Pompei. Il nostro patrimonio culturale crolla a pezzi

di Anna Laudati

Nel sito archeologico di Pompei la scuola dei gladiatori è crollata alle ore 6 del 6 novembre 2010. Giorgio Napolitano: “Una vergogna per l’Italia”. (Gerarda Pinto)

Pompei

La Schola armatura rum juventis pompeiani, la palestra degli atleti di Pompei, si è presentata ai turisti, che ieri hanno cercato un viaggio nel tempo nell’antica città romana, come un cumulo di macerie. La Schola era stata costruita per custodire le armature e i trofei militari di quegli eroi che infervoravano gli animi del popolo romano: i gladiatori. Aveva conservato il suo antico splendore e lo avevo mostrato a noi dopo secoli. All’interno, nella grande sala, furono rinvenute durante gli scavi molte armature adagiate su scaffali di legno, così com’erano state lasciate dopo l’ultimo combattimento.

I visitatori camminando per le strade della città sepolta, della città dove il tempo si è fermato hanno la possibilità di percepire la vita, le usanze, i costumi, i tratti somatici di una popolazione che incanta con il suo fascino e corteggia il cinema. Una grandissima scenografia a cielo aperto è andata distrutta, a causa d’infiltrazioni di acqua, che minacciano anche la memoria storica e che faranno “franare”un passato glorioso.

Il sindaco di Pompei parla di “una disgrazia per il patrimonio culturale dell’umanità”, annunciata già da tempo e inascoltata. Gli scavi archeologici muovono e incuriosiscono molti turisti, solo nel mese di ottobre la Soprintendenza archeologica di Pompei ne ha contato 246.647. Sono un perno importantissimo e fondamentale per l’economia del comune di Pompei e di tutti quelli limitrofi.

Si tratta di un patrimonio venuto alla luce durante il regno di Carlo Borbone nel 1748; i lavori di recupero sono continuati fino al 1997 e si sono arrestati per carenza di fondi. La manutenzione del sito, sicuramente, richiede un impegno costante che non può essere trascurato o rimandato. Per rilanciare l’economia di una zona, dove il tasso di disoccupazione è molto alto, non bisogna trascurare un “bottino”così pregiato.

Di là dall’aspetto produttivo di un sito archeologico c’è quello etico, altrettanto importante, infatti, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha definito l’accaduto: “una vergogna per l’Italia intera”. I siti archeologici, i musei, i monumenti, gli archivi, le biblioteche non sono solo un patrimonio culturale; sono “libri a cielo aperto” per le generazioni future, sono un monito per non dimenticare il lungo corso della storia che ha portato alla formazione di un’identità nazionale.

Il paradosso è che un evento simile avvenga in un periodo in cui fervono i preparativi per la celebrazione dell’Unità d’Italia. Un lungo cammino cominciato molti secoli addietro e che è passato anche di lì, dove “c’era la città di Venere, a lei più gradita di Sparta; la città che ripeteva nel nome la gloria di Ercole; sommersa dalle fiamme e dall’oscura cenere”. Così scriveva Marziale nei suoi epigrammi e aggiungeva “gli dei avrebbero voluto che un tale scempio non fosse stato loro permesso”.

Uno scempio che l’ha conservata per noi, che ha permesso a molti studiosi: storici, filologi ma anche medici, scienziati, ingegneri, architetti di scoprire le fondamenta della storia, della nostra lingua, della medicina, del sapere scientifico, degli acquedotti e le tecniche di costruzione. Una città in cui ogni singolo pezzo di mosaico canta ancora le gesta, celebra gli imperatori, conserva le memorie di un popolo.