Fortapàsc per non dimenticare. "Le idee non si fermano con la paura"

di Francesca Elia

Il regista Marco Risi riporta in scena le vicende del giornalista Siani, vittima della camorra, autore di “un gesto d’amore che non può lasciare nessuno indifferente e che non è degno di inutili parole”. (Francesca Elia)

fortapasc

Lunedì 5 settembre è andato in onda, su Rai uno, il film dedicato al giornalista di Torre Annunziata Giancarlo Siani intitolato Fortapàsc, sollevando non poche polemiche. Esempio di giornalismo puro che cerca la verità sotto la sporcizia della camorra napoletana, Siani è un ragazzo di 26 anni che lavora come precario presso un giornale locale, per poi essere assunto dalla testata “Il Mattino”.

Pervaso da un’inesorabile voglia di giustizia, che lo porta a conoscere fatti e situazioni che devono rimanere sotterrati, rinchiusi tra le bocche serrate della malavita,  Giancarlo inizia a urlare al mondo la verità, le righe dei suoi articoli si riempiono di morti, paghette sotto banco, tangenti e politici corrotti, alza un polverone troppo alto, crea disturbo.

Deve essere messo a tacere, Giancarlo deve essere ucciso perché informa la gente, perché se la gente non capisce è solo una massa facilmente controllabile, Siani viene ucciso il 23 settembre del 1985, freddato nella sua mehari verde. Marco Risi, regista del film, ha presentato al pubblico una storia forse non molto conosciuta dai giovani d’oggi, la storia di colui che è stato definito un “Giornalista-giornalista” e questa strana specie non è mai piaciuta agli “onestoni”.

Fortapàsc è un film che rappresenta un esempio di intraprendenza e di lotta all’ingiustizia, utilizzando una delle armi più efficienti e meno dannose, la penna. Forse questi personaggi creano ancora troppa confusione, spingono la gente a riflettere e magari diventano gli eroi moderni e i punti di riferimento di ragazzi , che come loro, si sentono chiusi nella gabbia del “ non devo sapere, non devo vedere”.

Il sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita, ha censurato il film Fortapàsc, chiedendo di mandare in onda, subito dopo la proiezione, un approfondimento che potesse analizzare i fatti storici del 1985, per evitare la diffusione di un’immagine negativa e distorta della città campana. Siani non era un cittadino di Torre Annunziata che criticava il suo paese.

Egli voleva fare bene il suo lavoro, coltivava la sua passione perché come lui stesso affermava” le persone prima di scegliere devono sapere, devono conoscere ed i giornalisti devono informare”, la parola e la scrittura sono i primi segni della cultura che come nel 1985 ancora oggi, in alcuni cani, infastidisce, perché i colti, gli intelligenti possono cambiare le cose, quelle ”cose negative” che a molti piacciono così come sono, perché i soldi vivono nella sporcizia.

Radio Siani, un progetto intitolato alla vita del giovane cronista, ha pubblicato un comunicato stampa sottolineando più volte l’importanza dell’iniziativa di Risi che ha riportato alla luce una storia degna d’essere ricordata “Siamo convinti che Giancarlo Siani sia stato un grande uomo, un esempio di normalità in un contesto dove, probabilmente di normale non c’era proprio nulla” e ancora così viene definito l’intervento attivo di Giancarlo “un gesto d’amore che non può lasciare nessuno indifferente e che non è degno di inutili parole”.

Radio Siani in questo modo ha provato a mantenere pulita l’immagine di un giornalista vittima dell’arroganza e della brutalità della camorra. Per fortuna molti altri giornalisti combattono contro questo nemico senza restare incastrati nel filo spinato nell’omertà, tanti che come Siani vivono di una “coraggiosa paura” che li spinge a non mollare perché “Le idee non si fermano con la paura”!

Ma forse le persone stanno imparando a capire, a dare più importanza agli ideali piuttosto che al dio denaro, lo stesso regista Risi ha raccontato degli sguardi stupiti dei cittadini di Torre nel vedere passare, dopo 26 anni quella mehari verde, la mehari di Giancarlo quel ragazzo che voleva cambiare il mondo e che è davvero riuscito a lasciare un segno che neanche una censura può nascondere.

(foto: mas.rcs.it)