Rom, la sfida dell’integrazione a Napoli. Concluso il progetto “Int.RE.C.C.I”

di Ornella Esposito

Il progetto “Int. Re.C.C.I.” volto all’accoglienza, socializzazione ed integrazione delle persone Rom nella IX Municipalità del Comune di Napoli, è giunto a conclusione. Intervista alla dott.ssa Angelica Viola della Cooperativa sociale “l’Orsa Maggiore” che ha gestito gli interventi. (Ornella Esposito)

rom_napoli Tra le grida festanti di bambini rom e dei loro amici napoletani, si è concluso  il 4 Giugno presso il Centro comunale di supporto territoriale di Soccavo, il  progetto “Int.RE.C.C.I.”- Interventi Relazione Cultura per Crescere Insieme- finanziato dal P.O.N. Sicurezza del Comune di Napoli, e gestito dalla Cooperativa Sociale “L’Orsa Maggiore” che da anni opera in una delle periferie più difficili  della città.

Il progetto è durato un anno, e la sua particolarità è consistita nell’offrire alla comunità rom, ospitata presso una struttura comunale, servizi  di sostegno, supporto e promozione. Non solo, dunque, la mera accoglienza abitativa, ma interventi volti all’integrazione e all’abbattimento dei pregiudizi nella convinzione che solo un’azione integrata possa dare risultati efficaci in termini di qualità della vita e pacifica convivenza.

ServizoCivileMagazine ne ha parlato con la dott.ssa Angelica Viola, Presidente della Cooperativa sociale “L’Orsa Maggiore” che ha realizzato le attività.

In cosa è consistito praticamente il progetto “Int.RE.C.C.C.I”?
Nello specifico “Int.Re.C.C.I.”-Interventi Relazioni Cultura per Crescere Insieme- ha previsto le seguenti azioni:

  • di supporto sociale (presso il Centro di accoglienza Deledda reso disponibile dal Comune). Il lavoro è  consistito nell’offrire uno spazio quotidiano e costante di ascolto ed accoglienza ai rom, nonché di condivisione delle difficoltà personali e familiari e di collegamento alla rete dei servizi.
  • educative, ossia attivazione del servizio di asilo nido per i bambini da 6 ai 36 mesi, integrazione scolastica dei bambini dai 3 ai 10 anni attraverso uno spazio di studio, ed integrazione sociale di bambini e ragazzi dai 6 ai 16 anni per i quali è stato curato l’avvicinamento e la regolare ferquenza a scuola.
  • formative, ossia realizzazione di cinque percorsi formativi e preprofessionalizzanti: alfabetizzazione della lingua italiana, agricoltura, edilizia, cucina e cucito per gli adulti della comunità ospite del Centro Deledda.

Quali sono state le sfide affrontate, e quali i risultati raggiunti?
La sfida è stata quella di ampliare il raggio di intervento verso la comunità rom ospite presso il centro territoriale Deledda, favorendo soprattutto connessioni tra le opportunità proposte agli adulti (genitori e nonni) finalizzate alla ridefinizione del proprio progetto migratorio, e le opportunità di inserimento dei bambini presso i servizi territoriali.
Registriamo elementi di attrito al buon esito di questo percorso.

Se e quali criticità si sono evidenziate in corso di realizzazione del progetto?
Questioni ancora da trattare sono la progettualità della nostra Amministrazione sul tema dell’accoglienza dei migranti. Soprattutto relativamente a quali debbano essere i servizi alla persona, e le risorse destinabili ai percorsi per l’integrazione. Un problema “vivo” è quello del riconoscimento della residenza dei nuclei familiari presso il Centro comunale di supporto, da cui conseguono altre importanti questioni: il riconoscimento delle ore di sostegno scolastico anche per i bambini stranieri che ne potrebbero avere esigenza, e dei percorsi di sostegno alla genitorialità, in particolare per le coppie in età adolescenziale.

“Int.RE.C.C.I.” è terminato. Ed ora? Quali sarebbero gli interventi necessari, secondo lei, per una buona convivenza tra i migranti rom e gli autoctoni?
Il processo avviato, in particolare per quanto attiene all’erogazione di servizi specifici e finalizzati alla connessione con la rete istituzionale e del terzo settore presente in città,  necessita certamente di approfondimento. Questo è infatti l’inizio di un percorso che mira all’apertura ed all’accoglienza, ad abbattere i pregiudizi, ma certamente se  non se ne prevede una prosecuzione,  l’idea di azioni culturali educative e formative per l’inclusione resterà solo un’utopia.