E’ così che si spengono le stelle? La morte “annunciata” di Amy Winehouse

di Francesca Antonella Langella

A soli 27 anni la cantante britannica ha perso la vita in circostanze ancora da appurare. Di sicuro, la sua non è stata un’esistenza molto diversa da quella degli altri componenti della scena musicale e cinematografica degli ultimi anni, morti, la maggior parte, a causa dell’abuso di sostanze stupefacenti. Gloria, droga e rock’n’roll: ne varrà la pena? (Francesca Antonella Langella)

amy-winehouse-1983-2011 “They try to make me go to rehab, I say no no no” cantava Amy Winehouse, nel suo singolo Rehab, il trampolino di lancio della giovane londinese, il tormentone del 2007. E quasi per un gioco del destino, il suo “rifiuto” ad andare in riabilitazione anche nella vita, l’ha portata alla morte. Nella giornata di ieri, infatti, la cantante è stata trovata senza vita in circostanze non del tutto chiare, ma si pensa a causa di un cocktail di alcol e droghe.

Voce soul, acconciatura stramba, tatoo di pin up sulle braccia, tanti problemi con l’alcol e con l’anoressia: eccentrico tipo la Winehouse, che negli ultimi anni è stata vista nelle sue condizioni peggiori, entrare e uscire dalle cliniche per disintossicarsi, perdere 4 taglie in poco tempo, soffrire, secondo i tabloid britannici, di psicosi maniaco-depressiva, cantare ubriaca ai suoi concerti. Peccato. Perché erano belle le immagini delle sue prime apparizioni in tv, per lanciare i suoi album, della sua voce inconfondibile, e dei pezzi Rhythm and Blues che hanno riscosso un successo tale da portare Winehouse alla conquista di dischi di platino e di numerosi Grammy Awards.

“Una grande interprete, ma un’anima fragile” ha dichiarato Zucchero, durante il suo concerto allo stadio Olimpico di Roma. Un’anima fragile si, che se ne andata a soli 27 anni, entrando a far parte di quello pseudo-club di “artisti maledetti”, che hanno perso la vita alla sua stessa età: il club27 lo chiamano alcuni. Ne fanno parte nomi come Jimi Hendrix, considerato il più grande chitarrista di tutti i tempi; Kurt Cobain, frontman dei Nirvana, promotore del Grunge nella scena musicale; Janis Joplin, cantante blues dalla forte voce graffiante; Jim Morrison, leader dei Doors, uno delle rock star più acclamate della storia, e tante altre icone del mondo della musica e del cinema, che hanno scelto di perseguire la gloria, immersi, però, in fiumi di alcol e montagne eroina.

Allora è lecito chiedersi, ne vale veramente la pena? Ma soprattutto: perchè nessuno aiuta questi giovani talenti ad amare la propria vita superando ferite che certamente portano nel profondo della loro anima? Com'è possibile che nessuno si chiede perchè proprio questi grandi talenti sono così fragili e in cerca di morte?

Tra questi interrogativi salutiamo Amy Winehouse che ci ha regalato troppo poco del suo talento e della sua vita.