore giudiziario. Così, invece, in un difficilissimo momento economico, si impone al giovane giurista una scelta gravosa che non ci si può permettere: avvocato o magistrato? Ma non finisce qui. Si complica anche lo stesso esame di abilitazione, che continuerà a essere sostenibile solo una volta all'anno: le prove scritte si svolgeranno con il solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali, mentre per la prova orale viene meno la libertà di scegliere su quali materie sostenere l'esame conformemente al tipo di pratica svolta. Essa verterà su: ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale.

 

“Giustizia più efficiente con un'avvocatura ad alta qualificazione”, sostengono i deputati che hanno approvato la proposta di legge e guardano con apprensione al lavoro del Senato. Mentre, dall'altra parte, gli studenti di giurisprudenza, tutti insieme al di là degli orientamenti politici personali e dei singoli gruppi, si uniscono e si organizzano per far valere il loro “no”, per difendere il proprio futuro. Di seguito, il documento approvato dal Consiglio degli Studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell' Università “Federico II” di Napoli, solo la prima di una serie di iniziative contro il provvedimento in discussione.

"LETTERA COMUNICATO CONTRO LA RIFORMA:

Noi studenti della Facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli contestiamo apertamente la riforma forense approvata alla Camera il 31 ottobre. Non ci sentiamo rappresentati da chi sostiene questo progetto di legge volto formalmente a ridisciplinare il settore forense.
Dopo anni di studio e sacrificio non solo per gli studenti, ma anche per le loro famiglie costrette a sopportarne il gravame economico, i nostri parlamentari pensano che il ridimensionamento del numero degli avvocati in Italia possa essere ottenuto con l’iscrizione obbligatoria ad una scuola di specializzazione a pagamento. Una scelta deprecabile che crea un filtro di natura meramente burocratica e a parer nostro anticostituzionale in quanto lede i diritti dei “meritevoli privi di mezzi”.
Tutto questo crea un sapore corporativo. Il filtro che la classe politica ha intenzione di creare vede, tra l’altro, la possibilità di sostenere l’esame di abilitazione solo una volta l’anno. E’ inimmaginabile una limitazione di questo tipo considerando gli esiti degli ultimi esami di Stato e considerando che nella migliore delle ipotesi, se si è ammessi, trascorra un anno e mezzo prima dell’iscrizione all’Albo.
E’ incoerente un sistema che preveda da un lato la riduzione a diciotto mesi del tirocinio, di cui sei anticipati, e dall’altro l’obbligatorietà della scuola forense. In questo modo si prolunga la partecipazione alle lezioni ex cattedra e si svilisce l’intensità della pratica tanto auspicata dopo anni di studio. Questa è una riforma che non crea alcun tipo di stabilizzazione e di indipendenza reale per lo studente neolaureato in Giurisprudenza.
E’ una riforma che per limitare il numero degli avvocati in Italia pensa a qualsiasi rimedio giocando al gioco del bastone e della carota. Dobbiamo ripartire pensando alle vere falle del sistema e favorire una riforma che riconsideri un modello a misura di giurista.”