Concluso il progetto “Un viaggio virtuale in Asia, Africa, Europa e America”

di Ermenegilda Langella

“Un viaggio virtuale in Asia, Africa, Europa e America” per fare della diversità un progetto di condivisione e arricchimento. Intervista a Pierpaola Cascione, referente del progetto per la Onlus Centro Astalli Sud. (Ermenegilda Langella)

viaggio_virtuale_asia_africa_europa_america Questa mattina, presso l’Auditorium CaivanoArte a Caivano, si è tenuto l’evento conclusivo del progetto promosso dal Centro delle Diversità dal nome “Un viaggio virtuale in Asia, Africa, Europa e America”, che ha coinvolto oltre 3000 giovani da tutto il mondo. Sono stati presentati i risultati dei primi due anni di attività, con la partecipazione degli studenti, degli operatori e dei volontari stranieri che hanno dato vita all’iniziativa partita nel 2010.

 

Il Centro delle Diversità nasce dalla collaborazione di quattro realtà associative della provincia di Napoli e Caserta (Centro Astalli Sud, Cantiere Giovani, CAM e Centro Ozanam), che hanno dato vita ad un luogo dove il confronto tra individui trova uno spazio permanente di attuazione, con percorsi didattici, eventi aggregativi e laboratori rivolti a scolaresche e a minori italiani e stranieri, attraverso un viaggio ideale tra i continenti.

Nel corso di questi due anni sono stati coinvolti 80 giovani stranieri impegnati in varie attività di socializzazione e aggregazione, 10 scuole dell’area nord di Napoli con oltre 1500 studenti vi hanno preso parte, alternando attività culturali e momenti didattici diversi: animazioni multimediali, discussioni collettive, giochi creativi e lavori manuali. Questi percorsi ludico-didattici sono stati realizzati da operatori esperti in educazione interculturale e da volontari stranieri che, accolti in Italia grazie a progetti di volontariato internazionale, di volta in volta hanno supportato gli operatori permettendo ai giovani scolari di conoscere usi, costumi, tradizioni e cibi dei loro paesi. Un viaggio virtuale in Asia, Africa, Europa e America che rappresenta un’opportunità di sviluppo per nuove forme di convivenza stabili e positive.

Servizio Civile Magazine ha intervistato Pierpaola Cascione, la referente del progetto per la Onlus Centro Astalli Sud.

Il lavoro svolto in questi anni voleva, evidentemente, distruggere degli stereotipi che spesso accompagnano la “diversità”. Lavorare con dei bambini e ragazzi molto giovani, farebbe presupporre, come base di lavoro, una tabula rasa su cui è più facile innestare il seme dell’inclusione e dell’apertura nei confronti del diverso da sé. E’ stato così o vi siete trovati a lavorare anche con stereotipi già formati e magari difficili da sradicare?
In realtà i bambini sono come una spugna, assorbono rapidamente tutto quello che gli sta intorno ed inevitabilmente anche quello che sentono. É accaduto molto spesso che arrivassero al centro delle diversità con delle idee già stereotipate, ripetendo frasi che avevano ascoltato in televisione o dai genitori, alcuni di loro erano convinti che raccontassimo frottole perché non è possibile che la televisione si sbagli! Solo alla fine della giornata era possibile vedere in loro un ripensamento, grazie al lavoro degli operatori, ai volontari che raccontavano a viva voce del proprio paese e delle proprie abitudini e grazie ad attività proprie dell'educazione non formale, che permettevano ai bambini di sperimentarsi personalmente e di vivere situazioni nuove tramite il gioco.

Come avete presentato la diversità affinché fosse percepita come valore e non come un limite?
Molto utile è stata la presenza dei volontari stranieri, i quali hanno fatto scoprire ai piccoli ospiti del centro delle diversità che il mondo è molto più vasto di quello che immaginavano, che esistono non solo cibi, modi di vestire, modi di mangiare, abitudini diverse, ma anche giochi e storie diversi in ogni paese e solo attraverso lo scambio e la conoscenza dell'altro è possibile arricchirsi e quindi anche divertirsi di più!

La curiosità innata dei bambini/ragazzi ha favorito questa esperienza? E se si attraverso quali strumenti è stata stimolata?
Assolutamente si, come dicevo prima i bambini sono come spugne e sono aperti a qualsiasi novità. É stato importante il supporto dei volontari, che hanno permesso ai ragazzi di confrontarsi con loro, conoscerli e fare domande, sfatando falsi miti sentiti in giro. Hanno scoperto per esempio che non tutte le ragazze ucraine fanno le pulizie e non tutti gli africani sono marocchini.
Molto utile è stato anche strutturare i percorsi sotto forma di gioco e utilizzare delle attività che permettessero ai piccoli di divertirsi e di apprendere cose nuove. Sono stati proiettati dei video, si sono organizzati giochi con le prole e insegnato loro  diversi alfabeti; sono stai allestiti assaggi di cibi stranieri... In questo modo hanno avuto la possibilità di sperimentarsi e toccare con mano cose che prima consideravano lontanissime.

Pensa che questi ragazzi una volta adulti conserveranno questa esperienza come fonte di apertura e accoglienza nei confronti degli altri?
Sicuramente si. Molto spesso era possibile notare la differenza tra quando arrivavano e quando andavano via. All'inizio un po' diffidenti verso persone che non conoscevano e che magari non parlavano la loro lingua, alla fine entusiasti della nuova esperienza dichiarandosi grandi amici delle persone che li avevano accolti inizialmente. Non posso dire che tutti se ne ricorderanno o faranno tesoro di quanto appreso, ma sono certa che abbiamo toccato molti di loro e questi sapranno fare buon uso della mattinata passata assieme a noi

Acclamata la positività di questi progetti perché secondo lei non si propone un percorso didattico permanente che stimoli all’inclusione?
Questo è il senso del Centro delle Diversità e questa è stata la direzione in cui abbiamo lavorato. Nel corso dei due anni si è creata una rete di collaborazioni fittissima non solo tra i partner del progetto, ma anche con le altre organizzazioni presenti sul territorio e soprattutto con le scuole che ci contattavano per assicurarsi la propria adesione ai percorsi mattutini o per chiederci sostegno nel caso dell'arrivo di un nuovo alunno straniero. Finiti i percorsi didattici la mattina, infatti, il pomeriggio il centro delle diversità si trasformava in luogo dove i piccoli stranieri potessero imparare la lingua italiana ed avere supporto scolastico, nonché in luogo di aggregazione per gli adulti, soprattutto le mamme che accompagnando i figli hanno trovato un luogo dove passare del tempo assieme scambiando due chiacchiere. Noi ci auguriamo che questa fitta rete non si interrompa ma che, con l'aiuto delle istituzioni, possa continuare a crescere.

Crede che le nostre scuole, caratterizzate per la presenza di molti figli di immigrati, soprattutto in certe zone della Campania, facciano abbastanza per l’integrazione di questi bambini e per la conservazione delle culture a cui appartengono?
Io non sono campana ed avendo vissuto diverso tempo all'estero non conosco bene la realtà territoriale, ma da quello che ho potuto notare dall'esperienza con il centro delle diversità sicuramente la scuola dovrebbe investire di più nell'integrazione dei bambini stranieri. Nella maggior parte dei casi mancano i mediatori culturali che possano accompagnare il piccolo nell'inserimento nella nuova scuola e non esistono dei programmi specifici per ragazzi stranieri, o per lo meno non vengono applicati. Tutto dipende dalla sensibilità dell'insegnante di turno che a sua volta viene lasciato solo nella gestione della situazione, molto lavoro in questo senso viene fatto dalle associazioni di volontariato i cui fondi purtroppo sono limitati e a loro volta ricevono scarsi sostegni.