Roma. Scontri per la riforma della scuola: un’occasione sprecata per farsi sentire

di Anna Laudati

Ieri 14 dicembre. Le strade chiuse e forze dell’ordine schierate in attesa dei tanti cortei, provenienti da tutta Italia: uno scenario da guerriglia cittadina, in attesa della protesta di migliaia di persone che stavano già invadendo la capitale e poi... niente. La Russa: “Ormai sembra normale poter esprimere le proprie opinioni con il lancio di sanpietrini e bombe molotov”. (Flavia Miccio e Vinicio Marchetti)

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Ieri mattina Roma era una città blindata. Polizia e carabinieri in assetto di guerra, caschi e scudi di protezione, strade chiuse in centro e deviazioni delle principali linee di collegamento. Alle otto del mattino, si vedevano già i primi manifestanti che trascinavano con sé bandiere rosse, gialle, verdi e nere, dirigendosi verso il Colosseo. Fuori dalle università era un continuo via vai di persone in attesa di mettersi in marcia verso il centro della città. Studenti della Sapienza, uniti a quelli dell’università Roma Tre, che poi si sono uniti al corteo di Uniti contro la crisi e hanno puntato dritti a Montecitorio, nonostante era stata prevista la zona rossa, e quindi la totale inaccessibilità. Blindati tutti i palazzi sede delle Istituzioni: da piazza Venezia, al Campidoglio, passando per via del Corso e Montecitorio.

Una protesta in cui credevano in molti, sentita e vera. Gli studenti questa volta erano muniti, in loro difesa, di scudi di gommapiuma con su scritti i testi dei classici della letteratura, del cinema e della culturale in generale, il simbolo della protesta “morbida” di chi crede ancora nella cultura italiana. Stessa situazione nel resto di Italia: hanno protestato degli studenti a Milano, che hanno lanciano uova e vernice contro la sede del Pdl, cortei di disoccupati e ricercatori davanti al primo Parlamento di Torino, mentre a Genova gli studenti hanno occupato simbolicamente il rettorato e a Cagliari la protesta si muove davanti al Consiglio regionale. A Bari e a Catania sempre cortei di studenti hanno invasoe bloccando le strade.

Poi  a Roma si è scatenato l'impossibile. Caroselli dei blindati della Polizia verso i manifestanti, lancio di bombe carta in direzione delle forze dell’ordine, più di cento feriti e oltre quaranta arresti. Oggi, 14 dicembre 2010, la Capitale è stata messa a ferro e fuoco. Gli scontri sono iniziati immediatamente dopo il voto di fiducia al Governo Berlusconi. Nell’occhio del ciclone, ovviamente, il ddl sulla riforma dell’istruzione. La notizia della fiducia al Governo, come il più feroce dei gong della battaglia, ha lacerato in un istante il velo di tranquillità che riversava sui cortei e, in un attimo, assieme agli studenti pacifici è comparso un nutrito gruppo di manifestanti che di bonario avevano molto meno. Erano i terremotati dell’Aquila, arrivati sin dal giorno prima a Roma, i cittadini di Terzigno, in protesta per la grande difficoltà in cui vivono e gente giunta con una cinquantina di autobus provenienti da tutta la penisola.

Fa male al cuore, specialmente di noi giovani, ora, vedere i mezzi d’informazione fare, come al solito, di tutta l’erba un fascio. Una ribellione che, partita da studenti e ricercatori contro il ddl di riforma del sistema universitario, ha arruolato l’insofferenza e le rivendicazioni di altre categorie. E così a fianco degli universitari hanno marciato a Roma i lavoratori precari, i terremotati dell'Aquila, gli abitanti di Terzigno esasperati da un'emergenza rifiuti che va facendosi oltremodo insostenibile.

Adesso, la domanda che sorge spontanea è una sola: cosa ne sarà di quei meravigliosi slogan che sono comparsi in tutta Italia nella giornata di oggi? "Sì alla scuola, no alla guerra", "Voi bloccate il nostro futuro, noi blocchiamo la città”, solo per citarne un paio. La risposta non ha tardato ad arrivare. C’ha pensato il ministro La Russa a fornirla: “Non era mai successo in 150 anni di storia italiana. Ormai sembra normale poter esprimere le proprie opinioni con il lancio di sanpietrini e bombe molotov”.

Qualcuno, adesso, parlerà più di quell’infinita ondata di dissenso pacifico che si è visto in tutta Italia? ….. noi si.

“Come cominciano le guerre? I diplomatici raccontano bugie ai giornalisti, poi credono a quello che leggono”, di Kraus Karl.

(foto: media.panorama.it)