Egitto: Bassam Elsaid. "Ti rendi conto che stai scrivendo la storia?"

di Gianfranco Mingione

È sotto gli occhi di tutti il cambiamento politico in atto nel Medio Oriente. Un cambiamento che in qualche modo si riverserà anche sulle politiche occidentali. Con l'aiuto di Bassam, giovane italo-egiziano, cerchiamo di capire cosa è successo, perché un paese che tutti conoscevamo per le stupende spiagge di Sharm el Sheik e Ughada, per le sue maestosi piramidi, sia stato travolto dalla rivolta del suo popolo, fatto in larga parte da giovani uomini e donne che stanno scrivendo la storia del loro paese. (Gianfranco Mingione)

Bassam

di Bassam Elsaid

Le radici della rivolta. Dietro tanta storia e tanta civiltà si nascondono profonde lacerazioni sociali. Code interminabili presso i fornai di quartiere: il pane, alimento vitale era diventato difficile da reperire, gli stipendi ridotti alla miseria, ragione che ha portato la corruzione dovunque, anche dove avrebbero dovuto combatterla. Cardiochirurghi docenti all’università con uno stipendio che non superava i 150 euro. La dilagante corruzione nel comparto pubblico, dove se non allungavi una bustarella nulla poteva evolversi. L’inflazione a livelli record: una bottiglia d’olio a circa 1 euro e la carne a 10 euro al Kg. Gli insegnanti, non recependo un dignitoso stipendio, si sono dati alle lezioni private, ergo, studiare era diventato davvero difficile. Intere fette di terra dell’Egitto regalate ad Emiri dell’Arabia, per la costruzione di mega strutture turistiche o commerciali, senza alcun beneficio al popolo egiziano. 

Lo scenario politico.  L’esempio più lampante di quanto la classe politica fosse corrotta e inadatta a governare lo ha dato il Ministro del Petrolio che acquistava personalmente l’oro nero egiziano per poi rivenderlo a suo piacere personale, a prezzi più alti, andando contro ogni logica commerciale. Un parlamento con un’opposizione sterile costituito per lo più dal partito di Mubarak, “Elhezb Elwatany”. Le forze dell’ordine che in Egitto erano definite “kelab eldawla” (i cani dello stato), erano diventate il braccio duro del regime del Rais. Forze di polizia che attraverso lo stato di emergenza per terrorismo potevano, ad esempio, utilizzare l’arresto detentivo, senza alcun processo né regolari procedure giudiziarie: si andava direttamente in galera.

Insomma, l’elenco è lungo, ma ora, quali potrebbero essere i possibili scenari futuri di questo glorioso paese faraonico? Dopo le pressioni dei giovani - parliamo di un paese dove l’età media è circa 30 anni - scatenatesi proprio il 25 gennaio scorso, ricorrenza festiva per la polizia nazionale, l’Egitto è riuscito a scacciare il suo dittatore, l'11 febbraio scorso e dopo una straordinaria presa di posizione dell’esercito, immensamente popolare e rispettato dagli egiziani, il paese è ora nelle mani delle più alte cariche delle forze armate. Con la nomina del Dr. Terk al-Bashir, massimo esperto nel diritto, e di altri colleghi puramente civili, l’esercito egiziano dà un segnale forte alla popolazione, dimostra di non volere il potere e di cercare una soluzione quanto prima possibile. Dopo la revisione degli articoli che Mubarak fece a suo tempo per blindare le varie candidature, l'obiettivo dovrebbe essere quello di si portare il paese ad elezioni democratiche con diversi candidati. Un grande punto interrogativo è rappresentato dal terrorismo islamico, anche se, la credibilità del movimento "Fratelli Musulmani", non è tale da suscitare timore, e dubito che potranno mai arrivare a conquistare la tanto ambita poltrona.

egitto_mappaLe sfide di questo governo abbracciano campi importanti: l’istruzione, l’occupazione giovanile, la crisi abitativa, la proprietà di terre e risorse naturali, la condanna di personaggi del vecchio regime come si sta facendo con alcuni ministri, turismo e il recupero dei patrimoni rubati e via dicendo. E infine la totale revisione dei trattati di pace con lo stato di Israele, trattati che il popolo non ha dimenticato.

In tutto questo, è importante parlare anche del ruolo della donna egiziana, che per la prima volta abbiamo visto scendere in piazza ad urlare “èelghesh wel alshaàb dee èeed wahda” (“l’esercito e i soldati, con una mano sola”). Sono donne che chiedono diritti, che vogliono far sentire la propria voce e che in questi anni hanno visto migliorare la loro posizione sociale: è qui che all’inizio del XX secolo è nato il movimento femminista arabo. Passi in avanti sono stati fatti: si pensi alla possibilità di chiedere il divorzio e di esprimere maggiormente le proprie ambizioni o lottare contro le mutilazioni genitali delle bambine.
Nonostante ciò, dati alla mano, è comunque una donna ancora lontana dalla vera parità dei sessi. L’Egitto è al 120° posto su 128 paesi in quanto a uguaglianza di genere secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum, che mette l’accento sulla scarsa performance del paese in quanto a empowerment politico e opportunità economiche concrete per le donne. E le cose potrebbero peggiorare ulteriormente. Mentre il settore pubblico è stato tradizionalmente più ospitale nei confronti delle donne, l’apertura dell’economia al settore privato le sta penalizzando. Secondo il rapporto 2010 del Population Council, il tasso di disoccupazione tra le giovani tra i 15 e i 29 anni è del 32% circa, più del doppio del 12% tra i giovani della stessa fascia di età.

Le donne in Egitto occupano solo 8 dei 454 seggi del Parlamento e 5 parlamentari sono state nominate direttamente dall’ex presidente. Ci sono solo 3 ministre e nessuna donna tra i 29 governatori. Quando le donne hanno chiesto di diventare giudici del Consiglio di Stato, il tribunale amministrativo più alto, l’assemblea generale del Consiglio, ha votato contro, argomentando che l’emotività e i doveri genitoriali delle donne non le renderebbero adatte a tale compito.
La decisione è stata ribaltata in seguito al ricorso presentato alla corte costituzionale dal Primo Ministro Ahmed Nazif ma, di fatto, nessuna donna è entrata a far parte del Consiglio. Analogamente, il Parlamento ha approvato un testo di legge che riserva alle donne una quota di 64 seggi alla camera dei deputati. Solo le donne influenti “possono permettersi delle ambizioni,” mentre la maggior parte delle donne appartiene alla classe medio-bassa. Inoltre, l’analfabetismo femminile rimane alto: il 47% delle donne rurali e il 23% di quelle urbane non sono in grado di leggere o scrivere.Sicuramente una nuova frontiera sarà quella di dare più spazio alle donne egiziane, dar loro l’opportunità di emergere di più e di far sentire la propria voce nei diversi ambiti nazionali.

 Da italo-egiziano, non posso che essere fiero del processo che vede oggi coinvolti i giovani egiziani, una così forte presa di coscienza non poteva che arrivare dai giovani, che con loro determinazione e voglia di sognare, hanno saputo organizzarsi e mobilitarsi per il bene Nazionale e in nome dei tanto sperati valori di giustizia ed equità. 


Nei prossimi giorni, sempre in questa rubrica, daremo spazio ad altre analisi e prospettive. Con Osama Al Saghir, approderemo nel Paese da cui è iniziato a soffiare il vento della libertà: la Tunisia. Un altro giovane con il quale fare un quadro generale della situazione e delinearne i possibili scenari futuri.

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