Allarme OGM. Greenpeace all’attacco: …diamoci un taglio!

di Angelo Di Pietro

Venti bioattivisti hanno tagliato un intero campo di mais OGM (fuorilegge). Gli organismi geneticamente modificati continuano ad essere un pericolo? Forse, intanto l’UE permette l’importazione ai semi trans. La mite risposta delle istituzioni italiane al problema. Tra interessi, soldi e multinazionali. (Angelo Di Pietro)

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Chi ama l’ambiente (per fortuna) non va in vacanza! E’ questo quello che deve aver spinto i venti attivisti di Greenpeace a tagliare quest’oggi un intero campo di mais OGM a Vivaro, alle porte di Pordenone. La storia prende le mosse qualche mese fa, con gli agricoltori del Movimento Libertario che annunciano la semina di organismi geneticamente modificati, come protesta verso il decreto dell’ex ministro dell’agricoltura, Luca Zaia, che impediva questa pratica. Col tempo la “semina di protesta”, come è stata ribattezzata, ha preso un’altra piega e il mais MON 810 si è diffuso su oltre quattro ettari di terreno. Così, di fronte la titubanza delle forze dell’ordine (gli alimenti transgenici sono pur sempre illegali), è scattato il bliz degli uomini-verdi.

Progettati per essere più resistenti e più produttivi, gli OGM rappresentano una fonte di guadagno ingente e con la crisi del settore agricolo la tentazione rimane forte. Il ministero delle Politiche Agricole, infatti, rende noto di aver ricevuto centinaia di richieste per la coltivazione di mais geneticamente modificato. Per questo motivo alcune regioni sono state chiamate in causa per verificare il rispetto del divieto di semina da parte degli agricoltori. E sempre in provincia di Pordenone, a Fanna, è stato sequestrato un terreno di MON 810, il mais prodotto dal gigante biothec Monsanto.

Tra l’altro, il 28 luglio l’Unione Europea ha dato il via libera per l’importazione di sei varietà differenti di semi modificati, due di proprietà della già citata Monsanto (dopo che il MON 810 fu dichiarato illegale nella maggior parte degli stati europei). Situazione complessa da analizzare, soprattutto considerando che i semi vanno trattati con l’erbicida prodotto dalla stessa azienda, affinché crescano al meglio. Un bel giro di parole, di interessi. Di soldi.

Chi protegge allora i cittadini? Qual è il vantaggio per il consumatore? Gli alimenti modificati sono ancora in una fase di sviluppo. E’ certo che alcuni di essi possano essere modificati con successo senza recare danno al consumatore, ma gli effetti nel lungo termine ancora non sono stati sufficientemente vagliati.

Il vantaggio per il consumatore è quello di avere il mais dolce da mettere nell’insalata o le patatine fritte al McDonald’s in qualunque giorno dell’anno. E il vantaggio per gli agricoltori? La Monsanto sul suo sito ufficiale (www.monsanto.it) scrive “a fianco degli agricoltori per aiutarli ad ottenere dalla loro terra sempre di più e sempre meglio”.

Guardiamo al passato dell’azienda e scoviamo il generoso intervento in favore della popolazione di Haiti, all’indomani del tragico terremoto. Una donazione di 470 tonnellate di sementi ibridi e supporto tecnico in favore della ripresa dell’economia haitiana. Un enorme aiuto in tempi difficili, anche se per stessa ammissione dell’azienda di St. Louis, i semi erano trattati con fungicidi e pesticidi. Un enorme aiuto in tempi difficili, però rifiutato dai contadini che temevano il circolo vizioso in cui poter incappare, ovvero una continua dipendenza dai prodotti Monsanto, dato che i semi modificati sono sterili.

E in Italia? Per adesso, i semi della Monsanto (e degli altri cinque oligopolisti che producono OGM a livello mondiale) sono illegali. La Coldiretti in questi giorni, con una decisa presa di posizione, ha dato vita ad una task-force che comprende Legambiente, Greenpeace, Wwf e Slow-Food, per sollecitare il Ministro delle Politiche Agricole, Giancarlo Galan, ad applicare un “Protocollo operativo di gestione tecnica in presenza di Ogm”.

Per adesso le istituzioni non si sbilanciano. E intanto i venti attivisti sono stati arrestati.