L’Infibulazione, cresce il problema in Italia

di Stefano Trani

Angelique Kidjo canta per l’Onu contro le mutilazioni genitali. Nel nostro paese tremila piccole donne a rischio. (Stefano Trani)

infibulazione_italia Il termine Infibulazione deriva dal latino “fibula” e significa spilla. Conoscere l’etimologia della parola probabilmente chiarisce meglio le idee sulla crudeltà di questa pratica forse più di qualsiasi appello mediatico.

L'infibulazione, sebbene non sia assolutamente prevista dal Corano, continua a spegnere sorrisi in diversi Paesi africani, dal lontano Corno d’Africa all’Egitto, dal Sudan al Mali. Gli ultimi flussi migratori verso l’Italia hanno aumentato il rischio di interventi di asportazione dell’organo genitale femminile: una pratica devastante ed illegale che può causare infezioni ed enormi complicazioni al momento del parto.

La rappresentanza italiana all’Onu cerca di sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica e di diffondere un messaggio di civiltà tra i popoli, organizzando al Palazzo di Vetro di New York un concerto-evento ( 28 febbraio sera, visibile in Italia il giorno dopo ) che vede come protagonista Angelique Kidjo, cantante di origine beninese, vincitrice tra l’altro di un Grammy Award. “Quando ho visto che la barbara pratica della mutilazione genitale femminile era un problema che affliggeva anche i Paesi europei, dentro di me è suonato un campanello d’allarme, bisognava fare qualcosa", ha detto l’artista attualmente residente negli Usa.

Secondo uno studio diffuso in occasione della Giornata Mondiale delle mutilazioni genitali femminili, circa tremila bambine residenti in Italia sono a rischio infibulazione per rispettare la tradizione - davvero difficile definirla cultura - dei Paesi d’origine dei genitori. Tale ricerca, condotta dall’ospedale San Camillo - Forlanini di Roma, non è altro che lo specchio dei problemi dell’attuale società Italiana, ogni giorno alle prese con sfide di integrazione multietnica. "Il nostro studio ha incrociato i dati delle donne immigrate provenienti da Paesi a forte tradizione scissoria con quelli epidemiologici delle bambine nate in Italia da famiglie provenienti dalle quelle aree del mondo ed abbiamo scoperto che circa tremila bambine rischiano di essere infibulate", sostiene Aldo Morrone, direttore del San Camillo.

E’ ancor più agghiacciante sapere che ci sono spesso giovani donne che arrivano al parto in condizioni critiche o che addirittura vogliono essere infibulate. Richieste scioccanti, ma persino paradossalmente comprensibili, se si pensa che in Somalia in alcune comunità una donna non infibulata viene considerata impura e per tanto, non riesce spesso a trovare marito, rischiando l’inevitabile allontanamento dalla società.

Uno dei casi osservati dall’equipe del dottor Morrone riguarda una giovane donna, per l’appunto di origine somala, che chiedeva di essere infibulata ( in Italia la pratica è punita con la reclusione fino a 12 anni ). Dopo un anno la ragazza è stata rivista in ospedale: aveva fatto l’intervento in Svezia, pagando, ed è tornata in ospedale perché le ferite le avevano creato problemi.

Ogni anno, circa 3 milioni di bambine e donne nel mondo sono a rischio di subire mutilazioni genitali. I dati sono agghiaccianti: da 130 milioni a 140 milioni di bambine e donne nel mondo avrebbero subito l’infibulazione. Gli sforzi dei governi e delle Nazioni Unite pagano, poiché un numero sempre maggiore di comunità abbandona la pratica, i governi dei paesi maggiormente colpiti da tale piaga adottano concrete misure per porre fine alla tradizione.

I diversi periodi storici danno prova che la percezione dei diritti universali da parte dei popoli non è immediata né avviene in maniera omogenea, per questo la comunità internazionale sa che l’unica strada percorribile non è l’esportazione della cultura occidentale, ma la creazione di programmi educativi sul territorio e di sostegno finanziario, unici strumenti in grado di condurre ad un reale cambiamento.