Oslo 48 ore dopo

di Angelo Di Pietro

Mentre il bilancio delle giovani vittime continua a salire, siamo a 93, ci si interroga sul perché di tanta violenza. Intolleranza, gruppi neonazi, vendita delle armi. Basta questo per capire? (Angelo Di Pietro)

norvegia

Quarantotto ore dopo, sugli attentati di Oslo si sa ancora poco. Un certo Anders Breivik nel pomeriggio di Venerdì scorso ha fatto esplodere un ordigno rudimentale di fronte la sede del Governo norvegese; ha imbracciato un fucile automatico e, travestito da poliziotto, ha sparato sulla folla riunita nell’isolotto di Utoya. 93 morti, 97 feriti. Catturato dagli agenti dopo oltre un’ora dall’inizio del massacro, ha dichiarato solo che le sua azioni, pur tremende, erano necessarie.

Sgomento e dolore, ma oggi ad Oslo c’è spazio solo per il cordoglio. È impossibile razionalizzare quanto è successo: la comprensione non è contemplata in casi del genere. Eppure, Anders Breivik sembra essere solo un sintomo di una malattia più generale, una rotella di un ingranaggio bloccato e al collasso. Il Nord Europa è un modello di vita esemplare. Efficienza normativa, burocratica, d’ordine pubblico.

Paesi in cui l’ideale democratico si è radicato con straordinaria forza e ha generato i sistemi amministrati migliori dell’intero continente. Non per nulla le parole di risposta agli attentati da parte del primo ministro Jens Stoltenberg sono state: “Al male risponderemo con più democrazia, più umanità”. Eppure nel Nord Europa c’è il tasso più alto di suicidi del vecchio continente. Paesi efficienti, ma infelici.

C’è chi addita la scarsa densità demografica, la poca diffusione di consulting psychology,le brevi ore di sole che bagnano queste terre. Forse, più semplicemente è una questione di ritrovare il contatto con le proprie radici. E non si parla qui della campanilistica difesa delle tradizioni, ma di un nuovo senso di appartenenza da ricostruire. Estremismo, nazismo, fanatismo, ogni –ismo è da bandire con forza dai nostri vocabolari, da stroncare ogni evoluzione, rinascita, rifondazione. I neogruppi sono ancor più pericolosi delle prime generazioni: attingono alle risorse del presente, senza comprendere il passato.

D’altronde, chiunque accetti e rispetti le regole della violenza e dell’umiliazione del prossimo, ha qualcosa che non va. Verrebbe da sollevare dubbi su altre questioni, come la vendita delle armi, a dir poco intuitiva e controlli futili. Ma quanto detto e quanto ancora giornali e tv ci diranno basta a lasciarci muti a pensare, almeno per un istante.