L’Italia e i cacciabombardieri F-35

di Francesco Gentile

Qualche elemento in più, per capire un caso che oscilla tra polemiche ed equilibri internazionali. (Francesco Enrico Gentile)

F35 Circa 15 miliardi di Euro: questa la cifra che dovrà sborsare l’Italia per l’acquisto di 131 cacciabombardieri F-35 in virtù dell’adesione italiana al  “Joint Strike Fighter F-35”.

Il programma militare, siglato a Washington nel 2002 proprio dall’attuale Ministro della Difesa Di Paola, all’epoca Segretario generale per la Difesa e gli Armamenti, prevede la partecipazione italiana, insieme a Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele, ad un consorzio per la costruzione di quello che è stato definito “il cacciabombardiere più costoso della storia”.

Intorno all’eventualità che l’Italia sia obbligata a sborsare l’importante cifra di 15 miliardi entro il 2023, come confermato nel 2007 dal Governo Prodi, si è da tempo scatenato un fronte polemico che ha messo insieme l’intero movimento pacifista e pezzi del mondo cattolico.

Ai vari appelli al ritiro dell’impegno italiano, ambienti governativi e della difesa hanno sempre opposto le forti penali che l’Italia sarebbe stata costretta a pagare, di entità addirittura superiore alla spesa prevista.

Un’indagine di “altro consumo” basata sull’analisi del “Memorandum of Understanding", il documento che sancisce l'accordo tra i paesi compartecipanti, firmato dall'Italia nel 2007, sostiene che i soli costi obbligatori per l’Italia sarebbero riferiti agli oneri operativi e finanziari per la durata dell’accordo, pari ad 904 milioni di euro.

Sempre secondo tale documento, quindi, pur dovendo garantire il sostegno previsto ogni Stato sarebbe libero di non acquistare i cacciabombardieri.

Una vicenda complessa che tiene insieme delicati equilibri diplomatici, real-politik ma anche la necessaria razionalizzazione delle spese, comprese quelle militari, così come già accaduto in altri Paesi alleati, a partire dagli Stati Uniti.