Le pieghe di una generazione nella palude

di Francesco Gentile

(di Francesco Enrico Gentile)

1_francesco_gentile“Preoccupazione crescente, più di ogni altro, suscita l’opprimente carenza di opportunità di lavoro e di prospettive per il futuro che suscita in molti giovani sfiducia se non rinuncia […]”. Bastano queste parole del Presidente della Repubblica e contenute nel messaggio indirizzato al Presidente dello Svimez Giannola, per dare la misura del quadro drammatico emerso dal Rapporto Svimez 2013.

Qualche cifra: Il tasso di disoccupazione  degli under 35 è salito nel Mezzogiorno al 28,5%, dieci punti in più rispetto al 2008.

Dei 3 milioni 337mila Neet, giovani dai 15 ai 34 anni che hanno rinunciato sia a cercare lavoro che a intraprendere percorsi di formazione, 2 milioni sono donne e 1 milione e 850mila si trovano al Sud. Fra gli inattivi al Sud i diplomati sono il 33,7% e i  laureati il 27,3%.  Poche cifre che danno il quadro complessivo di una situazione sociale ed economica prossima all’esplosione.

In  pratica quasi un’intera generazione è ferma, immobile, sfiduciata e arresa. Energie a parcheggio, sottoposte al logorio del tempo che passa, costrette in una apatia  che può assumere le forme della ribellione anti-sistema con esiti imprevedibili.

La questione Neet, unita alla disoccupazione giovanile e all’atavica arretratezza meridionale, rischia di essere una miscela esplosiva.

Immaginare di interloquire con questo pezzo di tessuto sociale stanco e sfiduciato utilizzando i tradizionali canali dell’interlocuzione sociale e civile è da folli.

Con chi ha scelto di restare in panchina, a guardare, occorre parlare con il linguaggio della verità e della soluzione,e non con quello della “speranza” o delle promesse.

La ricerca di soluzioni sistemiche , e non di risposte tampone, a quella che possiamo definire “la desertificazione giovanile”italiana passa da una revisione vera dei paradigmi pubblici del Paese e da un nuovo patto sociale.

Nello specifico: dalla sfida dell’inclusione di milioni di giovani non posso sottrarsi né il pubblico né il privato. Lo Stato dichiari priorità assoluta la lotta all’esclusione giovanile, i sindacati si impegnino a tutelare e sostenere questo sforzo e il sistema imprenditoriale investa sulle giovani generazioni.

Agire qui ed ora per recuperare, al Paese, 3 milioni e 337 mila giovani è non solo prioritario ma necessario per la tenuta democratica del Paese.

L’esclusione di milioni di giovani da ogni percorso lavorativo e di formazione è il primo passo per una cesura, probabilmente insanabile, tra cittadini e stato, tra cittadini e comunità.

Nelle pieghe di una generazione nella palude della povertà e dell’assenza di futuro può incunearsi di tutto: dalle mafie  al populismo, dalla violenza al nichilismo. Ogununo faccia, subito, la sua parte, prima che sia troppo tardi.