L’abbrutimento dei civili. Perché?

di Anna Laudati

“La natura primitiva degli uomini antichi e delle genti selvagge e incolte non è più la natura nostra: ma l'assuefazione e la ragione hanno fatto in noi un'altra natura”. Così scriveva Leopardi nelle Operetta Morali, auspicando un “incivilimento dei bruti” per l'uomo del XX secolo. (Gerarda Pinto

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La cronaca odierna, invece, ci mostra come la nostra quotidianità è permeata dalla violenza, in cui prevale la natura primitiva dell'uomo. Liti tra vicini di casa, in famiglia, tra compagni di scuola, in fila presso uno sportello sfociano in veri e propri atti di violenza.

Un caso esemplare è l'episodio di aggressione avvenuto a Roma venerdì 8 ottobre, un ragazzo, Alessio Burtone, ha ucciso con un pugno un'infermiera rumena Maricica Hahaianu. E' interessante sottolineare come la famiglia del ragazzo imputato di omicidio preterintenzionale ha sostenuto fin dal primo momento la non intenzionalità del gesto, descrivendolo come un ragazzo educato, onesto e profondamente pentito.

Altro caso eclatante è la storia di un tassista trentunenne massacrato di botte per aver travolto un cane, che senza guinzaglio aveva attraversato la strada. Ma cosa spinge un uomo apparentemente “normale” a reagire con tanta violenza? Perché pretesti futili si trasformano in valvole di sfogo di un'ira incontrollata e incontrollabile?

Le ricerche eseguite dagli psicologi, sotto la spinta degli scritti di Miller, Mowrer e Sears, hanno cercato i fattori connaturati nell'uomo che lo rendono aggressivo. Questi specialisti hanno rilevato che c'è una stretta connessione tra aggressività e frustrazione; l'aggressività non sempre è diretta all'agente frustrante ma può essere spostata verso persone od oggetti differenti da esso.

La frustrazione nasce dall'odio verso la società post-moderna che ha dato tutto ma non ha lasciato più nulla da andare a cercare. Non ci sono più miracoli, ma solo istruzioni per l'uso”, diceva Kafka. Si vive ingabbiati, occupandosi della vita come una seria di azioni da svolgere. Le gabbie sono le convenzioni, i pregiudizi, l'apparenza, il tempo scandito da orologi non biologici ma industriali. L'evasione è un ritorno al primitivo, all'istinto, all'animalesco.

E' giusto che l'opinione pubblica consideri assassini questi uomini, certamente colpevoli, ma essenzialmente guidati da un istinto vilento? A tutti è capitato di agire secondo l'istinto, di colpire seppure con le parole le persone che abbiamo intorno e che ci sono care. Il giovane Alessio, quel “bravo ragazzo”, Alessio il figlio, l'amico caro, il collega, il vecchio compagno di giochi è diventato un assassino per l''Italia intera.

“Alessio uno di noi”, gridano i suoi amici. Lo stesso pugno che avrebbe potuto avere conseguenze minori, venerdì lo ha reso un Mostro. L'intensità del colpo, l'intenzionalità del gesto e il tragico epilogo rendono questa vicenda una triste storia. Non è la morte della donna che lo rende barbaro, Alessio è ritornato allo stato di natura, alla matta bestialità.

Non giustifichiamo Alessio, e  gli altri protagonisti di queste brutte storie, ma invitiamo tutti a riflettere prima di gridare al mostro e all'assassino, e a fermarsi un attimo quando e se anche a noi o ad un nostro familiare, capiterà per una volta nella vita, di trovarsi particolarmente tesi nel momento in cui si ci troverà a discutere in maniera violenta con una qualsiasi persona. Pensare prima di agire e anche di parlare è fondamentale!

(foto: entilocali.rdbcub.it)