150° anniversario dell'Unità Italia. Il Sud in festa. Esempio di nazionalismo e civiltà

di Francesco Fulcoli

Tutti uniti per l’Italia tranne i Leghisti che, nonostante vivono in Italia ormai dal 1861 e ci rappresentano nel parlamento da allora, disertano celebrazioni e Inni. Ma qual è la verità? Loro si lamentano di un Sud che hanno contribuito a creare! Loro sono quelli che urlano alla secessione e al distacco del settentrione dal meridione! Ma rileggendo la storia se ci dovesse essere qualcuno legittimato a lamentarsi è proprio il popolo meridionale che ha subito dal fratello leghista un' unità che ha giovato solo a loro! (Francesco Fulcoli)

1_io_non_festeggio_lunit Torniamo indietro nel tempo e ripassiamo un pò di storia. Come è avvenuta l’unità d'Italia che i fratelli leghisti tanto bramavano e ora tanto snobbano e odiano? L’unificazione dell’Italia è avvenuta fra l’indifferenza totale delle classi popolari facendola passare però come atto messo in essere in nome del popolo; e per dare importanza ancor più all’inganno, ben progettato, si è messa in scena la ratifica dei Plebisciti intesi come ufficializzazione dei consensi popolari.

In realtà si è trattato della più grande farsa mai messa in scena nel nostro paese, una farsa dove sulla scena gli atti compiuti sono state azioni politiche fatte senza o contro il popolo e che è terminata con l’unificazione dell’Italia o per meglio dire con l’annessione del Nord al Sud.

La nostra beneamata Italia quindi non è nata con un Congresso Costituente, come è avvenuto in America, ma dai Plebisciti voluti dalle regioni del nord, che pochi, quasi nessuno delle nuove generazione al dire il vero, sanno cosa siano, che vedono quotidianamente sbandierare su targhe di piazze e vie. Ma perché nel tempo hanno fatto di tutto per occultare lo scheletro nell’armadio? Perché nel tempo hanno fatto si che questa parola restasse solo una scritta ai margini di una piazza? Tanto è vero che per le celebrazioni dell’unità d’Italia essi non sono ricordati da nessuna parte! Forse per questo i leghisti non vogliono festeggiare?

Questo accade perché non è più possibile nascondere che si sia trattato di un enorme broglio ai danni del popolo delle Due Sicilie e a questo punto di tutto il popolo italiano, Leghisti compresi, i quali antenati hanno voluto tale unità!

La prova generale della farsa ha inizio con l’annessione della Lombardia al Piemonte del 1848 dove i “si” alla fusione arrivarono al 999 per mille che se pure ci fosse stata l’intercessione di nostro Signore non sarebbe potuto essere. Stessa sorte toccò agli altri Plebisciti nelle altre regioni che oscillarono tutti fra il 998 e il 999 per mille. Ma come sono stati ottenuti tali numeri? La risposta è ormai nota e abbastanza semplice, nonostante tutti cercano di non parlarne, leghisti compresi che addirittura evitano di festeggiare, il tutto è avvenuto fra brogli, violenze e pressioni da parte dei patrioti nordisti, che però non vengono riportati sui libri di scuola, ma sulle cronache del tempo per fortuna si!

Traffico di liste elettorali, censure o interdizioni degli oppositori, voto palese, due urne separate, schede di colore diverso per il “SI” e per il “NO”, seggi presidiati dall’esercito a da patrioti che avevano tutto l’interessa di uscire da una povertà che non apparteneva al Sud. E la lista continua con le minacce e le percosse, con morti, sostituzione e falsificazione delle schede, voti multipli per gli amici e in fine la falsificazione dei verbali di voto. Insomma ecco spiegata l’unanimità dei voti!

Inoltre per dare l’apparenza della massima democraticità dell’evento fu votato a suffragio universale “maschile” con la sola limitazione dell’età. Unica volta che accadde, infatti subito dopo si tornò al suffragio limitato. Tutto ciò naturalmente non ha nessun senso in quanto non si può chiedere il parere di tutti per una scelta già “scelta” e poi successivamente limitare il potere dello stesso popolo sulle decisioni politiche concrete, affidandole, di fatto, ad una ristretta cerchia di fedelissimi “leghisti del tempo”. Il popolo infatti in tutta questa storia è servito solo da comparsa, tanto è vero che le elezioni del 1861 riguardanti il primo parlamento rappresentativo di tutte le regioni annesse si svolse con le modalità previste dalla legge elettorale piemontese del 1848 basato sul censo. In base a tale legge infatti ebbero diritto al voto solo 418.896 persone ovvero l’1,9% dell’intera popolazione Italiana; numeri che si ridussero ancor più vertiginosamente se si pensa che tale legge dichiarava che avevano diritto al voto solo gli uomini di sesso maschile che sapevano leggere e scrivere e che versavano almeno 40 lire di Imposte. In pratica tutto rappresentava tale parlamento meno che l’unità d’Italia e gli italiani, per questo Massimo D’Azeglio dichiarò "Abbiamo fatto l'Italia ora dobbiamo fare gli italiani".

Tutti sapevano, tutti sanno e tutti sapranno! Ma perché tutti sbandierano l’unità ma nessuno vuol sentir parlare di come ci si è arrivati? Perché nessuno vuol sapere come mai un popolo ricco come quello del Sud è stato bollato come popolo brigante da quello del nord?

Inoltre se è vero che l’unità d’Italia è stata legittimata da un voto popolare essa può essere teoricamente sciolta allo stesso modo. Se infatti una parte dei cittadini, così come è avvenuto per i plebisciti che si sono svolti su base regionale, decidesse di staccarsi dallo Stato, dovrebbe essere libera di farlo in quanto il “contratto” di unione è stato legittimato da un voto. Se un plebiscito vale per fondersi vale anche per scindersi?

Questa è storia documentata! Una storia raccontata da un testimone oculare illustre come Filippo Curletti, un agente incaricato da Covour per organizzare le annessioni e i plebisciti di Emilia e Toscana e che testualmente riporta:

«Ci eravamo fatti rimettere i registri delle parrocchie per formare le liste degli elettori. Preparammo tutte le schede per le elezioni dei parlamenti locali, come più tardi pel voto dell’annessione. Un picciol numero di elettori si presentarono a prendervi parte: ma, al momento della chiusura delle urne, vi gittavamo le schede, naturalmente in senso piemontese, di quelli che si erano astenuti. Non è malagevole spiegare la facilità con cui tali manovre hanno potuto riuscire in paesi del tutto nuovi all’esercizio del suffragio universale, e dove l’indifferenza e l’astensione giovavano a maraviglia alla frode, facendone sparire ogni controllo…

“....In alcuni collegi, questa introduzione in massa, nelle urne, degli assenti, - chiamavamo ciò completare la votazione, - si fece con sì poco riguardo che lo spoglio dello scrutinio dette un numero maggiore di votanti che di elettori inscritti. In Toscana una pressante campagna di stampa dichiara “nemico della patria e reo di morte chiunque votasse per altro che per l’annessione.

Le tipografie toscane furono poi tutte impegnate a stampare bollettini per l’annessione: e i tipografi avvisati che un colpo di stile sarebbe stato il premio di chi osasse prestare i suoi torchi alla stampa di bollettini pel regno separato. Le campagne furono inondate da una piena di bollettini per l’annessione. Chiedevano i campagnuoli che cosa dovessero fare di quella carta: si rispondeva che quella carta dovea subito portarsi in città ad un dato luogo, e chi non l’avesse portata cadeva in multa. Subito i contadini, per non cader in multa, portarono la carta, senza neanche sapere che cosa contenesse”.

La propaganda savoiarda racconta di un re democratico e disinteressato che rispetta la volontà dei popoli. Prima dello svolgimento dei plebisciti nell’Italia meridionale, Vittorio Emanuele II si rivolge ai Popoli dell’Italia meridionale con il seguente proclama: «Le mie truppe si avanzano fra voi per raffermare l’ordine: Io non vengo ad imporvi la mia volontà, ma a fare rispettare la vostra. Voi potrete liberamente manifestarla: la Provvidenza, che protegge le cause giuste, ispirerà il voto che deporrete nell’urna».

Questo è quanto la storia racconta, e tale storia racconta anche che il regno delle due Sicilie prima dell’arrivo dei Savoia e del fratello nordista aveva un PIL spaventoso che superava di gran lunga la somma di tutti quelli delle altre regioni. Napoli aveva una posizione di rilievo, la seconda d’Europa dopo Parigi la quinta del mondo. All’avanguardia per quanto riguarda la tecnologia e la cultura. Fu la prima al mondo a portare l’acqua corrente nelle case della gente. A Napoli venne istituito il primo orto botanico italiano nonché il primo cimitero dei poveri. Possedeva La terza flotta mercantile del mondo!

Napoli era la prima città d’Italia per numero di tipografie, per pubblicazione di giornali e riviste oltre che per numero di conservatori e teatri. Con i Borboni ci furono radicali riforme che aprirono un periodi di crescita e sviluppo senza precedenti; lavoro e benessere! A Napoli la prima linea ferroviaria italiana con la costruzione della prima galleria ferroviaria del mondo. A Napoli viene istallato il primo telegrafo elettrico Italiano, a Capodimonte nasce il primo osservatorio astronomico d’Italia e sul Vesuvio venne creato il primo osservatorio sismologico del mondo con annesso osservatorio meteorologico. A Napoli viene istallata la prima illuminazione a gas in italia, la terza dopo Londra e Parigi; a distanza di qualche anno venne realizzata addirittura la prima illuminazione elettrica delle strade. Fiore all’occhiello era sicuramente la flotta, la prima nel mediterraneo e la quarta nel mondo. Nel 1818 la flotta si dotò anche della prima nave a vapore d’Italia e poi del primo transatlantico che collegò l’Italia all’America.

Allora visti i risultati di oggi e le premesse dell’epoca a recriminare l'Unità d'Italia non dovrebbe essere il popolo leghista, che tanto ha lottato e brogliato per questa unità e che quindi dovrebbe onorare, ma quello del Sud Italia dove l’unità nonostante tutto è una ricorrenza da festeggiare e tramandare, affinché nessuno più li tratti da briganti oggi come ieri. I briganti non sono loro.