Scrittura 2.0. Dal diario ai social network: cos'è rimasta della penna stilografica?

di Gerarda Pinto

Se si perde il cellulare? Una maledizione immane: era scritto tutto lì, tutta la nostra vita! Per non parlare della rubrica telefonica! Sparita insieme al cellulare. Che fine hanno fatto le rubriche scritte a penna sull’agendina personale? Addio anche alle lettere? E’ veramente finita l’era della carta e della penna? (Gerarda Pinto)

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L’esigenza di affidarsi alla scrittura accomuna l’uomo del 2010 ai suoi avi. Fin dalle origini, l’uomo con l’invenzione della scrittura ha cercato di lasciare sue tracce. Lettere, appunti, diari hanno custodito il patrimonio della propria identità. Tutte le pagine del nostro passato si sono nutrite di parole. I giovani del ventunesimo secolo si affidano ancora alla penna? E’ cambiato solo il modo di comunicare ma resta acceso il desiderio di imprimere per sempre il proprio passaggio. Basta guardarsi intorno, le aule universitarie, i corridoi della metropolitana, i muri dei palazzi si fanno portavoce di sensazioni e momenti: l’esame superato brillantemente, una giornata indimenticabile in compagnia di amici, la solitudine, l’incomprensione o un amore finito.

Dove sono finiti i “cari diari”? Vivono anzi sopravvivono nei messaggi del nostro cellulare, nelle pagine del social network, ai margini di uno scontrino, dietro una fotografia, sui post-it. Si scrive ancora, senza inchiostro, ma si continua ad aggrapparsi a quell’àncora che è la scrittura. Si avverte un sentimento di smarrimento se si perde il cellulare. Era scritto tutto lì, custodiva gelosamente i momenti migliori e peggiori. Si cercano commenti al nostro pensiero del giorno su facebook; si condivide la frase del cantante preferito; la citazione che descrive quello stesso modo di sentirti diverso, che pensavi fosse unico.

E’ la paura di perdere quell’emozione, la voglia di resistere, rielaborare, maturare un pensiero che spinge a non confidare nella memoria a lungo termine, ma in qualcosa che riporti il segno e che lo renda indelebile. Pensiamo che la scrittura sia solo testimonianza, denuncia, mezzo per arrivare agli altri, invece il suo potere più grande è la capacità di farci crescere. Rileggere quanto si è scritto anni prima ci mostra palesemente un cambiamento, un’evoluzione rispetto a quel momento che fa parte di noi, ma che adesso è lontano. La scrittura è resistenza. Pirandello nei “Quaderni di Serafino Gubbio”comincia il secondo capitolo così: ”Soddisfo, scrivendo, a un bisogno di sfogo prepotente”.

Che cosa importa se i nostri pensieri sono concentrati in duecento caratteri, se amputiamo le parole per farle entrare tutte. La loro forza vive e si tramanda. L’odore della carta, della pagina non affascina più; la calligrafia si universalizza; l’andatura della mano è diversa ma mantiene viva la sua funzione: tramandare quello che gli occhi vedono, quello che il naso odora, quello che le orecchie ascoltano, quello che il palato gusta, quello che le mani toccano, quello che il cuore sente.