Eroi italiani. Mario Amato: vittima dei NAR, e dell’isolamento

di Francesco Gentile

La storia di un magistrato assassinato dall’estremismo neo-fascista in una Roma simbolo del sonno della ragione degli anni di piombo. (Francesco Enrico Gentile)

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"Vi sono un sacco di ragazzi o di ragazzini che sono come i miei e i vostri figli, o come i figli di persona assolutamente perbene, che vengono armati o comunque istigati ad armarsi e che poi troviamo che ammazzano. Li troviamo con armi, con silenziatori, o colti nel momento in cui stanno ammazzando. Si tratta di un fenomeno grave che non può essere trascurato e che non si risolve prendendo i ragazzini e mettendoli in galera. O meglio, mettiamoli pure in galera, ma teniamo presente il gravissimo danno sociale di questi giovani che vengono travolti da vicende di questo tipo."

 

Con queste parole il 13 dicembre del 1980 Mario Amato spiega, dinanzi al Consiglio Superiore della Magistrature, il senso e il valore del suo lavoro di magistrato della Procura di Roma.

Fare il magistrato a Roma in quegli anni di oblio della ragione era già di per sé esercizio quotidiano di coraggio. Occuparsi poi di terrorismo nero e impegnarsi con sincero senso di servizio allo Stato equivaleva firmarsi da solo la condanna a morte. Così accadde: dieci giorni dopo il suo intervento durante l’audizione al CSM un commando dei NAR lo ammazza. Dopo 3 giorni sarebbe partito per le vacanze.

Il contesto in cui monta prima e si realizza poi l’attentato ad Amato è un micidiale composto di violenza, odio politico, pericolosa sottovalutazione e indifferenza.

È la Roma della violenza neo-fascista e extraparlamentare di sinistra, in cui troppi giovani innocenti trovano la morte, Roma dei morti di Acca Larentia e dell’omicidio di Walter Rossi: è la Roma nera, omicida, teatro di assurdo sangue versato.

Mario Amato fu ucciso perché da solo, con pochi strumenti, talvolta nell’ostilità che anche in ambienti della magistratura avvolgeva il suo lavoro, tentò di andare a fondo nel sistema della violenza neo-fascista, tentando di fermare oltre agli esecutori materiali anche i mandanti, gli ispiratori, le menti degli attentati.

Non ci riuscì perché trucidato con un colpo alla testa mentre attendeva l’autobus per raggiungere il palazzo di Giustizia, dopo che al telefono alla sua richiesta di poter usare solo per quel giorno l’auto blindata avevano risposto: “ A dottò, è occupata”.

Dopo tre giorni sarebbe partito per il mare.{jcomments on}